ASMA: LE ULTIME EVIDENZE SU DIAGNOSI E TERAPIA
di Luigi Ferritto
DEFINIZIONE
Secondo le più recenti linee-guida internazionali la diagnosi di asma bronchiale si basa su criteri clinico-sintomatologici, funzionali ed anatomo-patologici. La definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità WHO considera l’asma una “malattia infiammatoria cronica in cui sono coinvolti diversi tipi di cellule infiammatorie e principalmente eosinofili, mastociti e T-linfociti.
Nei soggetti predisposti l’infiammazione bronchiale causa RICORRENTI episodi di respiro sibilante, dispnea, oppressione toracica e tosse, particolarmente di notte o nel primo mattino. Questi sintomi sono di solito associati ad una diffusa e VARIABILE limitazione al flusso delle vie aeree almeno parzialmente REVERSIBILE spontaneamente o con il trattamento. L’infiammazione bronchiale causa anche un aumento di iperreattività bronchiale a vari stimoli”.
La chiave della diagnosi è pertanto la dimostrazione di:
- sintomatologia caratteristica
- limitazione al flusso delle vie aeree ricorrente e reversibile
- iperreattività bronchiale
- infiammazione delle vie aeree
CLASSIFICAZIONE
L’asma può’ essere classificata in base ad eziologia e gravità.
a) Eziologia: In base all’eziologia la differenziazione classica è fra asma estrinseca di cui fanno parte l’asma atopica e l’asma professionale ed intrinseca. A parte alcune differenze cliniche che riguardano l’insorgenza, la gravità e la storia naturale le 2 forme sono del tutto simili da un punto di vista patologico, fisiopatologico e farmacologico. E’ importante comunque fare un’indagine eziologica accurata a scopi di prevenzione.
b) Gravità: esistono notevoli differenze in termini di gravità della malattia base e delle riacutizzazioni. La classificazione proposta dal “Progetto Mondiale Asma” istituito dal National Heart, Lung and blood Institute (NHLBI) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità si basa sulla combinazione di diversi tipi di caratteristiche come la sintomatologia, la funzione respiratoria ed il dosaggio farmacologico necessario per mantenere l’asma sotto controllo. Nella pratica clinica una corretta classificazione di gravità permette di adeguare il trattamento alle necessità cliniche del paziente asmatico (Tab.1).
Tab. 1 – Classificazione della gravità dell’asma
La differenza fondamentale è tra asma intermittente con episodi saltuari che richiede un trattamento occasionale con farmaci sintomatici ed asma persistente con episodi ravvicinati che richiede un trattamento di fondo con un dosaggio adeguato alla presenza di una forma lieve, moderata o grave. La gravità va rivalutata periodicamente, in genere ogni 3 mesi; i pazienti con caratteristiche clinico-funzionali di asma grave richiedono maggior controllo in quanto a rischio di riacutizzazioni fatali.
Le riacutizzazioni asmatiche sono definite come un peggioramento dei sintomi associati a limitazione acuta al flusso delle vie aeree, dovuta ad un trattamento di fondo inadeguato ad uno stimolo causale precipitante. Spesso sono sottostimate da paziente ed operatori sanitari perché non viene misurata la funzione respiratoria attraverso un misuratore di picco di flusso a domicilio o parametri più sensibili come il FEV1 in strutture sanitarie.
ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI
1. Sintomi: i sintomi caratteristici di asma bronchiale sono la dispnea accessionale e variabile nel tempo con respiro sibilante, spesso associata a tosse e costrizione toracica che si risolvono in genere con l’assunzione di broncodilatatori spray.
Tali sintomi insorgono in genere di notte o al primo mattino, dopo un esercizio fisico, durante l’esposizione ad aria fredda e secca, nebbia o fattori emozionali. Vanno attentamente indagate le caratteristiche di insorgenza, durata e frequenza dei sintomi. Una variante di asma che si manifesta con tosse secca notturna, in assenza di altre cause di tosse, va confermata con la dimostrazione di iperreattività bronchiale, con la ricerca di eventuali segni di infiammazione e valutando la risposta a broncodilatatori spray a lunga durata.
