IL BIKE FIT OTTIMALE
Di Omar Gatti (Bikeitalia.it)
Il bike fit, ovvero la regolazione dei parametri della bici sulla base delle necessità e dei desideri del ciclista, è una pratica sempre più diffusa tra gli amanti del ciclismo. Se è vero che non esiste una posizione in sella “universale”, che vada bene per tutti i ciclisti, è ovviamente impensabile che una sola procedura di bike fit si possa adattare a qualunque atleta. E’ perciò importante, per il biomeccanico o il professionista sanitario che ha in cura dei ciclisti, comprendere che il bike fit è un elemento che deve essere adattato alla situazione momentanea di ciascun atleta. Il bike fit perfetto non esiste ma può altresì esistere quello “ottimale”, che consente di raggiungere gli obiettivi con il minimo impatto sull’atleta. Questo articolo vuole essere una sorta di vademecum per definire le linee guida del bike fit ottimale.
La posizione muta nel tempo
La posizione in sella non è un parametro immutabile, che una volta trovato non deve mai essere modificato, bensì varia nel tempo. La capacità (e la volontà) di un ciclista di adottare una determinata posizione, sia essa più aerodinamica e aggressiva o più rilassata e conservativa, dipendono da numerose variabili. Tra queste troviamo l’età dell’individuo, il lavoro svolto, eventuali traumi, dismetrie, atteggiamenti posturali e compensi, la flessibilità muscolare, il grado di allenamento e il monte ore passate sulla bici. Come si può capire tali fattori continuano a modificarsi nel tempo: l’età avanza, la flessibilità muscolare migliora o peggiora sulla base di un’attività di stretching, il livello di allenamento e il tempo passato in bici variano a seconda di impegni lavorativi e personali. E’ quindi necessario individuare la posizione “sostenibile”, cioè quella che il ciclista può sostenere senza sovraccaricare l’organismo nel momento in cui viene effettuato il bike fit.
L’atleta è il centro del bike fit
Anche se poi si va effettivamente a lavorare sulla bicicletta, non è quest’ultima la “protagonista” di una sessione di bike fit. Il centro di una seduta di bike fit deve essere l’atleta. E’ infatti quest’ultimo che deve essere valutato e analizzato, attraverso un’intervista, un esame posturale, dei test di forza muscolare e di flessibilità, per poter capire che tipo di posizione è in grado di sostenere. Una volta in sella si dovrà analizzare la posizione dei vari segmenti ossei, individuando degli appositi punti di repere da usare come riferimento. Sulla base degli angoli descritti dai vari segmenti corporei, si potrà definire il posizionamento all’interno di un’apposita finestra biomeccanica e solo successivamente risalire alla misura corretta della regolazione di riferimento. L’esempio più lampante è l’altezza di sella: per trovare l’altezza sostenibile si dovrà misurare l’angolo formato da femore e tibia con pedivella in prolungamento del tuo piantone e da lì poi risalire all’effettiva distanza tra punto anatomico di sella e asse del movimento centrale.
Per mettere in sella un ciclista lo si deve conoscere
Conoscere l’atleta è fondamentale per comprenderne i limiti, le capacità e gli obiettivi, in modo da trovare un punto di equilibrio tra ciò che vuole fare e ciò che invece può fisiologicamente fare. La conoscenza passa attraverso una valutazione della pedalata, al fine di registrare “macroerrori” di posizionamento o di effettuazione del gesto atletico. Dopodiché si passerà a un’intervista in cui si registreranno le risposte a domande precise su età, stile di vita, lavoro svolto, quantità di ore spese in bici, partecipazione a eventi agonistici, se fa o meno stretching, gli obiettivi stagionali e i desideri personali. Infine si dovranno effettuare dei test di forza muscolare e di flessibilità articolare, al fine di evidenziare eventuali atteggiamenti posturali e l’ampiezza (detta range of movement) di ogni movimento articolare. Così facendo si ha un quadro completo della persona che si sta per mettere i sella: chi è, cosa fa, cosa vuole fare, come sono i suoi muscoli, qual è l’equilibrio muscolare e che livello di mobilità abbiano le sue articolazioni. E’ solo dopo questo passaggio che si potrà partire con l’adattamento della bici.
L’iter procedurale è: pedali – sella – manubrio
L’approccio che consente di ottenere il miglior risultato, con un impatto ridotto sull’organismo del ciclista, deve seguire lo schema: piede, bacino e mani. Questo iter segue la naturale posizione dei punti anatomici di un essere umano in piedi: il punto di appoggio è dato dal contatto dei piedi sul terreno, poi salendo si trova il bacino e infine gli arti superiori. Per cui il bike fit deve partire con la regolazione delle tacchette (avanzamento sul piano sagittale, spostamento sul piano frontale e inclinazione sul piano trasversale), deve poi passare alla sella (altezza, avanzamento, inclinazione) e infine terminare con il manubrio (altezza, distanza dalla sella, larghezza, posizione delle leve del freno). Così facendo si “accompagnerà” il ciclista verso la posizione più sostenibile, limitando lo stress adattativo.
