LA PROPRIOCEZIONE
Sono molti anni che mi occupo di ciclismo nell’ambito professionale e sono ormai molte le centinaia di atleti che ho valutato in merito a problematiche di tipo posturale. Eppure, ancora oggi, malgrado l’esperienza maturata, non posso fare a meno di rimanere impressionato nel constatare quale sia il livello di sensibilità che raggiungono taluni soggetti.
Per spiegare meglio quello che intendo dire, voglio raccontare un episodio che mi è capitato alcuni anni fa. Avevo attivato da poco, in parallelo con una nota istituzione scientifica di Milano, un gruppo di studio finalizzato alla valutazione della pedalata che si avvaleva, tra l’altro, di un sofisticato e costosissimo sistema di analisi cinematica. Devo ammettere, per onestà, che all’epoca dei fatti, malgrado l’estrema precisione delle apparecchiature, non avevo ancora maturato una completa esperienza nella valutazione della postura del ciclista. Pur tuttavia, capitava di lavorare già su atleti di elevato livello di qualificazione con una certa frequenza.
L’episodio in questione ebbe come protagonista un professionista che da anni era alla ricerca, senza successo, di un telaio che gli garantisse una posizione confortevole e la possibilità di esprimere il massimo livello di potenza sui pedali. In altre parole, era uno di quei soggetti che non ha un buon “feeling” con l’attrezzo ed è alla continua ricerca di cambiamenti.
Nel suo caso, la causa era probabilmente da imputare alle proprie caratteristiche morfo-strutturali che mal si adattavano alle rigide simmetrie imposte dal mezzo ed alle geometrie comuni ai telai di allora.
In quella circostanza, dovendo come ogni anno cambiare la bicicletta, aveva pensato di affrontare il problema con un ottica nuova utilizzando, appunto, quelle metodiche che si andavano diffondendo e che erano in grado di analizzare con elevata precisione gli aspetti biomeccanici del gesto tecnico.
In base alle risultanze dell’esame clinico ed ai parametri derivanti dallo studio della cinematica del movimento, decidemmo di modificare la geometria del telaio usato l’anno precedente aumentando di quasi mezzo grado l’angolazione del tubo piantone. La modifica sembrava mettere, a nostro giudizio, l’atleta in una situazione di migliore equilibrio e di potergli garantire quel compromesso tra confort ed efficienza da lui ricercato.
Mezzo grado di inclinazione del tubo piantone non ci sembrava, del resto, poter essere considerato un grande cambiamento in termini geometrici e spaziali, soprattutto in un soggetto di piccola taglia, per cui eravamo tranquilli sulla possibilità di adattamento alla nuova configurazione.
Figurarsi quale fu il rammarico e soprattutto lo stupore quando l’atleta, venuto in possesso e provata per alcuni giorni la nuova bicicletta, telefonò comunicando che sul quel telaio non riusciva proprio a pedalare. Un vero fiasco!
Sono passati molti anni dall’episodio; anni che mi hanno insegnato che l’atleta, soprattutto se di alto livello, è da considerare dotato di una sensibilità incredibilmente elevata tale da renderlo capace di avvertire spostamenti della sella di pochissimi millimetri o addirittura di decimi di millimetro se riferiti al punto di attacco delle tacchette. Capace di apprezzare sia minime differenze di geometria del telaio sia la risposta meccanica del materiale utilizzato per la sua costruzione.
Anche se ormai prendo per scontati questi elementi, mi riesce comunque difficile trovarne una soddisfacente spiegazione sia dal punto di vista fisiologico che biomeccanico. Se pensiamo che spostamenti di pochi millimetri della sella determinano impercettibili variazioni delle traiettorie di movimento, degli angoli articolari e della lunghezza dei muscoli ad esse collegati, è complicato capire non solo come ciò possa essere chiaramente avvertito (anche dal soggetto di scarso livello), ma come possano crearsi rilevanti effetti sulla prestazione.
Gli intimi meccanismi in gioco sono per lo più ancora avvolti da mistero.