Può essere utile l’uso di questionari respiratori, creati per studi epidemiologici, ma utilizzabili anche nella pratica clinica soprattutto ambulatoriale.
Ecco un questionario validato:
- Ha mai avuto attacchi di difficoltà di respiro con fischi e sibili almeno una volta nella sua vita?
- Negli ultimi 12 mesi ha mai avuto attacchi di difficoltà di respiro con fischi e sibili nel torace?
- Negli ultimi 12 mesi ha mai avuto una sensazione di costrizione toracica, soprattutto al risveglio al mattino?
- Negli ultimi 12 mesi ha mai avuto difficoltà di respiro con fischi e sibili nel torace durante o dopo uno sforzo?
- Negli ultimi 12 mesi si è svegliato durante la notte per difficoltà di respiro con fischi e sibili nel torace?
- Negli ultimi 12 mesi ha mai avuto tosse secca di notte, al di fuori dei comuni raffreddori o infezioni respiratorie (ad es. influenza)?
- Negli ultimi 12 mesi ha mai avuto un attacco d’asma?
- Al momento sta prendendo farmaci per l’asma?
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Tab. 2 – Esempio di questionario utilizzabile nella pratica clinica
Esame fisico: normale nelle fasi intercritiche dell’asma intermittente e spesso anche nell’asma lieve, può dimostrare la presenza di sibili e ronchi prevalentemente espiratori nelle forme moderate-gravi e nelle riacutizzazioni in cui è importante rilevare la presenza di segni di distress respiratorio come tachipnea, movimenti toraco-addominali paradossi ed uso di muscoli accessori caratteristici delle forme gravi che richiedono un trattamento intensivo.
Esami funzionali respiratori: la misura obiettiva della presenza e del grado di ostruzione delle vie aeree per mezzo di una semplice spirometria è fondamentale per la diagnosi di asma bronchiale e va corredata dalla dimostrazione funzionale di reversibilità con i broncodilatatori spray e, in caso di normalità del quadro funzionale, con la valutazione dell’iperreattività bronchiale.
a) Spirometria: l’esame spirometrico più semplice e utile per la diagnosi di asma è la manovra di espirazione forzata che misura il VEMS (Volume Espiratorio Massimo al 1° secondo) o FEV1 in lingua anglosassone, la CVF (Capacità Vitale Forzata) o FVC, il rapporto fra VEMS/CVF che permette di distinguere fra malattia restrittiva ed ostruttiva. Una riduzione del rapporto VEMS (o FEV1) /CVF al di sotto dell’70% del valore teorico calcolato in base ad altezza, età, sesso e peso è indice di ostruzione mentre una riduzione del VEMS rispetto al valore teorico permette una diagnosi di gravità dell’ostruzione.
La curva Flusso/Volume permette di visualizzare graficamente i flussi del paziente ed orientarsi sulla presenza di asma o broncopneumopatia cronica ostruttiva.
La misura di questi indici può essere eseguita anche ambulatorialmente per mezzo di spirometri portatili che permettono anche la visualizzazione della curva flusso/volume e la stampa o il trasferimento dei dati in computer.
L’uso di un semplice spirometro portatile nell’ambulatorio del Medico di Medicina Generale dopo adeguato training permetterebbe una diagnosi più tempestiva e precoce di asma ed un’adeguata stima della gravità.
b) Test di reversibilità con broncodilatatore: in soggetti con ostruzione bronchiale un aumento del VEMS di più del 12 % dopo 20’ dalla somministrazione di un broncodilatatore spray (es. salbutamolo 200 mcg) indica la presenza di reversibilità ed orienta la diagnosi verso l’asma rispetto ad altre malattie come ad es. la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
In caso di mancata reversibilità a breve termine dovrebbe essere effettuato anche una valutazione dopo un ciclo di 2 settimane di steroidi per os (es. prednisone 50 mg /die) o per via inalatoria (es. 2 mg di beclometasone / die). I pazienti con asma moderata e severa ed il 10% dei pazienti con BPCO mostrano un miglioramento significativo ( > 12%) del VEMS.
