Parliamo di Sport

LA CAPACITÀ DI FORZA NEGLI ANZIANI

Renato Manno

Introduzione

La previsione che la popolazione di persone con più 65 anni nel 2030 sarà più del 20% del totale rende sempre più importante la conoscenza, oltre che delle condizioni di salute, delle possibilità di prevenzione ed in particolare delle possibilità di incremento della qualità della vita di queste popolazioni . Le popolazioni anziane sono portatrici di un indebolimento generale che accentua i limiti ed i rischi del sistema cardiovascolare e della funzione neuromuscolare, con evidenti conseguenze sulla autonomia deambulatoria e sui rischi di caduta, ma anche sulla limitazione nella pratica di attività sociali che divengono o sono considerate proibite e/o a rischio e comunque non utili.
Per tutte queste ragioni oltre ai già noti benefici delle attività di endurance, sono progressivamente aumentate le attenzioni verso l’allenamento della forza e delle qualità fisiche più collegate, come la mobilità articolare e l’equilibrio, e tutte quelle pratiche intense che sono state per lungo tempo considerate solo in modo negativo. Fra queste l’allenamento della forza per lungo tempo è stato considerato un problema quasi esclusivo della preparazione degli atleti oppure un mezzo per il raggiungimento di effetti estetici come nei culturisti, o un elemento del ricondizionamento del post trauma. In effetti per lunghi anni le attività fisiche legate alla salute sono state identificate nelle pratiche aerobiche di bassa intensità, processi su cui esiste una ricca letteratura, con una notevole quantità di evidenze sperimentali.
I vantaggi dell’attività aerobica sulla salute e sulle funzionalità cardiorespiratorie sono ben descritte e di sicuro effetto oltre che di minore traumaticità almeno in linea generale. Negli ultimi 30 anni però la forza è entrata non solo in tutti i programmi di fitness, ma anche in quelli di prevenzione e di compensazione in diverse affezioni del metabolismo dovute o meno all’età.
Nondimeno insieme alla crescita della qualità della vita, alcune ricerche sulla forza negli anziani già dalla metà degli anni 80 hanno fornito risultati sorprendentemente positivi per quanto riguarda gli effetti positivi su molti aspetti della prevenzione (sarcopenia, osteoporosi, dimagramento, autonomia deambulatoria etc.).

La forza nell’attività fisica dell’anziano

La forza concorre in modo molto importante al livello di espressione delle altre qualità fisiche e in caso di forte carenza ne è il presupposto essenziale. L’allenamento della forza muscolare con sovraccarichi ha dimostrato di portare benefici che permettono una economia di lavoro con effetti importanti sulla salute e sulla qualità della vita e mentre il solo allenamento della resistenza, dell’equilibrio e della flessibilità non hanno impatti significativi sulla massa muscolare e quindi non sostituiscono in alcun modo l’allenamento alla forza (Fiatarone 2001).
Inoltre le cadute, l’insufficienza deambulatoria, le artriti, le fratture da osteoporosi, la fragilità in senso generale sono molto collegate alla perdita di efficienza neuromuscolare e possono venire compensate con un allenamento di potenziamento muscolare effettuato con opportune resistenze. Per esempio nelle donne in cui, per la loro aspettativa di vita più elevata rispetto all’uomo, si evidenziano in forme grave tutte le deficienze descritte prima (rischio di cadute, sarcopenia, debolezza muscolare …) è stato dimostrato che una attività adattata di potenziamento graduale risulta estremamente efficace, anche se dalle statistiche negli USA sulla frequenza di corsi ad attività fisiche, le donne lo fanno molto di meno dei loro coetanei uomini 6% a 65-74 anni e 4% per età superiori ai 75 anni (Fiatarone 2001).
L’obiettivo principale è il mantenimento di una autonomia di movimento fino alle età più avanzate, per evitare i drammi che l’età comporta e per i costi elevatissimi che in caso contrario deriverebbero all’assistenza sanitaria pubblica e privata in soggetti di età avanzata. Del resto le evidenze scientifiche sono molto aumentate: Bringmann (1978) riteneva che dopo i 70 anni gli eventuali miglioramenti erano da attribuire soprattutto ad un miglior coordinamento dei sistemi funzionali e non a veri e propri adattamenti , ma come vedremo le cose stanno in modo diverso.
Il decremento di prestazione dovuto all’età, nel senso comune, è spesso sopravvalutato in quanto la caduta di efficienza cha avviene frequentemente dopo i 40 anni è erroneamente collegato alle sole ragioni biologiche mentre più razionalmente può essere attribuita alla modifica degli stili di vita, soprattutto nelle grandi città, che porta alla diminuzione dell’attività fisica specialmente nei soggetti impegnati in attività lavorativa sedentarie che si accompagnano ad un incremento ponderale e conseguente marcata modificazione della massa corporea. L’assenza di attività fisica ed il conseguente decadimento prestativo ha, perciò, cause più facilmente attribuibili alla natura sociale piuttosto che biologica, mentre il decadimento per se tende invece ad essere costante.

