LA GINNASTICA PER IL GOMITO

Se in un tennista compare un dolore al gomito (in sede epicondiloidea laterale) che a volte si irradia lungo la faccia posteriore dell’avambraccio, alla mano e persino al dito medio e all’anulare, purtroppo dobbiamo pensare ad una epicondilite. Questa patologia è molto temuta dai praticanti, agonisti e non, del tennis ed è diffusa anche tra chi utilizza per lavoro il braccio intensamente. Il dolore può essere spontaneo e senza apparente causa, ma più spesso è provocato da un’intensa attività sportiva o da alcuni banali gesti della vita quotidiana: avvitare un tappo, aprire una porta, versare dell’acqua da una bottiglia.
Il tennista può accusare, anche se meno frequentemente, dolori anche nella regione opposta del gomito (l’epitroclea situata nel versante mediale del gomito). In questo caso la probabile diagnosi è di epitrocleite, quindi attenzione alla zona dolente.
Sia l’epicondilite che l’epitrocleite sono processi infiammatori e/o degenerativi, acuti o cronici, che interessano le inserzioni osteotendinee prossimali dei muscoli dell’avambraccio: anconeo, estensore comune delle dita, estensore ulnare del carpo, estensore proprio del mignolo (nell’epicondilite); pronatore rotondo, flessore radiale del carpo, piccolo palmare, flessore ulnare del carpo, flessore superficiale delle dita (nell’epitrocleite).
MUSCOLI EPICONDILOIDEI
Anconeo
AVAMBRACCIO
a) estensione
Estensore comune delle dita
MANO
a) estensione
DITA
b) estensione (eccetto il pollice)
Cubitale posteriore (o Estensore ulnare del carpo)
MANO
a) estensione
b) adduzione
MUSCOLI EPITROCLEARI
Cubitale anteriore (o Flessore ulnare del carpo)
AVAMBRACCIO
a) flessione
MANO
b) flessione
c) adduzione
Flessore superficiale delle dita
AVAMBRACCIO
a) flessione
MANO
b) flessione
DITA
c) flessione (eccetto il pollice)
Grande palmare (o Flessore radiale del carpo)
AVAMBRACCIO
a) flessione
b) rotazione interna
MANO
c) flessione
Palmare lungo
AVAMBRACCIO
a) flessione
MANO
b) flessione
Pronatore rotondo
AVAMBRACCIO
a) flessione
b) rotazione interna
I fattori determinanti l’insorgenza di queste patologie sono i sovraccarichi meccanici a carico dei muscoli prima citati, che determinano conseguenti microtraumi con processi irritativi a carico dei relativi tendini.
Analisi biomeccaniche hanno chiarito che l’impatto della pallina sulla racchetta costituisce uno degli elementi scatenanti anche a causa delle violente vibrazioni che si trasmettono dalla racchetta al braccio.
Fattori favorenti sono invece un deficit della muscolatura che appare inadeguata alla prestazione sportiva richiesta, l’invecchiamento fisiologico del tessuto tendineo (caratteristico dell’età più colpita, quella cioè fra i trentacinquanta anni), gli errori “tecnici” e racchette non adatte al singolo tennista (grip troppo grande o troppo piccolo, eccessiva tensione delle “corde”, bilanciamento poco uniforme e/o peso dell’attrezzo troppo elevato ). Importante, infine, appare la predisposizione individuale, fattore, questo, comune a tutte le patologie tendinee.
I continui microtraumi causano processi di riparazione disordinati e continui che alterano la struttura del tendine, che, all’esame istologico presenta zone di trasformazione fibrosa, prevalenti nelle giunzioni osteotendinee con strozzamento delle terminazioni nervose (probabile causa primaria del dolore), focolai di degenerazione lipoidea nel contesto del tendine e zone calcificate o ossificate a livello dell’inserzione ossea. Il grado di queste degenerazioni è correlato all’intensità del dolore accusato e al grado di impotenza funzionale.
La diagnosi di epicondilite viene fatta dallo specialista sulla base di una accurata anamnesi che indaghi sia i disturbi accusati dall’atleta, sia le modalità e la probabile origine della loro insorgenza.
All’esame clinico, la mobilità e l’aspetto del gomito sono quasi sempre nella norma; positivi appaiono invece alcuni test: quello di Mills (la pronazione dell’avambraccio a gomito esteso e polso flesso nei casi di patologia in atto provoca dolore in sede epicondiloidea) e quello di Cozen (la flessione palmare del polso contro resistenza nei casi di patologia provoca dolore in sede epicondiloidea).
TEST DI MILLS
TEST DI COZEN
Solo a distanza dall’insorgenza dei sintomi (talvolta anche diversi mesi) la diagnostica per immagini (radiografia, ecografia, xerografia) permette di osservare ispessimenti periostali e calcificazioni epicondiloidee.
Importante la diagnosi differenziale con: sindrome del tunnel‑carpale, sindromi scapolo omerali, artriti e osteoartrosi del gomito, osteocondrosi dei nuclei di ossificazione del gomito (nei giovani) sindromi neurogene, artropatie omero‑radiali (lesioni della cartilagine della testa radiale e del condilo omerale, lesione del menisco omero‑radiale, ispessimento del legamento anulare, infiammazione dei villi sinoviali): “dolore al gomito” non è sempre sintomo di epicondilite.
Il trattamento deve essere prima di tutto mirato all’eliminazione dei fattori causali; consigliabile anche porre l’arto interessato a riposo per almeno due o tre settimane.