La presenza di reversibilità indica anche una prognosi più favorevole ed una migliore risposta al trattamento antiasmatico.
c) Monitoraggio del PEF (Picco di Flusso espiratorio): il PEF è un indice poco accurato in fase diagnostica ma rappresenta un ottimo parametro di monitoraggio domiciliare del paziente asmatico in quanto presenta una buona riproducibilità individuale. Ripetute misurazioni nella giornata sono molto utili per l’autogestione dell’asma con la graduazione dei sintomi e del PEF in aree di gravità che prevedono diversi livelli di trattamento.
A differenza del FEV1 che viene valutato rispetto ai valori teorici, il PEF va valutato rispetto al miglior PEF del paziente (Best personal PEF). Una variabilità superiore al 20% in prima valutazione è suggestiva di asma e nel paziente in trattamento indica uno scarso controllo della malattia.
d) Misura dell’iperreattività bronchiale aspecifica: l’iperreatività bronchiale è una risposta esagerata rispetto al soggetto normale a stimoli broncocostrittori fisici, chimici o farmacologici. I più validati e standardizzati sono il test con metacolina e con istamina e l’iperreattività bronchiale viene espressa come la dose o concentrazione di stimolo broncocostrittore che provoca una determinata riduzione (es. del 20%) del FEV1 (PD o PC20 FEV1). Una PC20 FEV1 di metacolina o istamina superiore a 16 mg/ml o una PD 20 FEV1 superiore a 1,4 mg sono considerati normali.
Questi test presentano un’elevata sensibilità nell’asma ma scarsa specificità essendo talvolta positivi in malattie respiratorie diverse dall’asma. La risposta alla metacolina pur rappresentando un utile strumento diagnostico non correla con le variazioni di gravità dell’asma e non è raccomandata per monitorare la gravità dell’asma nel tempo.
e) Misura dell’iperreattività bronchiale specifica: i test che prevedono l’inalazione di allergeni sono richiesti solo raramente per stabilire la rilevanza di un allergene nella diagnosi eziologica della malattia.
Al contrario nell’asma da sostanze farmacologiche (es. aspirina) o chimiche (es. isocianati) che causano asma attraverso meccanismi non IgE-mediati, il test di provocazione inalatorio, pur con le dovute precauzioni, costituisce l’unico metodo obiettivo di diagnosi.
Essendo molto indaginosi e potenzialmente a rischio i test di provocazione specifica devono essere eseguiti in centri specializzati.
f) Test allergologici: sono molto utili per la diagnosi eziologica dell’asma ma vanno sempre correlati alla storia clinica del paziente:
Test in vivo: le prove cutanee con la metodica del “prick test” con il pannello degli allergeni rilevanti per una determinata area geografica sono il test di prima scelta per la diagnosi allergologica per la semplicità, rapidità e sensibilità della metodica.
Test in vitro: il dosaggio degli anticorpi IgE allergene-specifici è più costoso del prick test e deve essere usato solo in casi particolari (prick test non eseguibile come nell’età infantile, scarsa risposta al prick test per trattamenti antistaminici, dubbia risposta al prick test o scarsa correlazione anamnestica).
g) Valutazione dell’infiammazione bronchiale: a livello sperimentale sono stati utilizzati markers d’infiammazione bronchiale come gli eosinofili nel sangue periferico e nell’espettorato, markers di attivazione delle cellule mononucleari del sangue periferico, mediatori dell’infiammazione come Eosinophil cationic Protein (ECP) e myeloperoxidase (MPO), molecole di adesione circolanti (iCAM1), E-selectina. In alcuni studi sperimentali sono stati utilizzati inoltre biopsie e lavaggio bronchiale per la dimostrazione cito-istologica di infiammazione bronchiale.