LE BASI FISIOLOGICHE DELLA SENSIBILITÀ DELL’ATLETA
Un articolo apparso alcuni anni fa su “Salute” di Repubblica (F. Codispoto) affermava che i muscoli hanno un “sesto senso”. Questo sesto senso non è prerogativa di pochi fortunati ma una dote comune a tutti. I medici la chiamano “propriocettività”. Una qualità indispensabile per praticare lo sport ma anche per la vita di tutti i giorni. Senza, l’uomo non sarebbe neanche in grado di compiere correttamente i movimenti più elementari, come camminare, parlare e afferrare un oggetto. Non solo: in totale assenza di sensibilità propriocettiva, ad occhi chiusi o al buio non potremmo neanche sapere in che posizione si trovano le dita delle mani, se braccia e gambe sono dritte o piegate o se i muscoli sono in condizione di riposo. Ma anche con questo grave deficit saremmo in grado d’avvertire una puntura di spillo, una carezza, il caldo e il freddo e di controllare molti movimenti. A tutto ciò c’è spiegazione: la sensibilità propriocettiva è una rete nervosa separata da quella del tatto, del dolore e della temperatura, che raccoglie informazioni solo da tendini, muscoli ed articolazioni. Una quantità di dati che permettono di avvertire l’esatta posizione del corpo, lo stato di contrazione dei muscoli e ancora la velocità e la direzione di ogni spostamento degli arti e della testa.
Tutto ciò prende origine da particolari strutture sensoriali dette propriocettori. Questi sono terminazioni nervose poste nei muscoli, nei tendini e nelle capsule articolari, che generano impulsi trasmessi al midollo spinale. Da qui possono rimanere nel midollo spinale stesso, per la determinazione dei riflessi spinali, oppure raggiungere altre zone del midollo spinale o del cervello (dove possono essere resi coscienti), per la determinazione di funzioni specifiche.
- I fusi neuro-muscolari
Sono particolari cellule altamente specializzate disposte nel corpo muscolare. Sovrintendono il riflesso da stiramento: se un muscolo è improvvisamente allungato, la parte mediana del fuso neuro-muscolare è stirata e ciò provoca l’immediato invio di segnali al midollo spinale. Questi segnali eccitano le cellule nervose motrici che controllano le fibre muscolari scheletriche immediatamente circostanti il fuso. Pertanto, l’improvviso stiramento del muscolo determina una contrazione riflessa che si oppone automaticamente allo stiramento. Questa funzione serve a “smorzare” le variazioni di lunghezza del muscolo, cioè ad impedire che la lunghezza del muscolo cambi troppo rapidamente. - Gli organi del Golgi
Sono situati nei tendini. Sovrintendono il riflesso tendineo, o di stiramento inverso, che rileva l’entità della sua tensione ed invia tale informazione al midollo spinale e da esso al cervello. L’informazione a sua volta è utilizzata nei centri nervosi per aggiustare con precisione la tensione muscolare in rapporto alle necessità funzionali.
Presiedono poi a tale controllo anche i Corpuscoli del Ruffini e quelli del Pacini, situati nelle capsule articolari, che informano sul grado d’angolazione delle articolazioni e la velocità con la quale tale grado si modifica.
IL RUOLO DELLA SENSIBILITÀ PROPRIOCETTIVA NELLA POSTURA
Il ruolo della propriocezione è implicito nel concetto stesso di “postura”. Dal punto di vista motorio, infatti, ogni essere vivente deve essere in grado di adattarsi all’ambiente in cui si trova per sopravvivere e svolgere la propria attività statica e dinamica. Tale adattamento richiede la possibilità di cogliere ciò che succede nell’ambiente stesso e conseguentemente, di assumere le posizioni più consone alla situazione e alle proprie esigenze di comportamento. Possiamo definire “postura” ciascuna delle posizioni assunte dal corpo, contraddistinta da particolari rapporti tra i diversi segmenti somatici.
Il concetto di postura, quindi, non si riferisce ad una condizione statica, rigida e prevalentemente strutturale. Si identifica, invece, con il concetto più generale di equilibrio inteso come “ottimizzazione” del rapporto tra soggetto e ambiente circostante, cioè quella condizione in cui il soggetto stesso assume una postura o una serie di posture ideali rispetto alla situazione ambientale, in quel determinato momento e per i programmi motori previsti.