Una regolazione per volta
Dato che il bike fit è comunque una procedura che tende a “sconvolgere” l’equilibrio posturale dell’atleta, al quale organismo e sistema nervoso centrale si sono abituati, ogni regolazione che viene effettuata è una fonte di stress per il ciclista. L’approccio deve essere quindi improntato a non eccedere nelle regolazioni, al fine di evitare di sottoporre l’atleta a uno stress di adattamento troppo intenso. Allo stesso modo è possibile che, variando la regolazione dei parametri, il ciclista avverta dei dolori e fastidi che prima non aveva e che quindi si debba tornare all’impostazione precedente, poiché la nuova è risultata insostenibile. Per questo è bene effettuare una sola regolazione per ogni seduta di bike fit, in modo da evitare l’accumularsi di stressor sull’organismo e di poter sempre tornare indietro in caso di problemi. L’esempio classico è il seguente: se al primo bike fit vengono cambiati l’avanzamento delle tacchette, l’altezza di sella e l’altezza del manubrio e il ciclista riporta dolori cervicali molto intensi, che ne minano la capacità di stare in bici, quale delle tre regolazione ne è il “colpevole”?
Registrare sempre ogni modifica effettuata
Il bike fit è un processo di avvicinamento e di raggiungimento della posizione ottimale e sostenibile, che non può esaurirsi in un’unica seduta. E’ dunque necessario rivedere il ciclista più volte nell’arco dell’anno, lasciando passare il tempo di adattamento a ogni nuova regolazione. E’ fondamentale per il biomeccanico quindi registrare, per ogni cliente e ogni bike fit effettuato, tutte le modifiche realizzate. Sarà necessario indicare la posizione di partenza, quella di arrivo e la motivazione di ogni cambio. In questo modo, anche a distanza di tempo, sarà possibile comprendere le ragioni di eventuali problemi venuti alla luce o di come avanzare nel raggiungimento della posizione sostenibile.
Rispettare i tempi di adattamento del ciclista
Come detto il bike fit è uno stressor, cioè un elemento che va a modificare l’equilibrio neuromuscolare dell’atleta, inducendo una risposta di stress nell’organismo. Quest’ultimo deve adattarsi alla nuova posizione, abituando sia in muscoli che la mente. E’ dunque fondamentale lasciare un tempo ragionevole, una finestra di adattamento, in cui l’atleta dovrà pedalare con la nuova regolazione prima di passare alla modifica di un altro parametro. Questo approccio tende a limitare l’insorgenza di problemi derivati da modifiche sostanziali e “brutali”, che risultato essere negative anziché benevole. La finestra di adattamento è soggettiva per ogni ciclista e dipende dal monte ore passato in bici e dalla flessibilità muscolare. Un atleta che si allena tutti i giorni e che dedica un’ora al giorno allo stretching avrà una finestra di adattamento più breve di un altro che invece usa la bici solo per escursioni domenicali e non effettua lavori di allungamento.
Il bike fit non è curativo
Moltissimi ciclisti approcciano il bike fit con la speranza che possa risolvere ed eliminare dolori, infiammazioni e patologie varie. In realtà il bike fit è uno strumento che consente di individuare la posizione migliore per il ciclista in quel dato momento e adattarvi di conseguenza la bicicletta. Se vi sono dolori si potrà adottare un approccio più conservativo e mantenere la posizione nella parte inferiore della finestra biomeccanica, in modo da ridurre il sovraccarico sulle articolazione. E’ comunque impensabile che il bike fit da solo possa essere “curativo” e sostituire il lavoro di professionisti qualificati (fisioterapisti, fisiatri, specialisti in medicina dello sport medici sportivi, ortopedici, podologi e posturologi), gli unici in grado di effettuare diagnosi e segnalare il percorso riabilitativo in caso di patologie a carico di articolazioni o muscoli.
La preparazione del biomeccanico è fondamentale
Per riuscire ad “amalgamare” gli elementi citati e trovare la posizione sostenibile, è necessario che il biomeccanico sia un professionista dotato di competenze in varie discipline: anatomia, scienze motorie, meccanica. Il bike fit è in sostanza l’adattamento di un mezzo meccanico alla fisiologia di un organismo, che non deve essere ridotto a un insieme di ossa, muscoli, tendini e legamenti, bensì valutato nel suo insieme. La professionalità di un biomeccanico è data dalle sue competenze acquisiste attraverso lo studio e la partecipazione a corsi di formazione qualificanti, le esperienze pregresse, i propri errori (dai quali deve cercare di imparare), le intuizioni, una notevole capacità di dialogo con gli atleti che mette in sella e una flessibilità mentale, che gli permetta di adattare il suo sapere alle esigenze, ai desideri e alla capacità di chi ha di fronte.
Bibliografia
- P. Burt: Bike Fit
- P. Swift: Bikefitting: the Foot Pedal Interface
- R. Bini: Cycling Biomechanics
- D.G. Wilson: Bicycling Scienze
- A. Pruitt: Medica Guide for Cyclists
- T. J. Dickson: Preventing overuse injuries in cycling (Pubmed)
Omar Gatti
Responsabile della sezione tecnica di Bikeitalia.it
Relatore e supervisore dei corsi di formazione in biomeccanica e bike fit e meccanica ciclistica
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