Al momento gli unici test che, per la loro sensibilità e non-invasività presentano caratteristiche di applicabilità alla pratica clinica sono:
– L’esame dello sputo indotto dall’inalazione di soluzione salina ipertonica in cui la presenza di eosinofili è caratteristica dell’asma bronchiale mentre la presenza di neutrofili delle bronco pneumopatie croniche ostruttive. Il numero di eosinofili correla inoltre con il grado di iperreattività bronchiale e si riduce con il trattamento con steroidi inalatori e con il miglioramento del quadro clinico.
– La concentrazione dell’ossido nitrico nell’aria espirata è più elevato nei pazienti con asma bronchiale, soprattutto in fase di instabilità clinica.
VALUTAZIONE FATTORI DI RISCHIO
Un ausilio per orientare la diagnosi di asma ed una determinata eziologia è dato da:
- familiarità per asma e malattie allergiche
- esposizione a stimoli professionali
- esposizione a stimoli irritanti o fisici
- presenza di patologie “allergiche” concomitanti e relazione con la stagionalità
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Le seguenti malattie possono presentare problemi di diagnosi differenziale con l’asma:
- Ostruzione delle vie aeree da edema laringeo, disfunzione delle corde vocali, stenosi infiammatorie o neoplastiche o malacia di laringe o trachea, corpi estranei: la diagnosi si basa sulla storia clinica, sulla presenza di stridore inspiratorio e sulla presenza di tosse parossistica e sibili localizzati udibili con l’auscultazione; talvolta è necessario eseguire l’esame endoscopico.
- Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO): età del paziente, storia clinica di tosse produttiva, fumo di sigaretta, segni clinico-radiologici di iperinflazione irreversibile, segni funzionali di limitazione non reversibile al flusso aereo sono indicativi di BPCO ma talvolta le 2 forme possono sovrapporsi.
- Asma cardiaco: storia di insufficienza cardiaca sinistra ed ipertensione arteriosa e segni clinici di scompenso cardiaco come rantoli alle basi polmonari e ritmo di galoppo
- Pneumopatie eosinofile come sindrome di Churg-Strauss, aspergillosi, infezioni elmintiche.
- Tumore carcinoide
- Altre malattie accessionali come microembolismi polmonari ricorrenti, pneumotorace.
TERAPIA FARMACOLOGICA E CONTROLLO
Poiché alla base dell’asma c’è un processo infiammatorio caratteristico che condiziona e determina le alterazioni funzionali, quali la reattività e l’ostruzione bronchiale, la terapia farmacologica cardine è di tipo steroideo. Tuttavia per la non stretta correlazione fra infiammazione e alterazioni clinico-funzionali conseguenti anche quest’ultima componente deve essere singolarmente considerata.
E’ stato dimostrato infatti che le alterazioni morfo-funzionali, conseguenti al processo infiammatorio cronico a livello della parete bronchiale, possono essere presenti anche quando l’infiammazione è in parziale remissione o di modesta entità.
Questo concetto ha delle implicazioni importanti da un punto di vista terapeutico, in quanto indica la necessità di dover trattare farmacologicamente non solo il processo infiammatorio di base che ha iniziato e mantiene attiva la malattia, ma anche le conseguenze funzionali che sono derivate e che possono essere presenti anche svincolate dal processo flogistico.
L’obiettivo del trattamento dell’asma è quello di raggiungere e mantenere il controllo delle manifestazioni cliniche della malattia per periodi prolungati. Cioè soddisfare i seguenti punti:
- Nessun (o minimi) sintomo/i cronico/i.
- Nessuna (o al massimo rare) riacutizzazione/i.
- Nessuna visita di emergenza o ricovero per asma.
- Nessun (o minimo) bisogno di uso addizionale di ß2–agonisti per il sollievo dei sintomi.
- Nessuna limitazione nelle attività della vita quotidiana compreso l’esercizio fisico.
- Variazione giornaliera del PEF < del 20%.
- Funzione polmonare normale o al meglio possibile.
- Nessuno (o minimi) effetto/i collaterale/i dei farmaci.
Per raggiungere questo obiettivo le linee guida raccomandano di sviluppare un piano di assistenza organizzato in quattro componenti tra loro correlate:
- Sensibilizzare il paziente a sviluppare uno stretto rapporto di collaborazione con il medico.