Variazioni delle caratteristiche muscolari e di forza nelle età adulta e matura

La forza muscolare, nell’ambito della fisiologia dell’esercizio e dello sport è stata prevalentemente studiata come fattore di prestazione. In realtà, come nei bambini e negli adolescenti, essa condiziona profondamente la qualità del movimento ed in generale facilita molti aspetti della qualità della attività fisica. Approfondire le conoscenze sulle sue modificazione in funzione della età e del sesso è estremamente utile per potersi orientare sulla scelta dei programmi di attività fisica preventiva e di sviluppo, per meglio capire gli effetti che su di essa ha il suo allenamento in una serie di casi descritti dalla letteratura corrente.
La perdita delle capacità di forza si accompagna in un modo pressoché sovrapponibile con la perdita della massa muscolare e quindi in termini più generali con la variazione della composizione corporea: negli anziani si caratterizza principalmente con una perdita di massa muscolare, definita “Sarcopenia”. Tale fenomeno, che è come detto direttamente collegato alla perdita di forza, è esteso alla totalità delle masse muscolari, anche se un elemento differenziante è la pratica di attività fisica, che (anche nelle forme blande) contiene, pur se in modo complessivamente insufficiente, il decadimento della massa muscolare. Tali conoscenze sono determinanti in quanto, nel suo insieme, la riduzione della forza si può considerare come la principale causa della limitazione dell’autonomia e di disabilità nell’età anziana (Evans 1995).
La forza si modifica nel corso della vita sia in funzione della evoluzione biologica del soggetto, sia in funzione della sua attività fisica. La forza muscolare dai 30 agli 80 anni si modifica di circa il 30-40%, (Doherty 2002). Si ha una perdita moderata e regolare di forza annuale fino a circa 45 anni; dopo tale periodo avviene una perdita di forza e di tessuto muscolare più accentuata che raggiunge circa il 25% fino a 65 anni (Grimby & Saltin, 1986).
Secondo Buskirk (1989) la diminuzione della forza è dovuta alla diminuzione della velocità di conduzione muscolare dello stimolo e della trasmissione sinaptica e ciò è particolarmente avvertito nelle fibre rapide; a questo si accompagna anche l’aumento della soglia di eccitabilità del muscolo (Segal 1989). Non tutti sanno indicare una causa precisa di tali fenomeni; la maggioranza degli autori (Larrsson e al 1978, Davis e al 1986) è d’accordo nell’indicare fra queste una perdita selettiva delle fibre bianche negli anziani (tale causa non è condivisa da alcuni: Essen Gustaffson & Borges 1986). In generale però (Doherty 2003, Vendervoort 2002), nelle biopsie si evidenzia che lo spessore delle fibre bianche è diminuito (20-50%), quello delle fibre rosse è sostanzialmente mantenuto (1-20%). Tenendo conto di tutte le variabilità del campione, nel bilancio generale vi è comunque una forte diminuzione del numero di entrambe, Lexell (1988) indica una diminuzione del 50% nei novantenni rispetto ai ventenni. L’apparente contraddizione fra spessore è numero delle fibre è solo in parte spiegata: sempre Lexell (1992, 1995) descrive un perdita significative dello spessore e delle fibre nel quadricipite, ma soprattutto del numero delle fibre, in particolare dal tipo II. In sintesi una descrizione delle differenze muscolari dovute all’età è riportata nella Fig. 1 (Flecks & Kraemer 1997).