Una funzione così importante non è affidata ad un solo organo o apparato ma richiede un intero sistema, cioè un insieme di strutture comunicanti e di processi cui è affidato il compito di:
- lottare contro la gravità
- opporsi alle forze esterne
- situarci nello spazio-tempo strutturato che ci circonda
- permettere l’equilibrio nel movimento, guidarlo e rinforzarlo
Per realizzare questo exploit neuro-fisiologico, l’organismo utilizza differenti risorse:
- gli esterocettori: ci posizionano in rapporto all’ambiente (tatto, visione, udito)
- i centri superiori: integrano i selettori di strategia, i processi cognitivi e rielaborano i dati ricevuti dalle due fonti precedenti
- i propriocettori: che posizionano, appunto, le differenti parti del corpo in rapporto all’insieme, in una posizione prestabilita
L’equilibrio mantenuto nella postura eretta è un tipico ed importante esempio di come tutti i meccanismi propriocettivi sono coinvolti. L’equilibrio, infatti, si mantiene con lo spostamento ripetuto di masse (segmenti corporei) originate da continue azioni involontarie e coordinate di contrazione e rilassamento della muscolatura, in modo da correggere continuamente la posizione del baricentro, affinché la proiezione di quest’ultimo non esca dal poligono di appoggio sul piano.
Per capire come agiscono i meccanismi propriocettivi, si può provare ad “ascoltare” quello che è trasmesso dal piede, che è la regione del nostro corpo in grado di fornire il maggior numero d’informazioni propriocettive.
Si possono così sentire dei continui cambiamenti di pressione, in diversi punti della pianta del piede, accompagnati da oscillazioni dell’arto in appoggio e da tutto il resto del corpo. Queste oscillazioni sono determinate, inconsciamente, dalla contrazione e dal rilassamento muscolare, che mettono in movimento le masse corporee, affinché venga mantenuta la condizione di equilibrio.
È evidente che il controllo propriocettivo è fondamentale, non solo per mantenere la stazione eretta ma anche nella esecuzione di qualsiasi attività motoria complessa come, ad esempio, il pedalare su una bicicletta.
Il ciclista non deve essere solamente in grado di mantenersi in equilibrio sul mezzo, elemento che in talune circostanze non è da considerare poi così agevole (in curva, sul bagnato, sull’asfalto sconnesso, ecc.), ma deve essere in grado di “sentire” e modulare l’attività di ogni suo singolo distretto corporeo. Solo attraverso questo processo sarà in grado di migliorare il suo rendimento sul mezzo. In altri termini, l’acquisizione di un corretto stile di pedalata, la capacità di esprimere come si dice in gergo un buon “colpo di pedale” può determinarsi solamente sfruttando le sensazioni che il sistema propriocettivo mette a disposizione dell’organismo. Anche dal punto di vista clinico, molte patologie frequenti nel ciclismo come, prima tra tutte, la lombalgia vertebrale può essere combattuta controllando e modificando la postura del bacino e del tronco.
A questo punto è lecito domandarsi se esistono dei metodi codificati per “allenare” il sistema propriocettivo.
La risposta è affermativa. Esistono, e sono usate con ottimi risultati nel campo della rabilitazione, esercitazioni in grado di migliorare attraverso lo stimolo propriocettivo la capacità di controllo dell’equilibrio. Tutte le tecniche hanno come comune denominatore il portare gli elementi della percezione provenienti dai recettori descritti precedentemente allo stato di coscienza. Il segreto, in altre parole, è quello di imparare a “sentire” il nostro corpo il più possibile.
ALLENARE LA SENSIBILITÀ PROPRIOCETTIVA
Gli esercizi comunemente utilizzati per l’allenamento della propriocezione sono basati su esercitazioni che inducono la muscolatura a reagire utilizzando il pieno funzionamento di tutte le aree d’informazione, affinché ci sia una corrispondente ed appropriata risposta motoria alla situazione posturale.
Nel ciclismo il primo passo si può effettuare proprio durante la pedalata sforzandosi, soprattutto in condizione di affaticamento, di apprezzare l’attività di ogni singolo distretto muscolare sia in termini di entità che durata di contrazione, di apprezzare il movimento delle articolazioni, il posizionamento dei distretti corporei con particolare attenzione al bacino ed alla colonna vertebrale.
