LA F.M.S.I. RISPONDE ALL’ANTITRUST – No alle liberalizzazioni quando c’è di mezzo la salute
No alle liberalizzazioni quando c’è di mezzo la salute
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), lo scorso 28 aprile, ha formulato alcune osservazioni per la tutela della concorrenza e del mercato in merito all’attività di rilascio, da parte dei professionisti medici, della certificazione attestante l’idoneità alla pratica di attività sportiva di tipo non agonistico.
Come è noto, in base alle Legge 30 ottobre 2013, n. 125, possono rilasciare questo certificato i Medici di Medicina Generale e i Pediatri di libera scelta per i propri assistiti, i Medici specialisti in Medicina dello Sport e i Soci della Federazione Medico Sportiva Italiana. E questo provocherebbe – a detta dell’Antitrust – una distorsione del mercato e della concorrenza, poiché sarebbero escluse da questa specifica attività tutte le altre categorie di Medici. L’AGCM, in particolare, sostiene che le attività da espletare per il rilascio del certificato sportivo non agonistico non siano attività per cui è richiesta una particolare specializzazione e, per tal motivo, richiede che questa facoltà venga concessa, proprio ai fini di un abbassamento dei costi, a tutte le categorie di Medici a prescindere dalle loro conoscenze specialistiche.
A nostro parere, la posizione dell’Antitrust non è condivisibile poiché si basa su valutazioni di carattere strettamente concorrenziale. La materia coinvolta, prima ancora che la concorrenza, è infatti il diritto alla salute: un diritto sancito dalla nostra carta costituzionale. Non vi è dubbio che qualsiasi Medico disponga delle conoscenze di base proprie del settore sanitario. È però altrettanto evidente che l’acquisizione di una determinata specializzazione e, soprattutto, la relativa pratica nel corso dell’attività costituiscono un elemento differenziale rispetto a qualsiasi altro soggetto pur laureato in medicina.
Ci limitiamo, al riguardo, a due considerazioni. La prima riguarda proprio i soggetti destinatari della certificazione non agonistica che sono essenzialmente gli stessi del D.M. del 1983 – e cioè i tesserati alle Federazioni del CONI e agli Enti di Promozione riconosciuti CONI – in età non ancora agonistica o superiore alla stessa, stabilita dalle Federazioni per legge; e non già i praticanti delle palestre, dei corsi di nuoto, etc, per i quali vale la certificazione all’attività ludico-motoria. La seconda riguarda l’elemento fondamentale della visita medico-sportiva che non è la mera acquisizione dei dati – che può essere compiuta persino da soli tramite strumenti di rilevazione – bensì la relativa valutazione.
Ed è proprio nella fase della valutazione, imprudentemente svalutata dall’Antitrust, che entrano in gioco quel patrimonio di conoscenze che sta alla base della corretta scelta del legislatore di riservare solo a determinati professionisti il rilascio di idoneità sportiva. Proprio tenendo in opportuna considerazione le argomentazioni di cui sopra, la Legge 125/2013 segue una precisa logica nello stabilire quali siano le categorie mediche abilitate al rilascio del certificato sportivo non agonistico: i Medici di Medicina Generale e i Pediatri di libera scelta, perché conoscono bene i loro assistititi e la loro anamnesi familiare; gli Specialisti in Medicina dello Sport per competenza; i Medici della FMSI che sono Specialisti in Medicina dello Sport o specialisti di altre specialità affini e che, in questo ultimo caso, sono tenuti a svolgere corsi di formazione specifici ed esami di valutazione per l’ottenimento del tesseramento alla FMSI, nonché corsi di aggiornamento e formazione continua su tematiche sia mediche che legislative CONI.
In sostanza, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato propone un modello del mercato interessato nel quale, nel nome di un indiscriminato ribasso dei costi, che mal si addice ad un settore così delicato come è quello della prevenzione della salute nell’attività sportiva, non si presta adeguata tutela al valore della salute.