FIG. 1 – Modificazione della struttura muscolare dovuta all’età
(da Flecks and Kraemer 2004)

La variazione della composizione corporea nella persone anziane si caratterizza principalmente con una perdita di massa muscolare, definita anche “Sarcopenia” tale fenomeno è direttamente collegato alla perdita di forza, essa è relativamente indipendente dalla localizzazione dei muscoli con una lieve minore caduta negli arti superiori.
Nelle persone molto anziane la carenza di forza è una componente importante della capacità di camminare e lo stesso aumento delle cadute nelle persone anziane sembra essere collegato, il declino della massa muscolare contribuisce alla perdita di densità ossea, alla sensibilità insulinica ed alla capacità aerobica La massa muscolare che si riduce, inoltre, diminuisce il metabolismo basale che essendo la principale fonte di spesa energetica favorisce l’accumulo di grasso e altera ulteriormente le capacità di lavoro e di potenza del soggetto.
L’alterazione dei diversi parametri muscolari si ripercuote su altri elementi della efficienza funzionale tanto che il 35% della perdita della resistenza è stimato sia dovuto alla perdita di forza. Il mantenimento sostanziale della massa muscolare è possibile anche se vanno impiegate delle forme specifiche per il condizionamento della forza, infatti è stato evidenziato che la sola attività motoria pur se sostenuta da alimentazione proteica non è stata in grado di impedire la perdita di massa muscolare (Starling e coll 1999).
Non è difficile immaginare che la forza decada in modo pressoché diretto con la massa muscolare. Misurazioni accurate della sezione trasversa del muscolo hanno individuato una diminuzione del 25-35% fra giovani ed anziani (Young e al 1984-85).
Lo studio mediante TAC descrive la modificazione drastica della composizione corporea che, oltre alla diminuzione della sezione trasversa, mostra un incremento della massa non muscolare (grasso e tessuto connettivo che varia dal 27% delle braccia all’81% dei flessori plantari, mettendo così in evidenza la limitata informazione che in soggetti di età avanzata danno le misure antropometriche tradizionali. Gallagher e al (1997, 2000) ha evidenziato come la sarcopenia, che si conferma affligge maggiormente i maschi rispetto alle donne, non è direttamente collegata al peso corporeo, spesso il peso corporeo costante maschera una sarcopenia attiva e progressiva, proprio perché parte del tessuto muscolare è sostituito da massa grassa o altri tessuti non muscolari, tanto che Alley e al (2008) propongono una rivisitazione di tali parametri nel collegare il peso corporeo e la salute nelle persone anziane.
Un elemento importante citato da Doherty (2003) nell’analisi delle capacità di forza nell’anziano è collegato al livello di forza in rapporto alla sezione trasversa ed è definito qualità muscolare, tale indice infatti è relativamente stabile nelle diverse popolazione come già evidenziato da Ikai eSteinhaus (1961), ma già nelle popolazioni sportive assume caratteristiche lievemente diverse ( Keskinen & Hakkinen (1990). Nell’anziano una diminuzione può esser dovuta a diversi fattori quali l’effetto del dolore, una diminuzione di efficienza dei comandi centrali, una modificazione della composizione muscolare, una perdita di innervazione etc. I risultati disponibili sono variabili: per esempio Young (1984) non trovò differenze fra donne ottantenni e giovani, mentre altri lavori trovarono differenze nei maschi (Frontera e al 1991).

Modificazioni dei diversi tipi di forza nel corso della vita

Forza e forza dinamica sembrano decadere con lo stesso ritmo e in forma molto collegata con la diminuzione della massa muscolare, con il numero delle fibre e la diminuzione della dimensione delle singole fibre.
Al tempo stesso le modificazioni biochimiche evidenziano un mantenimento delle attività ossidative ed una diminuzione delle attività anaerobiche. Ciò va di pari passo con precedentemente descritta diminuzione delle fibre rapide.
Molti autori descrivono una perdita di massa muscolare indipendentemente dalla sua localizzazione e funzione; secondo Young e Skelton (1984), nelle donne di 70 anni si ha circa il 77% di area trasversa rispetto alle donne di 20 anni, a ciò si accompagna un aumento di grasso intramuscolare. La perdita di massa muscolare è graduale per tutte le fibre, secondo Grimby e Saltin (1986) alcune dimensioni sono tendenzialmente costanti, per cui la perdita di fibre appare più pronunciata, in particolare per le fibre veloci che diminuiscono fino al 60% in meno negli ottantenni rispetto a soggetti giovani. Anche la qualità delle proteine si modifica diminuendo la componente a catena pesante insieme ad una riduzione della miosina ATPasi (Syroy and Guthann 1970) in (Flecks and Kraemer 1997).
Tale processo appare inoltre differenziato nei diversi muscoli; ad esempio negli arti inferiori (vasto laterale) appare più pronunciato che negli arti superiori (bicipite) e ciò accompagna una conseguente più rapida perdita di forza negli arti inferiori che negli arti superiori (McDonagh e al 1984).
Dal momento che la dimensione delle fibre appare stabile, la diminuzione della superficie trasversa riflette la diminuzione del numero delle fibre (Grimby & Saltin 1983) accompagnata da una pari diminuzione di unità motorie funzionanti.