Tale capacità sensitiva può essere, come dicevamo potenziata “a secco” attraverso esercitazioni che sfruttano l’uso di semplici attrezzi comuni ormai in tutte le palestre ed i centri di riabilitazione e rieducazione.
Tali attrezzi (tavolette basculanti, assi, ecc.) consentono un miglioramento dell’equilibrio attraverso l’allenamento finalizzato al mantenimento della posizione voluta, unito ad un’elevata capacità di correzione degli sbilanciamenti.
Gli esercizi descritti in seguito, tendono a stimolare in maniera crescente i sistemi propriocettivi ed i centri nervosi dai quali dipende la regolazione dell’equilibrio posturale.
GLI ATTREZZI
Gli esercizi di propriocettività possono essere eseguiti con il piede in appoggio al suolo o con l’utilizzo dei seguenti attrezzi:
Tavola tonda
Tavoletta di circa 40 cm di diametro, in genere di legno, sotto la quale è fissata una mezza sfera: il grado d’instabilità è inversamente proporzionale al raggio della mezza sfera. Quest’ultima crea delle condizioni d’instabilità in tutte le direzioni.
Tavola rettangolare
Tavoletta di circa 40 x 30 cm, in genere di legno, sotto la quale è fissato un mezzo cilindro che crea un grado d’instabilità laterale.
GLI ESERCIZI PROPRIOCETTIVI (da “La Propriocettività” di M. Testi e G. Pellis)
1 STAZIONE ERETTA CON DOPPIO APPOGGIO – Ritti, in doppio appoggio sull’attrezzo, mantenere una posizione d’equilibrio
2 CON SINGOLO APPOGGIO – Ritti, in appoggio sull’attrezzo con un solo arto, mantenere una posizione d’equilibrio
3 PALLEGGI BASKET * – Ritti sull’attrezzo, palleggiare al suolo un pallone (tipo basket)
4 PALLEGGI VOLLEY * – Ritti sull’attrezzo, palleggiare verso l’alto un pallone (tipo volley)
5 LANCIO AL MURO * – Ritti sull’attrezzo, lanciare un pallone contro il muro (o ad un compagno) e riprenderlo al volo
6 LANCIO E PALLEGGIO – Ritti sull’attrezzo, lanciare, con una mano, un pallone contro il muro (o ad un compagno) e con l’altra mano palleggiare un altro pallone al suolo
7 DOPPIO PALLEGGIO
8 PALLEGGIO INTORNO * – Ritti sull’attrezzo, palleggiare un pallone attorno all’asse del corpo utilizzando ambedue le mani
9 DOPPIO LANCIO AL MURO * – Da ritti, lanciare contro un muro (o ad un compagno) e riprendere contemporaneamente al volo due palloni utilizzando ambedue le mani
10 DOPPIO LANCIO ALTERNATO * – Ritti sull’attrezzo, lanciare contro un muro (o ad un compagno) e riprendere alternativamente due palloni, utilizzando una mano alla volta
11 DEAMBULAZIONE TRA ATTREZZI – Da ritti, in appoggio su un attrezzo, camminare passando da un attrezzo all’altro
12 DEAMBULAZIONE CON DOPPIO PALLEGGIO – Da ritti, in appoggio su un attrezzo, un pallone in ogni mano, camminare come sopra palleggiando contemporaneamente con entrambi i palloni
13 SALTO SU ATTREZZO ** – Da ritti, in appoggio al suolo, saltare su un attrezzo
14 SALTI TRA ATTREZZI ** – Da ritti, in appoggio su un attrezzo, saltare su un altro attrezzo
15 SALTO SU ATTREZZI CON OSTACOLO ** – Da ritti in appoggio al suolo, saltare da un attrezzo all’altro oltrepassando un ostacolo
* Inizialmente è consigliabile stare in doppio appoggio e in seguito passare al singolo appoggio
** Inizialmente è consigliabile eseguire il salto con il doppio appoggio e in seguito eseguirlo con un solo appoggio
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