TERAPIA RIABILITATIVA PER MEZZO DEL CAVALLO ED AUTISMO

Stefania Cerino
Specialista in Psichiatria – Terapista della Riabilitazione Equestre
L’autismo è un grave disturbo dello sviluppo dell’Io che può manifestarsi sin dalla primissima infanzia e condizionare pesantemente tutto lo sviluppo psicologico dell’individuo.
Nelle fasi più precoci della strutturazione del Sé, il bambino è estremamente sensibile a tutti gli stimoli che gli provengono dal mondo esterno: ad essi egli non reagisce nei termini del suo corpo e delle sue disposizioni innate; è in questa fase che viene posta l’immagine corporea alla base dell’identità personale.
Quando questa fase è alterata il bambino si sente come se una parte del suo stesso Sé gli fosse strappata, e reagisce con vissuti di rabbia, di dolore indicibile, di panico o di estasi.
Sul piano della realtà oggettuale tutto ciò si manifesta come perdita di contatto con la realtà, chiusura dei rapporti di comunicazione con il mondo esterno, e ritiro in sé stesso, in una vita interiore dominata dal soggettivo.
Una delle caratteristiche del mondo autistico è la sua immobilità, la sua rigidità: la maggior parte dei soggetti non hanno in pratica quasi nessuna forma di comunicazione con gli altri individui, neanche della stessa età.
Inoltre, gli individui con questo disturbo hanno molte difficoltà ad attribuire pensieri, emozioni, desideri, ecc. agli altri esseri viventi: di conseguenza non sono in grado di “prevederne” i comportamenti e quindi li sentono altamente minacciosi. Si innescano così reazioni di rabbia ed aggressività a catena che non fanno che aumentare ancora di più il loro isolamento.
Il disturbo autistico è certamente complesso e merita un approccio clinico polifunzionale: ma anche la Riabilitazione Equestre può giocare il suo ruolo nel miglioramento della qualità della vita di questi soggetti.
Il favorire il contatto tra il soggetto autistico ed il cavallo permette proprio di lavorare su questo aspetto: imparare a conoscere ed a gestire anche un semplice scuotere di criniera o movimento delle orecchie sarà un momento di de-tensione che favorirà l’apertura verso il mondo esterno.
In più la serialità delle “regole” di una ripresa equestre: grooming del cavallo, uscita dal box, lavoro montato, rientro in scuderia, avrà una funzione strategica rassicurante ed anche se inizialmente sarà difficile da comprendere ed accettare, alla lunga, almeno per alcuni pazienti, si trasformerà in una fase di strutturazione e relazione del proprio Sé con il mondo circostante.
L’importante, nel programma di Riabilitazione Equestre è di porsi degli obiettivi chiari, concreti e raggiungibili, anche se minimi.
Non dimentichiamo che per questi pazienti ogni cambiamento può essere traumatico e fonte di grande sofferenza: riuscire a farne accettare tranquillamente anche una minima parte sarebbe già un grandissimo successo.
Gli scopi principali su cui sarebbe opportuno costruire il percorso terapeutico sono:
- SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE
- SVILUPPO DELLA SOCIALITÀ
- FLESSIBILITÀ DEI COMPORTAMENTI
Lo sviluppo della comunicazione avviene tramite il contatto visivo, l’uso di oggetti, disegni, ecc., che permetteranno di insegnare al paziente ad interpretare i segnali di comunicazione che gli provengono dal cavallo e, soprattutto, di interagire con essi.
Lo sviluppo sociale è alla base del training equestre. Il solo fatto di essere in una scuderia, in mezzo a tante altre persone, è di per sé “terapeutico”. Se poi si chiede al soggetto di collaborare in piccoli compiti, come aprire la porta di un box, prendere una “capezza”, dare una carota al cavallo, le basi per la cooperazione saranno state gettate.
Vogliamo sottolineare come per molti di questi soggetti sia più facile accettare come “partner” in attività ludico-ricreative il cavallo (od altri animali, come gatti, cani, asinelli) piuttosto che altri esseri umani, dal momento che il cavallo è un soggetto “a parte” e “diverso” dall’abituale ambiente sociale che è vissuto dall’autistico come molto pressante, non ci sono “aspettative” difficili da percepire ed interpretare ed è più facile accettare ed essere accettati da un cavallo che non da gruppi umani della stessa età.
La flessibilità dei comportamenti è facilitata dal contatto con l’imprevedibilità dell’animale, il mutare delle sensazioni dovuta al movimento, ai rumori, all’aria aperta.
Tutte le attività con il cavallo richiedono un po’ di lavoro indipendente, la qual cosa è appropriata per l’acquisizione delle abilità individuali nel corso del processo terapeutico.
Certamente tutto questo non risolve i problemi dell’autismo; inoltre la gestione di questi pazienti e la loro terapia riabilitativa non possono essere improvvisate: la malattia è un disturbo molto complesso, che va conosciuto profondamente ed adeguatamente trattato, anche in relazione al paziente che ci si trova di fronte.
Ma ciò non toglie che in tanti casi il cavallo può darci una grosso aiuto a rompere quel fronte di chiusura, silenzio e disperazione che molto spesso è il mondo autistico.
**