Effetti dell’età sull’efficienza neuromuscolare

Con l’età aumentano i problemi di reclutamento delle unità motorie anche se ciò può, in parte, essere spiegato dalla inattività, alcune prove svolte con attivazione volontaria ed elettrostimolazione (Vardervoort & McComas 1986) non evidenziarono differenze della forza per unità di superficie confermando indirettamente, anche in questo caso, che le modificazioni di forza sono legate alla perdita o atrofia delle fibre bianche.
Moritani De Vries (1980), trovarono che in 8 settimane di allenamento non si sviluppò ipertrofia ma importanti modificazioni elettromiografiche e quindi che i progressi di forza in queste sono almeno in fase iniziale da attribuire agli adattamenti neuromuscolari.

Effetti dell’allenamento con i sovraccarichi sull’ipertrofia in soggetti di età avanzata

I fattori a cui si può attribuire la perdita di forza sono comunque diversi. Flecks e Kraemer (1997) elencano le seguenti cause che sembrano globalmente esaustive:

  • Cambiamenti muscolo-scheletrici dovuti all’età
  • Accumulo di malattie croniche
  • Farmaci necessari al trattamento delle malattie
  • Modificazioni del sistema nervoso
  • Riduzione della secrezione ormonale
  • Sottonutrizione (tendenza alla)
  • Atrofia da disuso (marcata sedentarietà)

Data l’esistenza della sarcopenia che si concretizza con la perdita di massa muscolare nei due sessi il meccanismo più importante per bilanciare tale tendenza è la ipertrofia indotta in particolare dagli esercizi con sovraccarichi ed in generale con gli esercizi per lo sviluppo della forza. Addirittura scorrendo i record stabiliti in età anziana Kraemer ( 2004) cita il record di un 65enne capace di sollevare 204 kg di squat e 159 di distensione su panca.
In soggetti di 40 e 70 anni (Fig. 2) sia maschi che femmine un allenamento con sovraccarichi ha portato ad un incremento rilevante in entrambi in sessi ed in entrambi i gruppi di età confermando ulteriormente il mantenimento dell’allenabilità con l’avanzare dell’età (Hakkinen 2003).

Fig. 2 – Effetti dell’allenamento in maschi e femmine di 6 mesi circa di lavoro comparando la risposta in soggetti di 40 e di 70 anni

Gli effetti positivi dell’attività di condizionamento è provata su diversi aspetti della capacità di prestazione, in particolare in uomini di 74 anni, con nove settimane di allenamento, si notò un incremento del diametro del 20% sulle singola fibra, la composizione delle miosine aumentò del 13%, anche la velocità di contrazione e la potenza sia nelle fibre bianche che rosse hanno evidenziato rilevanti progressi (Trappe e coll. 2000).
La capacità di reclutare rapidamente forza è collegata alla potenza che oltre che essere una componente della prestazione di forza, costituisce un meccanismo protettivo, infatti quando si hanno brusche accelerazioni una capacità di contrazione muscolare repentina costituisce un importante elemento di prevenzione per evitare cadute, che nelle età più avanzate sono frequenti nel produrre traumi di difficile recupero.
Inoltre la forza esplosiva e la potenza nell’anziano è collegata con l’abilità, l’efficacia e la velocità dei movimenti di ogni giorno quali il camminare, salire le scale, sollevare oggetti (Bassey e coll. 1992). Purtroppo la perdita di potenza e di reclutamento rapido della forza e forse ancora più accentuato della perdita della forza massima tanto che dai 65 agli 84 anni ha un tasso di caduta annuo del 3,5% (Young and Skelton 1994), la perdita di potenza anaerobica, in watt per chilogrammo di peso corporeo, decade al ritmo di circa 1% all’anno e a 70 anni è circa il 50% di un giovane di 20 anni (Grassi e coll. 1991).
Bosco e Komi (1980) in uno studio sull’evoluzione dell’elasticità muscolare, analizzando soggetti 78 soggetti compresi tra i 18 e i 73 anni di età, con cadute-rimbalzo da diverse altezze, notarono una diminuzione dell’altezza di salto (rimbalzo) dovuta all’età, essendo il rimbalzo un elemento oltre che di elasticità anche di potenza muscolare si conferma una diminuzione importante legata all’età con una perdita di oltre il 50% dai 20 anni ai 45 anni, con una ripresa nei maschi ed una ulteriore perdita nelle donne dopo i 45 anni, comunque data l’esiguità del campione la generalizzazione deve essere prudente.