- Identificare e ridurre l’esposizione ai fattori di rischio.
- Valutare, trattare e monitorare l’asma.
- Gestire una riacutizzazione di asma.
Sensibilizzare il paziente a sviluppare uno stretto rapporto di collaborazione con il medico
La gestione dell’asma richiede lo sviluppo di una stretta relazione tra i pazienti con asma ed il medico.
Con l’aiuto del medico e del personale sanitario, i pazienti dovrebbero imparare a:
- Evitare l’esposizione ai fattori di rischio.
- Assumere correttamente i farmaci.
- Capire la differenza che c’è tra i farmaci antiasmatici “di fondo” da assumere continuamente e i farmaci “al bisogno”, da prendere solo al bisogno.
- Monitorare lo stato di salute interpretando i sintomi e, se possibile, misurare il picco di flusso espiratorio (PEF).
- Riconoscere i segni premonitori delle crisi asmatiche e prendere i dovuti provvedimenti.
- Ricorrere prontamente al medico in caso di necessità.
L’educazione del paziente dovrebbe essere parte integrante della relazione medico-paziente. Con una serie di metodi come ad esempio i colloqui (con il medico e con gli infermieri), le dimostrazioni, materiale scritto, gruppi di lavoro, materiale video o audio, è possibile rinforzare i messaggi educazionali.
Il personale sanitario dovrebbe preparare per iscritto, con il paziente, un programma individuale di trattamento, corretto e comprensibile, che il paziente può effettivamente eseguire.
Identificare e ridurre l’esposizione ai fattori di rischio
Per migliorare il controllo dell’asma e ridurre la necessità di farmaci al bisogno, i pazienti dovrebbero evitare l’esposizione ai fattori di rischio che causano i loro sintomi di asma. Tuttavia molti pazienti asmatici reagiscono a numerosi fattori che sono ubiquitari nell’ambiente, ed evitare alcuni di questi fattori in maniera assoluta è impossibile. Per questo motivo, i farmaci per mantenere il controllo dell’asma hanno un importante ruolo poiché i pazienti sono spesso meno sensibili a questi fattori di rischio quando l’asma è ben controllato.
L’attività fisica è uno stimolo in grado di scatenare sintomi di asma, ma i pazienti non dovrebbero evitare l’esercizio fisico. I sintomi possono essere prevenuti prendendo un farmaco ad effetto rapido prima di iniziare un’intensa attività fisica (alternative sono rappresentati dagli antileucotrienici o dai cromoni).
I pazienti con asma di gravità moderata dovrebbero sottoporsi a vaccinazione antinfluenzale ogni anno, o almeno fino a quando la vaccinazione nella popolazione generale è raccomandata. I vaccini antinfluenzali con virus inattivati sono sicuri per gli adulti e bambini al di sopra di 3 anni.
Valutare, trattare e monitorare l’asma
L’obiettivo del trattamento dell’asma per ottenere e mantenere il controllo clinico può essere raggiunto nella maggior parte dei pazienti attraverso:
- valutazione dello stato di controllo dell’asma
- trattamento per raggiungere il controllo
- monitoraggio per mantenere il controllo.
Valutare il controllo dell’asma
Ogni paziente deve essere periodicamente rivisto per stabilire il grado di controllo dell’asma, rivalutando il corrente regime terapeutico e l’aderenza al trattamento prescritto. La valutazione di gravità dell’asma deve considerare oltre ai sintomi e alla funzione polmonare anche il livello attuale di terapia che il paziente sta effettuando in quel momento.
In pratica in questi pazienti che periodicamente si presentano ai controlli e che sono in terapia regolare si tende a sostituire il concetto di “gravità” con quello di “controllo” perché è in funzione del grado di controllo che si modifica la terapia in atto.
La valutazione del controllo si rifà al grado di raggiungimento degli obiettivi precedentemente riportati. Esistono anche schemi semplificati per valutare se l’asma è controllato, parzialmente controllato o non controllato mediante l’utilizzo di questionari.
Trattare per raggiungere il controllo
Ad ogni paziente è assegnato uno dei cinque “step” di trattamento.
