Biomeccanica

POSIZIONI, ESERCIZI E CARICHI VERTEBRALI

Ricerca bibliografica e rielaborazione grafica a cura di Stelvio Beraldo

ALCUNE CONSIDERAZIONI

– un carico esterno molto elevato, posizionato o sollevato in maniera corretta, comporta pressioni vertebrali notevolmente inferiori rispetto a un carico esterno molto basso posizionato o sollevato in modo non corretto
– contrariamente a quanto generalmente si crede, anche alcune semplici posizioni o movimenti effettuati col solo carico naturale possono comportare delle notevoli pressioni sui dischi intervertebrali
– il mantenimento delle normali curve fisiologiche, in qualsiasi attività o posizione del corpo sotto carico, è la migliore garanzia per una corretta distribuzione e assorbimento delle pressioni sulla colonna vertebrale (Tabella)
– i muscoli addominali (antero-laterali e posteriori) ben tonificati ed un diaframma efficiente permettono di scaricare fino a circa il 40% della pressione gravante sui dischi lombari (Figura)

Resistenza al carico del rachide in funzione del numero di curve

Secondo J.A. Kapandij la presenza delle curve nella colonna vertebrale ne aumenta la resistenza al carico in funzione del quadrato del numero delle curve più uno:
colonna rettilinea: 02 + 1 = 1 (Resistenza = 1)
colonna con una curva: 12 + 1 = 2 (Resistenza = 2)
colonna con due curve: 22 + 1 = 5 (Resistenza = 5)
colonna con tre curve: 32 + 1 = 10 (Resistenza = 10)

Scarico delle forze agenti sulla colonna vertebrale attraverso la fascia addominale

Una fascia addominale opportunamente rafforzata permette di scaricare circa il 40% del peso gravante sulle vertebre lombari. Questo grazie al contenimento delle pressioni endoaddominali e alla distribuzione delle forze su tutta la fascia addominale.

– l’attività fisica intensa e le posture fisse assunte per lungo tempo nelle attività quotidianamente svolte, sovraccaricano e mantengono compressi, senza soluzione di continuità, i dischi intervertebrali. Spesso tra un allenamento e l’altro i dischi intervertebrali non riescono a recuperare le loro caratteristiche fisiologiche che ne garantiscono l’efficienza ottimale (spessore e idratazione). Questo ne compromette il ricambio nutrizionale che causa una deidratazione e, nel tempo, un assottigliamento. La nutrizione dei dischi, infatti, non avviene attraverso i capillari sanguigni ma grazie ad una azione di “pompa” azionata dall’alternanza tra carico e scarico. Questo permette l’entrata e l’uscita di liquido (perfusione).
Attraverso opportuni esercizi di “scarico” della colonna vertebrale si ottiene una veloce reidratazione dei dischi ed una attivazione del loro metabolismo nutritivo. Un discorso analogo vale anche per le altre articolazioni ove il carico fisso e prolungato ostacola il metabolismo, basato sul meccanismo di diffusione, della cartilagine ialina.
Inoltre al termine dell’allenamento vanno ridotti quegli esercizi di “defaticamento”, anche se eseguiti in maniera blanda, che imitano gli esercizi che hanno portato al sovraccarico e alla compressione articolare (es.: defaticamento in barca dopo allenamento di canottaggio, leggera corsa dopo allenamento di fondo, ecc.).

Esempi di carico sulla colonna vertebrale

Forza agente sulla vertebra L3 in diverse situazioni in un soggetto di circa 70 Kg di peso (Figura elaborata sui dati della tabella descrittiva in “Basi biomeccaniche nella prevenzione dei danni alla colonna lombare durante esercizio fisico – Revisione della bibliografia esistente” di Zatsiorskij V.M. e Sazonov V.P. – Atleticastudi n. 5 1988)

Pressione all’interno del disco (in % della pressione nella posizione eretta) in diversi esercizi per rinforzare il “corsetto muscolare” (da “Basi biomeccaniche nella prevenzione dei danni alla colonna lombare durante esercizio fisico – Revisione della bibliografia esistente” di Zatsiorskij V.M. e Sazonov V.P. – Atleticastudi n. 3-4 1988)

Soggetto di circa 80 Kg di peso e carichi sulla vertebra L3 in posizione eretta e seduta (da “Anatomie et science du geste sportif” di Virhed R. – Ed. Vigot 1987) Il carico totale di (equilibrio delle forze) è dato dalla somma del peso del busto e dalla forza dei muscoli estensori della colonna.

Attività dei muscoli che estendono la colonna vertebrale durante l’esecuzione di una inclinazione in avanti (da “Basi biomeccaniche nella prevenzione dei danni alla colonna lombare durante esercizio fisico – Revisione della bibliografia esistente” di Zatsiorskij V.M. e Sazonov V.P. – Atleticastudi n. 3-4 1988) Dapprima, vi è una flessione della colonna (a un angolo di 60° di inclinazione) e la pelvi è fissata dall’attività dei muscoli glutei. Poi, vi è una rotazione della pelvi.

Modificazione del carico vertebrale in funzione dell’angolo del tronco e della forza dei soggetti (da tabella descrittiva in “L’allenamento della forza” di Manno R. – Soc. Stampa Sportiva 1988 – Nett T.: “Leichtathletisches muskeltraining” – Bartels, Wernitz, Berlino 1967).