Effetti della reazione ormonale negli stimoli di forza dovuti all’età

La risposta ormonale si modifica con l’età; è possibile infatti notare un incremento degli ormoni anabolizzanti immediatamente dopo un esercizio con sovraccarichi, nelle fasi di riposo dopo una serie di carichi di allenamento, tale reazione si modifica peggiorando con l’età tanto che è forte nel trentenne, è presente nel cinquantenne ma, assente nel settantenne (Hakkinen e Pakarinen 1995). Con l’età diminuisce anche la concentrazione basale tanto che nei cinquantenni fu notata una buon adattamento ormonale come descritto, simile al trentenne, ma partendo da un livello basale più basso.
La risposta a breve termine è apparsa molto più forte nei giovani rispetto agli anziani che però manifestarono un adattamento a più lungo termine con un riduzione del cortisolo (Kraemer Hakkinen e al (2000), nelle donne rispetto ai maschi la reazione ormonale a breve termine riguardante testosterone e GH, fu nettamente inferiore rispetto agli uomini facendo pensare ad una risposta più modesta delle femmine rispetto ai maschi (Hakkinen e Pakarinen 2000), nelle donne anziane (64 anni) inoltre non fu notato nessuna modificazione del livello basale di testosterone, cortisolo, GH, IGFI.
Comunque non è sostenibile che con il lavoro di forza si possa riportare il livello di testosterone ai livelli dell’età di giovani adulti. Nelle donne il livello di crescita del trofismo è apparso collegato al livello basale di testosterone confermando anche nelle donne un ruolo trofico (Hakkinen Pakarinen e al 2001).

Effetti dell’allenamento della forza sugli apparati e sistemi (ossa, tendini, apparato vascolare)

È da tempo noto che l’attività fisica produce nei soggetti non allenati fastidiosi dolori muscolari (Delayed Onset Muscular Soreness, DOMS) Armstrong,(1984). Tali dolenzie ricordano la necessità di recupero dal carico fisico dal momento che sono provocati da microtraumi, ed al tempo stesso visti i dati su fenomeni adattativi simili si potrebbe pensare che con l’avanzare dell’età tale recupero sia più lungo con un conseguente adattamento più lento. Ciò nonostante studi specifici sui danni muscolari nei maschi e nelle femmine non allenate hanno mostrato che non vi è una differenze dovuta all’età sia nei maschi che nelle femmine Roth e coll (1999). Nelle donne mature si è dimostrata, rispetto ai microtraumi muscolari prima descritti che la risposta ai danni è stata chiaramente superiore ad altri soggetti come è possibile vedere nella Fig. 3 è stata comunque sviluppata una capacità protettiva dell’allenamento con i sovraccarichi, come è stato dimostrato a fronte di un allenamento eccentrico che è considerato un allenamento che provoca più microlesioni; ciò riveste una certa importanza anche pratica se si tiene conto che anche la sintesi proteica appare rallentata in funzione dell’età e quindi le riparazioni potrebbero essere più lente (Yarasheski, Zachwieja, Bier 1993).

FIG. 3 – Risposta nettamente superiore nel danno muscolare nelle donne anziane non allenate nei primi allenamenti di forza