Tab. 4 – Approccio progressivo alla terapia dell’asma nell’adulto
Ad ogni step di trattamento, i farmaci al bisogno dovrebbero essere forniti per risolvere rapidamente i sintomi di asma quando necessario (è tuttavia importante sapere quanto uso di farmaco al bisogno il paziente stia facendo, in quanto un uso regolare o un aumento della ben controllato).
Dallo step 2 allo step 5, i pazienti richiedono inoltre uno o più farmaci di fondo che tengono sotto controllo i sintomi ed evitano l’inizio degli attacchi. I glucocorticosteroidi inalatori sono i più efficaci farmaci di fondo attualmente disponibili. I pazienti che non raggiungono un’accettabile livello di controllo allo Step 4 possono essere considerati come soggetti affetti da asma di difficile controllo. In questi pazienti, un compromesso può essere quello di raggiungere il miglior livello di controllo possibile (con la minor limitazione dell’attività fisica possibile e con il minor numero di sintomi giornalieri), minimizzando i potenziali effetti collaterali del trattamento. Può essere utile consultare uno specialista.
I farmaci per via inalatoria
L’uso della via inalatoria è da preferire perché consente di somministrare i farmaci direttamente nelle vie aeree dove sono necessari, ottenendo un potente effetto terapeutico minimizzando o evitando effetti collaterali sistemici. I farmaci inalatori per l’asma sono disponibili come aerosol predosati in bombolette pressurizzate (MDI), aerosol predosati in bombolette pressurizzate azionate dal respiro, erogatori a polvere secca (DPI) e aerosol nebulizzati. L’uso di un distanziatore (o camera di espansione) migliora l’erogazione del farmaco, riduce l’assorbimento sistemico e gli effetti collaterali dei glucocorticosteroidi somministrati per via inalatoria. È importante insegnare al paziente (e ai genitori) come usare i farmaci per via inalatoria, poiché le tecniche di inalazione sono diverse a seconda dell’erogatore utilizzato.
- Vanno date dimostrazioni ed istruzioni scritte ed illustrate.
- Ad ogni visita va chiesto al paziente di mostrare come usa gli erogatori consigliati.
Monitorare per mantenere il controllo
Il monitoraggio della malattia è essenziale per mantenere il controllo e stabilire lo Step e la dose di trattamento più bassi, al fine di minimizzare i costi ed aumentare la sicurezza. Di conseguenza, i pazienti dovrebbero essere rivisti tre mesi dopo la visita iniziale, e periodicamente ogni tre mesi.
Dopo una riacutizzazione, il follow-up dovrebbe essere programmato entro due-quattro settimane.
Aggiustamento terapeutico:
- Se l’asma non è controllato con l’attuale regime terapeutico, è indicato aumentare il dosaggio di farmaci. In genere il miglioramento si ottiene entro 1 mese. L’importante, prima di intensificare il trattamento terapeutico, è valutare le modalità di esecuzione della terapia, le misure di prevenzione ambientale adottate per ridurre l’esposizione a fattori di rischio e l’aderenza del paziente al piano di trattamento.
- Se l’asma è parzialmente controllato, considerare l’aumento del trattamento, in relazione al fatto che ci siano le condizioni adeguate di sicurezza e di contenimento dei costi per la nuova opzione terapeutica e che il paziente non sia soddisfatto del livello di controllo raggiunto.
- Se il controllo è mantenuto per almeno tre mesi, ridurre gradualmente la terapia. L’obiettivo è quello di ridurre il trattamento alla quantità minima di farmaco compatibile per mantenere la malattia sotto controllo.
Il monitoraggio è ancora necessario anche dopo che il controllo è stato raggiunto, poiché l’asma è una malattia variabile; il trattamento infatti deve essere aggiustato periodicamente in risposta alla perdita di controllo, come indicato dal peggioramento dei sintomi o dallo sviluppo di una riacutizzazione.
La scelta del trattamento ottimale
La scelta del trattamento nel paziente alla prima osservazione dovrebbe essere guidata da:
- Gravità dell’asma.