In funzione poi del grado evolutivo raggiunto dalla patologia, possono essere prescritte terapie farmacologiche (antinfiammatori locali), terapie fisiche (crioterapia, ionoforesi, elettro stimolazioni, magnetoterapia, laserterapia, ipertermia, tecarterapia, onde d’urto), bendaggi funzionali, rinforzi articolari esterni specifici (il tutore compressivo specifico o il semplice cerotto da due centimetri da applicare intorno all’avambraccio a circa tre centimetri dalla piega del gomito …).
Quando il dolore è scomparso, appaiono fondamentali una buona rieducazione muscolare, un controllo delle attrezzature usate ed una eventuale correzione del gesto tecnico, onde evitare recidive.
Solo in rari casi è da valutare l’opportunità dell’intervento chirurgico (disinserzione parziale dei muscoli epicondiloidei e asportare di una piccola borsa accessoria).
La prevenzione rappresenta comunque il modo migliore per affrontare il “gomito del tennista”; perfezionare la propria tecnica è già “prevenzione”: alcuni particolari errori, se costantemente ripetuti, sono causa di epicondilite. Ad esempio:
1) durante il “rovescio” attenzione alla testa della racchetta quando questa è sotto il livello del polso e lo stesso, voltato verso l’alto, sta per portare il colpo. La forza, in questo caso, è generata solo dal polso; questo movimento fa soffrire il gomito
2) in occasione del “dritto” fatto con presa chiusa e colpo alla pallina con gambe aperte, ci si trova in una posizione in cui si ha la tendenza a girare solo il braccio senza fare la rotazione della spalla, con la conseguenza che la testa della racchetta sarà troppo bassa e il gomito verrà messo sotto stress.
È interessante far notare che i giocatori che eseguono il rovescio con due mani soffrono in misura molto minore del problema.
La Ginnastica per il Gomito
(Esercizi ed immagini tratte da: “Il gomito fa ginnastica” di Vittorio Santini
Scuola Nazionale Maestri di Tennis – 1995)
Una buona muscolatura a livello del braccio e dell’avambraccio aiuta a stabilizzare l’articolazione del gomito e riduce i rischi di infortunio.
Gli esercizi proposti richiedono l’utilizzo di semplici attrezzi (palle da tennis, clavette, racchette da tennis e una comunissima coppia di manubri il cui peso dovrà essere stabilito in base alle esigenze e alle capacità individuali), devono essere eseguiti in serie (ad esempio: 3 serie di 10‑15 ripetizioni per esercizio) con un recupero di 2‑3 minuti tra ogni serie. Gli esercizi devono essere effettuati con entrambi gli arti, sia col destro sia col sinistro, effettuando sempre prima un breve riscaldamento.
1- Impugnate una palla da tennis in ciascuna mano e stringete con forza più volte di seguito
2- Impugnate una clavetta e flettete il gomito a 90′ in modo da avere l’avambraccio parallelo al terreno: eseguire circonduzioni del polso sul piano frontale sia in senso orario sia antiorario
3- Dalla posizione eretta, piedi uniti, braccio destro avanti, impugnate una racchetta all’estremità del manico ed eseguite:
a) giri esterni
b) mulinelli esterni
4- Con le braccia distese avanti, impugnate con entrambe le mani un hand‑roller a cui è stata applicata una funicella che sostiene un peso di circa 0.5 kg: avvolgete, il più rapidamente possibile, la fune per avanti e per dietro
5- Impugnate il manubrio e flettete il gomito a 90 gradi, in modo da avere l’avambraccio parallelo al terreno. Pronate e supinate l’avambraccio tenendo il braccio aderente al tronco
6- Disponetevi in piedi con l’arto superiore disteso verso il basso e l’avambraccio supinato, cioè con la palma della mano che impugna il manubrio rivolta in avanti. Flettete ed estendete l’avambraccio tenendo il braccio aderente al tronco
7- In piedi con l’arto superiore disteso verso il basso e l’avambraccio pronato, cioè con il dorso della mano che impugna il manubrio rivolto in avanti. Flettete ed estendete l’avambraccio tenendo il braccio aderente al tronco
8- In piedi con l’arto superiore disteso verso il basso e l’avambraccio supinato, cioè con la palma della mano che impugna il manubrio rivolta in avanti. Flettete l’avambraccio sollevando il manubrio. Prima di tornare nella posizione di partenza portate la palma della mano verso il basso (pronare). Flettete ed estendete l’avambraccio alternando le pronazioni alle supinazioni
9- In piedi con le gambe divaricate e il manubrio tenuto dietro la nuca. Estendete l’avambraccio in modo da portare il manubrio verso l’alto e tornate poi nella posizione di partenza
10- Disponetevi in piedi con l’arto superiore disteso verso il basso e l’avambraccio supinato, cioè con la palma della mano che impugna il manubrio rivolta in avanti. Flettete l’avambraccio e portate il manubrio sul lato opposto del corpo, abbinando il movimento ad una pronazione. Tornate nella posizione di partenza effettuando il movimento opposto
11- In piedi con le gambe divaricate sul piano sagittale. L’arto che impugna il manubrio è flesso e supinato, cioè con la palma della mano rivolta verso l’alto. Distendete l’arto in avanti abbinando il movimento a una pronazione, cioè portando il dorso della mano verso l’alto. Tornate nella posizione di partenza eseguendo il movimento opposto
12- In piedi con le gambe divaricate e la mano che impugna saldamente il manubrio. Tenendo il braccio aderente al tronco eseguire delle circonduzioni con l’avambraccio in senso orario e antiorario
13- Impugnate con entrambe le mani la barra a cui è stata applicata una catenella che sostiene un peso di circa 15 kg (il peso può essere aumentato o ridotto in base alle esigenze ed alle capacità individuali). Avvolgete per avanti, il più rapidamente possibile, la catenella che sostiene il peso. Ripetere in seguito lo stesso esercizio avvolgendo la catenella per dietro
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