È stato anche dimostrato come l’uso di sovraccarichi abbia un effetto positivo sulla densità ossea, sia prevenendo che ritardando gli effetti dell’osteoporosi Nelson e al (1994) infatti studiando gli effetti del lavoro con i sovraccarichi notò benefici effetti sulla densità ossea del femore e della colonna anche se in studi di 24 settimane gli effetti furono molto modesti Huymphrey e al (2000), mentre lo studio di Nelson dette risultati migliori in un anno di applicazioni, lo stesso periodo di tempo diede effetti più significativi nell’uomo, dai due studi si può dedurre che un periodo di tempo lungo (un anno) è necessario per ottenete buoni risultati sulla densità ossea, così come una maggiore intensità di lavoro, cioè carichi più elevati sono più efficaci per stimolare l’osteogenesi. La durata minima per ottenete buoni risultati nell’osteoporosi è stata confermata anche nell’uso delle vibrazioni con specifiche pedane, Rubin e al (2004) trovarono che sei mesi di stimolazione provocavano effetti rilevanti sulla densità ossea ma tali effetti avevano una regressione relativamente rapida, leggermente più lunga del tempo di produzione degli adattamenti mentre un intervento di 12 mesi rendevano molto più stabile gli adattamenti stessi.
Gli adattamenti muscolari seguenti l’allenamento con i sovraccarichi nell’età avanzata coinvolgono anche la struttura interna dell’architettura muscolare, modificando sia il numero di sarcomeri in serie che l’angolo di pennazione (Angolo di pennazione: angolazione della linea di trazione delle fibre rispetto alla linea di trazione del muscolo), ad esempio Reeves e al. (2004) trovò un aumento del 9% dei fasci muscolari e del 30% dell’angolo di pennazione, cosa che comporta una aumento dei sarcomeri in serie ed in parallelo.
Nonostante le apparenze anche i tendini subiscono adattamenti, non evidenziano ipertrofia ma modificazione della stiffness che negli studi dello stesso Reeves (2003) nel tendine patellare aumenta del 69%, come dimostrato anche nell’animale dove si modificano le proprietà della materia. L’aumento della stiffness permette una più efficiente trasmissione delle forze con guadagno in efficienza, velocità e resistenza tale da produrre una riduzione dei danni al sistema tendineo. Kubo e al (2010) hanno confermato un adattamento molto più lento delle strutture tendinee rispetto alla strutture muscolari, cosa che consiglia una gradualità nel carico di quest’ultime, meno progressivo del carico per i muscoli che devono quindi attendere il consolidamento tendineo. L’attività fisica in generale di bassa intensità riduce la tendenza dell’età all’indurimento vascolare migliorando la compliance, cioè la estensibilità vascolare, l’uso di sovraccarichi di elevata intensità e di media intensità aumenta o non modifica la durezza arteriosa (Seals e al 2008), anche tali allenamenti non impediscono ad un concomitante lavoro di tipo aerobico di produrre gli effetti prima descritti (Kawano e al (2006).

Ruolo della nutrizione nel mantenimento dei livelli muscolari e di forza

Spesso con l’avanzare dell’età si ha una combinazione di abitudini quale una minore attività fisica, nutrizione ridondante con conseguente accumulo di massa grassa, inoltre la già citata sarcopenia e l’inattività fisica portano ad una caduta importante della massa magra con modifica in negativo del metabolismo basale, è noto che maggiore è la massa muscolare maggiore è il metabolismo basale (Piers e al 1998), una pratica di 24 mesi di lavoro con sovraccarichi può portare ad un incremento del 9% del MB, cosa che è molto efficace nelle donne (Lemmer 2001). A volte uno dei fattori limitanti il recupero della massa muscolare può essere l’insufficiente introito di nutrienti, studi specifici dicono che un gruppo supplementato adeguatamente ebbe un incremento muscolare molto più marcato (Meredith e al 1992). Inoltre una efficacia specifica appare avere la introduzione di proteine immediatamente dopo la seduta di lavoro, probabilmente a causa della concomitante attivazione ormonale che avviene immediatamente dopo l’esercizio.

Programmi di allenamento per persone adulte e anziani

L’allenamento della forza negli adulti e anziani ricorre ai tradizionali metodi dell’allenamento della forza, gli aggiustamenti tecnici in termini generali sono ridotti, ma estremamente importanti, infatti oltre ad una individualizzazione marcata bisogna tenere conto dell’età e delle condizioni individuali, delle abilità già possedute oltre che, in modo pregiudiziale si deve tenere presente la storia in particolare medico-clinica e di allenamento di ogni singolo individuo (Anamnesi).
Ovviamente l’allenamento della forza deve essere integrata da allenamento di altre componenti, come l’allenamento dell’equilibrio, della resistenza, della flessibilità.
Il punto critico è il livello di partenza, per molte ragioni, fra le più importanti è che la fase iniziale è quella di maggior rischio sia sul piano medico biologico che anche psicologico perchè sarà determinante in seguito per realizzare la continuità e costanza che il soggetto applicherà in seguito è che in realtà il vero presupposto affinché l’allenamento di qualunque genere dipani gli effetti benefici propri della sua natura.
In seguito, se la fase di inizio sarà svolta in modo adeguato con pazienza e prudenza, anche i livelli più intensi saranno accessibili, che come già descritto prima dai lavori citati (Fiatarone 1990) le intensità uguali o superiori all’80% non solo non causano particolari problemi, ma sono positivi anzi indispensabili per provocare gli adattamenti che intervengono su molti dei fattori che influenzano l’efficienza, comprese la caratteristiche preventive e terapeutiche (Fiatarone e coll. 1990).
I soggetti che iniziano a svolgere attività con sovraccarichi secondo L’ACSM possono essere classificati in 3 categorie di rischio:

  • soggetti apparentemente sani, senza fattori di rischio coronario
  • soggetti a rischio con 2 fattori di rischio coronarico o metabolico
  • soggetti con affezioni diagnosticate di tipo cardiovascolare, polmonare, metabolico.