- Proprietà farmacologiche e disponibilità delle varie formulazioni dei farmaci antiasmatici.
- Considerazioni di costo-efficacia.
- Valutazione della aderenza del paziente al piano di trattamento.
La terapia di associazione è indicata nelle forme di asma persistente quando il paziente non risponde in modo ottimale a basse dosi di steroide per via inalatoria. Alcuni studi tuttavia dimostrano che l’utilizzo della combinazione precostituita ICS+LABA consente di ottenere più rapidamente il controllo dell’asma che non la sola terapia con ICS.
Nel paziente già in terapia che viene ai controlli per le periodiche rivalutazioni, la revisione del trattamento dovrebbe essere guidata dal livello di controllo ottenuto.
A seconda di questo la raccomandazione è quella di mantenere (conservativa), aumentare (step up) o diminuire (step down) il carico farmacologico scegliendo un dosaggio più alto o più basso di steroide all’interno della combinazione ICS+LABA quando il LABA è il Salmeterolo o aumentando o diminuendo la posologia della stessa combinazione ICS+LABA quando il LABA è il Formoterolo (è stato dimostrato che la combinazione fissa budesonide + formoterolo può essere utilizzata sia come terapia di fondo che come uso al bisogno, ottenendo un buon controllo dell’asma e delle riacutizzazioni: strategia SMART) o scegliendo opzioni diverse all’interno dello stesso step.
Aspetti particolari
Gli anticorpi monoclonali anti-IgE (omalizumab) possono essere usati nei pazienti non sufficientemente controllati con alte dosi di glucocorticoidi inalatori +beta2-agonisti a lunga durata d’azione, per ridurre il numero delle riacutizzazioni (A)
L’ImmunoTerapia Specifica (ITS) può essere indicata nei pazienti con asma allergica, da lieve a moderata, specialmente quando l’asma è associata a rinite, in accordo con le indicazioni già definite.
Lo scopo è quello di ridurre i sintomi ed il consumo di farmaci, nonché di interferire con la storia naturale della malattia. L’immunoterapia ed il trattamento farmacologico non sono mutuamente esclusivi.
L’immunoterapia non deve essere somministrata a pazienti con asma severa persistente o non adeguatamente controllata dalla terapia.
Gestione della crisi
Le crisi asmatiche (attacchi asmatici) sono episodi caratterizzati da un progressivo aumento della sintomatologia con dispnea, tosse, respiro sibilante e senso di costrizione toracica, in vario modo associati. E vanno tempestivamente riconosciuti e trattati.
Non bisogna sottovalutare la gravità di una riacutizzazione; una grave crisi di asma può essere pericolosa per la vita. Il trattamento richiede una stretta supervisione.
I pazienti ad alto rischio di morte per asma richiedono stretta attenzione e dovrebbero essere incoraggiati a richiedere urgentemente le cure in corso di una riacutizzazione.
Sono ad alto rischio di morte per asma:
- I pazienti che hanno avuto un pregresso episodio di rischio di morte per asma.
- I pazienti ricoverati in ospedale o al pronto soccorso per asma nel corso dell’ultimo anno o che abbiano richiesto l’intubazione endotracheale per una grave crisi di asma.
- I pazienti che sono in trattamento con glucocorticosteroidi per via sistemica in corso o sospeso di recente.
- I pazienti che sovrautilizzano i broncodilatatori ß2- agonisti a breve durata d’azione.
- I pazienti con malattie mentali o problemi psicosociali, inclusi quelli che utilizzano sedativi.
- I pazienti che non seguono il trattamento antiasmatico prescritto.
Una riacutizzazione asmatica è definita grave e trattata in ospedale quando:
- Il paziente è senza respiro, incurvato in avanti, parla a fatica (i bambini smettono di mangiare), è agitato o confuso, è bradicardico con una frequenza respiratoria > 30 atti/min.
- Sibili assenti o lontani. Tachicardia (> 120 battiti/min negli adulti; >160 battiti /min nei bambini).
- PEF inferiore al 60% del teorico oppure al miglior valore personale dopo il trattamento iniziale.
