LA RICOSTRUZIONE DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE DEL GINOCCHIO

di Ludovico Caperna
L’intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore è la procedura chirurgica più praticata in Ortopedia.
Agli albori, questo tipo di chirurgia era stata concepita per gli sportivi di alto livello o per i soggetti giovani con alta richiesta funzionale. Con il passare degli anni l’indicazione si è allargata anche a pazienti con più di 50 anni e a persone che seguono uno stile di vita sedentario. Questo intervento è stato spesso presente sulle cronache sportive essendo un infortunio che ha colpito diversi calciatori famosi (Nesta, Van Basten, Ronaldo, Baggio). Lo scopo di questo articolo è quello di illustrare quando è necessario operarsi, le diverse tecniche chirurgiche e le fasi della riabilitazione.
Il legamento crociato anteriore è una struttura elastica posta al centro del ginocchio con un’inserzione sulla tibia ed una sul femore. Prende il nome di crociato anteriore in quanto “incrocia” anteriormente l’altro crociato (il posteriore). A livello funzionale questo legamento è uno stabilizzatore del ginocchio. Il suo scopo è quello di limitare i movimenti preternaturali dell’articolazione agendo da “freno” durante le distorsioni del ginocchio. Quando il trauma distorsivo però supera una certa entità il crociato non regge e si rompe. I traumi in grado di provocare rottura avvengono generalmente con il ginocchio atteggiato in rotazione esterna. Il legamento crociato non ha capacità di guarigione e una volta lesionato perde completamente o in parte la sua funzione. Altri legamenti come il collaterale invece sono vascolarizzati e quindi riparano da una lesione.
Questo comporta che mentre è possibile trattare conservativamente (senza intervento chirurgico) una lesione del collaterale, l’unico modo per ottenere nuovamente la funzione del legamento crociato è quella di ricostruirlo chirurgicamente.
L’intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore non è strettamente necessario. Non si tratta infatti di un organo vitale e la sua funzione è esclusivamente quella di limitare l’escursione articolare durante alcuni particolari movimenti del ginocchio. Per questo motivo inizialmente era riservato ai soggetti giovani e sportivi in quanto sono quelli che hanno più probabilità di mettere sotto stress l’articolazione. Un legamento lesionato fornisce una sensazione di instabilità costante del ginocchio. Il rischio è quello che subendo un ulteriore trauma distorsivo ad alta entità, avendo un “freno” in meno, si possano lesionare altre strutture sane del ginocchio (menischi, collaterali) o si possano subire delle fratture. A questo proposito è altamente sconsigliato praticare attività sportiva di un certo livello avendo un crociato lesionato.
Una prima indicazione a subire un intervento di ricostruzione è quindi quella di consentire al paziente di tornare a praticare regolarmente qualsiasi tipo di attività sportiva. Con diversi studi scientifici si è visto che avere una instabilità del ginocchio comporta nel lungo periodo un rischio aumentato di sviluppare artrosi.
A scopo preventivo quindi l’intervento viene oramai praticato anche in soggetti che svolgono una vita sedentaria e la sua indicazione è maggiore quanto più il soggetto è giovane.
Riassumendo è utile sottoporsi a ricostruzione del crociato anteriore per riprendere l’attività sportiva, per evitare un artrosi precoce ed eliminare il rischio di ulteriori lesioni in caso di nuovi traumi distorsivi.
Essendo il crociato lesionato non riparabile, l’intervento consiste nella sostituzione dello stesso con un trapianto. Generalmente si preleva un tendine che viene inserito nel ginocchio a sostituire il vecchio legamento. Attualmente esistono numerose tecniche chirurgiche. La principale variante nelle diverse tecniche è il tipo di trapianto da utilizzare.
Esistono due grandi scuole di pensiero riguardo a quale sia il miglior tendine da utilizzare. Alcuni ortopedici preferiscono sostituire il crociato utilizzando il tendine rotuleo, altri invece ritengono sia meglio utilizzare i tendini del semitendinoso e del gracile. Per completezza è utile dire che possono essere utilizzati anche altri tendini (quadricipitale, achilleo). Per quanto riguarda i due trapianti maggiormente utilizzati (rotuleo, semitendinoso e gracile) forniscono sostanzialmente risultati clinici equiparabili. La scelta tra un tipo di trapianto e l’altro è quindi ristretta ad una semplice preferenza del chirurgo. L’intervento consiste in una prima fase in cui viene prelevato il trapianto e in una seconda fase artroscopica in cui vengono praticati dei fori ossei attraverso i quali viene trasposto il “nuovo legamento” all’interno del ginocchio.
Questo viene poi fissato attraverso dei mezzi di sintesi (viti, etc.) che hanno lo scopo di tenere il costrutto fintanto che non avviene la guarigione biologica del trapianto.
Per semplificare il concetto, nei primi mesi dopo l’intervento il nuovo legamento funziona tramite la tenuta che forniscono i mezzi di sintesi in attesa che il tendine trapiantato si integri nel nuovo contesto. Questo è un concetto fondamentale in fase di riabilitazione.
Il percorso riabilitativo ha come obiettivo una piena ripresa di ogni tipo di attività sportiva tra il sesto e l’ottavo mese di distanza dall’intervento. Durante il primo mese il ginocchio viene tutelato con un tutore a ginocchiera per evitare di subire traumi distorsivi nel momento in cui il neo-legamento è più fragile. Lo scopo del primo mese è quello di recuperare una buona articolarità del ginocchio e iniziare il recupero muscolare tramite esercizi isometrici. Al secondo mese si abbandonano le stampelle, si recupera completamente l’articolarità e si lavora in maniera decisamente più intensa sul recupero muscolare. Passati due mesi il paziente torna a correre in linea retta. Infine al sesto mese, a seguito di visita di controllo, si può concedere il ritorno all’attività sportiva completa.
Questi sei mesi sono utili a consentire un’integrazione biologica del trapianto. Accelerare i tempi di recupero vuol dire rischiare di sottoporre il ginocchio a stress eccessivi mentre il trapianto non è ancora biologicamente integrato. Una completa integrazione avviene infatti tra i 6 e i 12 mesi di distanza dall’intervento.
Nonostante alcuni ortopedici tentino di forzare i tempi di recupero, le attuali linee guida internazionali raccomandano di aspettare sei mesi dall’intervento prima di concedere il ritorno in campo.
Per le persone sedentarie la riabilitazione andrebbe comunque continuata fino al sesto mese per rieducare l’arto inferiore nel miglior modo possibile.
Un ritorno più che accettabile alla vita quotidiana si ha dopo 40 gg dall’intervento.
Ludovico Caperna, svolge attività di consulenza in qualità di medico specialista in Ortopedia e Traumatologia – BIOSdiagnostica
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