Le scelte e gli elementi principali per la preparazione di un programma di allenamento della forza sono la scelta di fino a 6 esercizi preceduti da un graduale riscaldamento e seguiti da un defaticamento, il resto è fondato sul rispetto delle seguenti tappe:
1- Scelta dell’esercizio: bisogna distinguere l’esercizio accessibile al soggetto; molto spesso in alcuni non sarà possibile usare sovraccarichi, se non fortemente adattati, in altri sarà progressivamente possibile usare pesi liberi (bilancieri e manubri), per allenare anche l’equilibrio. Col tempo bisogna attivare più massa muscolare possibile per singolo esercizio.
2- Ordine degli esercizi: gli esercizi che impegnano più muscoli devono precedere gli altri, così come vanno eseguiti prima esercizi complessi o da imparare adeguatamente. A tale compito va dedicato molto tempo perché la supervisione di esperti e l’apprendimento efficace degli esercizi è un elemento di prevenzione e sicurezza.
3- Carico da superare: è un elemento delicato che può essere definito mediante test o più spesso con l’avvicinamento graduale al carico di più efficace impegno.
4- Velocità di esecuzione: l’esecuzione del sollevamento determina l’impegno e la potenza del’esercizio, l’incremento della velocità deve essere graduale, all’inizio va privilegiato l’esecuzione lenta poi va alternata con esecuzioni più vigorose.
5- Numero delle serie: ogni esercizio può essere ripetuto un certo numero di volte, per più volte, anche 3 o 4 serie , il numero delle serie va deciso tenendo dell’attività fisica complessiva svolta dal soggetto e dall’obiettivo.
6- Numero delle ripetizioni: l’esercizio può essere ripetuto poche o numerose volte a seconda degli obiettivi, il numero delle ripetizioni va scelto insieme all’entità del carico, cioè l’intensità che quel carico comporta per il singolo soggetto, si può esprimere in % del 1RM, cioè del massimo carico che il soggetto è in grado di sollevare una sola volta. La massima intensità può essere stimata con altre modalità partendo da prove sub massimali. Soggetti molto sedentari avanti con gli anni possono all’inizio limitarsi ad una sola serie, ed aggiungere una serie solo quando si è acquisita una resistenza alla fatica adeguata, si possono eseguire fino a tre serie.
7- Intervallo fra le serie e gli esercizi: un singolo gruppo di ripetizioni affinché sia ripetuto più volte deve essere intervallato ad un spazio di tempo sufficiente a recuperare parte delle energie, l’intervallo può essere da 1 a 3 minuti, se non di più a seconda delle esigenze, una diminuzione del tempo di recupero può essere previsto per aumentare la fatica, con carichi bassi e molte ripetizioni è indicato per migliorare la resistenza muscolare, con ricadute positive sulla resistenza generale. Ogni esercizio (con le sue serie) va distanziato dall’altro esercizio da 4-5 minuti di defaticamento e stretching.
8- Frequenza settimanale: la frequenza settimanale non deve mai superare le 3 volte, meglio due soprattutto se si praticano altre attività fisiche ad esempio attività di endurance.
È necessario partire da una valutazione che dia un’idea almeno iniziale del livello generale di funzionalità per poi mettere a punto un piano di valutazione strutturato che accompagni il soggetti nella sua prassi di allenamento che comunque dovrà far parte del suo stile di vita.
L’ipotesi che l’adattamento muscolare al lavoro sia ancora possibile e significativo non può nascondere il fatto che avvenga con maggiore lentezza, in modo crescente con l’età e con accelerazioni in alcune fasi parallele alle cadute maggiori della forza come prima descritto.
Per le diverse ragioni descritte, probabilmente per la minore reattività ormonale, nei sedentari e negli anziani prima di iniziare il programma è importante, una graduale introduzione che li porti molto prudentemente alle forme di allenamento tradizionali. Tale periodo, opportuno anche per i più giovani, è di maggiore lunghezza nelle età più avanzate e può includere, nelle fasi iniziali, carichi bassissimi o a corpo libero, anche se progressivamente crescenti. In soggetti di età più avanzata, anche se apparentemente sani, se vi sono alcuni fattori di rischio quali il fumo, lieve ipertensione ecc., tale gradualità di impegno diventa obbligatoria e determinante, specie se i fattori di rischio si accompagnano con patologie conosciute di natura cardiaca e/o metabolica.
Ovviamente per avere una visione più generale degli effetti del lavoro, soprattutto con i più anziani sarebbe ottimale un’assistenza e monitoraggio clinico-nutrizionale e di comportamento. In questo caso l’osservazione del cammino, del salire le scale, del sollevamento dalla poltrona, delle misure di trofismo muscolare, di introito alimentare così come la raccolta delle impressioni soggettive del maturo atleta vanno tenute in grande evidenza. È chiaro che una simile attività può essere raramente collegata a competizioni che devono essere precedute da una lunga preparazione ed in ogni caso devono far parte di un normale costume di vita. Naturalmente particolare importanza, dopo una fase di avvio, rivestono i test sugli attrezzi e con i pesi da applicare con opportune modalità valutative (Sale 1991). È importante avere una progressione molto graduale degli esercizi fra quelli che attivano (almeno 1) le masse muscolari principali e che abbiano una escursione regolare, prevedibile, lineare come è possibile sulle macchine. Non è, a volte, sufficiente l’utilizzo dell’intera escursione muscolare, cui è forse necessario aggiungere esercizi specifici per la flessibilità. L’ordine degli esercizi non differisce dalle indicazioni generali per gli adulti dando priorità agli esercizi che impegnano le masse muscolari più grandi, prima le masse muscolari inferiori poi le superiori (con aspetti di preferenza individuale).
I recuperi fra le serie devono consentire di svolgere, senza alcuno stress, il lavoro proposto, per cui si privilegia il trofismo muscolare al disagio metabolico, soprattutto in soggetti con diabete, per cui i recuperi sono più lunghi che per i giovani adulti. Il numero delle serie varia più che negli adulti, dove si tende a stabilizzarsi subito su almeno 3 serie, ciò per modulare ulteriormente la gradualità e la progressività dell’impegno. Le intensità tollerabili è ormai chiaro che possono superare l’80%, anche se in alcuni casi (come nelle donne) con il 50-60% di R.M. si sono ottenuti risultati migliori rispetto ad intensità superiori (70-80%) (Hunter e Treuth 1995). Il numero delle ripetizioni è tendenzialmente simile a quello classico ma tiene pure conto che bisogna evitare uno sforzo molto elevato e soprattutto la cosiddetta manovra di Valsalva, cioè una apnea prolungata sotto sforzo che può essere considerata di una certa pericolosità. Ciò avviene prevalentemente nelle ultime ripetizioni delle singole serie dove vi è una pressione arteriosa e frequenza cardiaca più alta. Le donne anziane hanno evidenziato una maggiore sensibilità e danni muscolari superiori nel lavoro con sovraccarichi protratto per un certo tempo elevati rispetto a donne giovani (Roth e coll., 2000).