- Il paziente è esausto.
- Scarsa e lenta risposta al trattamento iniziale con broncodilatatore e questo non si mantiene per almeno 3 h.
- Scarsa risposta entro 2-6 h ai glucocorticosteroidi per via sistemica.
- Progressivo peggioramento.
Le crisi asmatiche più lievi, definite da una riduzione del picco di flusso <20% rispetto al valore in fase di stabilità e comunque > 60% del teorico, da risvegli notturni, e da un aumentato uso di un broncodilatatore ß2-agonista a rapida insorgenza d’azione, possono essere trattate a domicilio, se il paziente è stato precedentemente istruito ed ha un programma personale di gestione delle riacutizzazioni attraverso i vari step. Le riacutizzazioni asmatiche di moderata entità e quelle gravi generalmente richiedono cure in ambiente ospedaliero.
Trattamento urgente delle crisi asmatiche
- Sono essenziali dosi adeguate di un ß2-agonista inalatorio a breve durata d’azione (iniziare con 2-4 spruzzi ogni 20 min nella prima ora; riacutizzazioni lievi richiederanno 2-4 spruzzi ogni 3-4 h, mentre per le riacutizzazioni moderate, 6-10 spruzzi ogni 1-2 h).
- I glucocorticosteroidi orali (0.5 -1 mg di prednisolone/Kg o dosi equivalenti durante un periodo di 24 ore), introdotti precocemente nel corso di una riacutizzazione di moderata o di grave entità, contribuiscono a rimuovere l’infiammazione e ad accelerare la guarigione.
- Se il paziente è ipossiemico va somministrato ossigeno al pronto soccorso oppure in ospedale.
- L’associazione terapeutica comprendente ß2-agonista/anticolinergico è associata ad un numero minore di ospedalizzazioni e con un maggior incremento del PEF e del FEV1.
- Le metilxantine non sono consigliate in associazione ad alte dosi di ß2-agonisti inalatori, non producono alcun ulteriore beneficio e aumentano i rischi di effetti collaterali. Tuttavia, la teofillina può essere utilizzata se i ß2-agonisti inalatori non sono disponibili. Se il paziente è già in trattamento di mantenimento con teofillina, prima di somministrare una ulteriore dose di teofillina a breve durata d’azione è necessario misurarne la concentrazione ematica.
Terapie non raccomandate per il trattamento delle riacutizzazioni asmatiche comprendono:
- Sedativi (da evitare assolutamente).
- Mucolitici (possono peggiorare la tosse).
- Fisioterapia toracica (può affaticare il paziente).
- Idratazione con grandi quantità di liquidi negli adulti e nei bambini più grandi (possono invece essere necessarie nei lattanti e nei bambini più piccoli).
- Antibiotici (non servono per le riacutizzazioni asmatiche, ma sono indicati per i pazienti che hanno anche polmonite o infezioni batteriche in atto come,ad esempio, una sinusite).
- L’epinefrina/adrenalina vanno riservate ai casi di crisi asmatica estrema o associata ad anafilassi sistemica e/o angioedema.
Monitoraggio del trattamento
- Valutare i sintomi e per quanto possibile monitorare il picco di flusso. Per le riacutizzazioni più gravi è necessario monitorare la saturazione dell’ossigeno, ed eventualmente l’emogasanalisi arteriosa, in particolare in pazienti con sospetta ipoventilazione, pazienti gravemente sofferenti, o con picco di flusso > 30-50% del teorico. Si tratta di accertamenti praticabili nei pazienti ospedalizzati.
Follow-up
- Dopo la risoluzione della riacutizzazione, dovrebbero essere identificati i fattori di rischio che ne hanno precipitato l’insorgenza e dovrebbero essere apportate strategie per evitarne l’esposizione. Inoltre dovrebbe essere rivisto il piano terapeutico del paziente.
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Dott. Luigi Ferritto
Dipartimento di Medicina Interna – Unità di Fisiopatologia respiratoria
Clinica Athena-Villa dei Pini – Piedimonte Matese (CE)
e-mail: luigiferritto@email.it
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