Pressioni sulle vertebre lombari in varie posizioni e situazioni di carico (da “Anatomie et science du geste sportif” di Virhed R. – Ed. Vigot 1987)

Pressioni sulle vertebre lombari in varie posizioni e situazioni di carico (da “Anatomie et science du geste sportif” di Virhed R. – Ed. Vigot 1987) Il disco L3 ha una superficie di circa 10 cm2. Un soggetto giovane può sopportare un carico di 800 kg, ovvero 80 kg/cm2. Va rilevato che il disco viene scaricato di circa il 40% grazie all’azione dei muscoli addominali e del diaframma.

Forza elastica dei muscoli estensori della colonna vertebrale necessaria per sostenere il tronco di un uomo di circa 82 Kg. in stazione eretta con il tronco flesso a 60° rispetto alla verticale (con le braccia sospese liberamente) e con un peso di 23 Kg (da “Esercizi terapeutici per la funzione e l’allineamento del corpo” di Daniels L. e Worthingham C. – Verduci Editore 1980 – Strait L.A., Inman V.T. and Ralston H.J. “Sample illustrations of physical principles selected from physiology and medicine. Am. J. Physics, 15: 375-382, 1947).
La flessione del tronco porta a: – un peso maggiore sui muscoli estensori posteriori e sui legamenti della schiena; – una diminuzione dell’angolo di tensione P (avvicinamento verso le vertebre rispetto alla stazione eretta) per cui si rende necessario un aumento di forza di contrazione muscolare.

Schema di un uomo di 77 Kg che solleva 90 Kg (da “Fisiologia” di Astrand O. e Rodahl K. – Edi Ermes 1984 – Morris J.M., Luca D.R., Bresler B.: “Role of the trunk in stability of the spine” – J. Bone Joint Surg., 43A :327, 1961).
Il nucleo polposo del disco della L5 è considerato il fulcro del movimento. Le braccia e il tronco formano una lunga leva anteriore. Il peso sollevato è controbilanciato dalla contrazione dei muscoli profondi della schiena che agiscono su una leva molto più breve (la distanza dal centro del disco al centro del processo spinoso). Se si omette il ruolo del tronco, la forza applicata al disco lombo-sacrale sarebbe di circa 9000 N (circa 920 Kg), che è considerevolmente maggiore di quella che i segmenti della colonna vertebrale isolati possono sopportare senza danni strutturali (in soggetti sotto i 40 anni il cedimento dei segmenti della colonna si è avuto tra i 450-775 Kg, nei soggetti più anziani tale valore era talvolta di soli 132,6 Kg). Ciò non accade perché la contrazione dei muscoli del tronco trasforma le cavità toraciche e addominali in cilindri semirigidi che alleggeriscono del peso la colonna stessa.

Carichi sul disco L5 nella inclinazione in avanti senza carico e con carico di 30 Kg (Figura rielaborata da “Principi di teoria e metodologia” di Bin V. e Balsano C. – Società Stampa Sportiva 1981 su dati forniti da Matthias).

Carico sulla colonna lombare in relazione alla posizione assunta dal tronco e dalle gambe (da “Manuel d’entrainement” di Weinek J. – Ed. Vigot 1986 – Fritzche G.: “Methodik des krafttrainings mit der scheibenhantel” – Theorie un praxis der korper kultur n. 7 1974, 619-626).

Modificazione del carico vertebrale in funzione del peso da sollevare e della postura assunta (da “L’allenamento della forza” di Manno R. – Soc. Stampa Sportiva 1988 – Nett T.: “Leichtathletisches muskeltraining” – Bartels, Wernitz, Berlino 1967).

Carico sui dischi intervertebrali durante il sollevamento di 50 Kg con diverse modalità (da “Basi biomeccaniche nella prevenzione dei danni alla colonna lombare durante esercizio fisico – Revisione della bibliografia esistente” di Zatsiorskij V.M. e Sazonov V.P. – Atleticastudi n. 3-4 1988) A sinistra: tecnica non corretta (“dorso curvo”); a destra: tecnica corretta. I carichi compressivi su un disco intervertebrale lombare ammontano, rispettivamente, a 630 e 380 Kg.

Carichi sulla vertebra L5 di un soggetto alto 1,84 m e pesante 93 Kg che sostiene 10 Kg a braccia tese davanti al corpo (da “Il condizionamento del lanciatore” di Carnevali R. e Drei R. – Atletica 1972 – Matthiash in uno studio ripreso da Toni Nett). Questa posizione è equivalente ad avere circa 227Kg sulla colonna vetebrale. Nell’un caso e nell’altro il carico sulla 5^ vertebra lombare è pari a circa 298 Kg.

Spostamento dei fluidi nei dischi intervertebrali nelle diverse posizioni del corpo ed in esercizi fisici diversi (da: “Allenarsi senza rischi” di Brenke H., Dietrich L., Berthold F. – Rivista di Cultura Sportiva n. 6 1986 – Modificata, da J. Kramer “Biomekaniske veranderungen im lumbalen bewegungssegment”. Die Wirbelsaule in Forchung und Praxis, vol 58, Stoccarda 1973)

Relazione tra pressione all’interno del disco e saturazione d’acqua del nucleo polposo per il disco all’altezza della vertebra L3 (da “Basi biomeccaniche nella prevenzione dei danni alla colonna lombare durante esercizio fisico – Revisione della bibliografia esistente” di Zatsiorskij V.M. e Sazonov V.P. – Atleticastudi n. 3-4 1988)

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Stelvio Beraldo
Maestro di Sport

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