Effetti della forza sulla altre capacità motorie, sulla deambulazione e sul controllo posturale ed equilibrio

Con l’avanzare dell’età la perdita di efficienza riguarda tutte la capacità motorie, esse sono inoltre molto più collegate che nello sportivo che si è specializzato nelle sport, tale perdita va dalla forza alla resistenza, alla mobilità, alla coordinazione dei sistemi di controllo motorio e la perdita di forza sembrano indebolire il feed back di ritorno in quanto rispondono insufficientemente ai disturbi della stabilità posturale, al tempo stesso tali carenze facilitano la caduta, inoltre uno studio sugli infortunati (Whippli e coll 1987) hanno mostrato una perdita notevole di forza dinamica, Fiatarone e coll (1990) hanno dimostrato che allenamento con i sovraccarichi porta progressi nella mobilità funzionale e autonomia in soggetti fino a 96 anni, modificando la capacità di forza che è legata alla velocità di deambulazione.
In conclusione negli ultimi 10 anni si è chiaramente affermata l’idea che è possibile sviluppare un allenamento di forza in un modo sicuro in soggetti adulti e anziani non solo sani, ma anche con patologie compatibili, ottenendo notevoli risultati sulle capacità di autonomia del soggetto nella prevenzione delle cadute e nelle abilità di base della vita sociale quali camminare, salire le scale compiere movimenti necessari con intensità di contrazione rilevante. per realizzare un intervento efficace e privo o che riduca al massimo i rischi è necessario oltre al controllo medico, la capacità di supervisione professionale elevata, una capacità di elaborare programmi di preparazione complessi ed una notevole capacità di motivare i soggetti, sicuramente speciali, ma probabilmente sensibili ad una nuova crescita di efficienza dopo anni di riduzione. Oltre a ciò è necessario osservare rigorosamente un certo numero di norme e principi, del resto abbastanza simili a quelle che sono consigliate per l’allenamento dei più giovani anche sportivi.

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A cura di: Renato Manno
Maestro di Sport – Laureato in Biologia
Docente di Metodologia dell’allenamento

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