Allenamento

L’ESERCIZIO DI STRAPPO APPLICATO ALLO SVILUPPO ATLETICO DEL SETTORE GIOVANILE NEL TIRO CON L’ARCO

di Davide Tessaro

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Lavorare con arcieri in fase di crescita fisica/tattica/psicologica implica l’utilizzo di una metodologia e di una strategia coerente con i principi dell’allenamento dati sia dalla scienza che dalla coscienza e implica la volontà di provare nuovi percorsi fatti di mezzi che possono, a volte, apparire poco convenzionali allo sviluppo della tecnica. Tuttavia credo che inizialmente la tecnica venga formata anche dalla variabilità e dalla fantasia motoria che continuata ad allenare nel tempo porta, insieme ad altri aspetti, alla maestria sportiva.

SCOPO

Ciò che andrò ad esporre, se pur estremamente sintetizzato nella sua forma e nei suoi contenuti, è una possibile variante di mezzo allenante che può essere usato con risultati positivi nelle sedute di allenamento, con diverse finalizzazioni.
L’esercizio analizzato è quello dell’alzata olimpica denominata “strappo”, esercizio che conoscevo e che in piccole parti di esso somministravo, ma del quale non avevo piena coscienza e conoscenza fino a tempo addietro.

APPLICAZIONI PRATICHE

Dalle ricerche fatte nel tiro con l’arco e al di fuori di esso sia sul campo sia utilizzando manuali, libri, riviste di settore sportivo e comparando trasversalmente i dati, sono giunto a delle possibili applicazioni dell’esercizio di strappo che esporrò in seguito.
Parole chiave: modello prestativo – movimento qualitativo – finalizzazione pratica

INTRODUZIONE

Contrariamente a quanto possa venire in mente guardando una gara di tiro con l’arco, parliamo di una specialità molto articolata ed è per questo motivo che al fine di comprenderla meglio ne presenterò brevemente il modello prestativo.
In base alla classificazione proposta dal Prof. Antonio Dal Monte (1983), il tiro con l’arco risulta essere uno sport di destrezza e mira, con impegno muscolare di media entità a scopo posturale e direzionale; nella classificazione olimpica viene definito come attività coordinativa complessa (Platonov).

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Nel tiro con l’arco coesistono varie capacità neuromotorie, citando le più pertinenti al lavoro troviamo:
1) forza
2) velocità o rapidità
3) resistenza muscolare
4) dominanza posturale
5) gesto ciclico
6) coordinazione e destrezza
7) impegno metabolico anaerobico alattacido
8) rapporto tra stabilità e prestazione e tra stabilità del corpo e braccio dell’arco (massa distale)
9) interazione dei tre sistemi posturali per il mantenimento dell’equilibrio (visivo, vestibolare e archeo propriocettivo)
10) gestione dell’ansia e capacità di attivazione e disattivazione mentale intervallata.

La sequenza di tiro in un arciere evoluto si concretizza nei seguenti punti:
1) posizionamento piedi, larghezza spalle con piede dominante parallelo al bersaglio e piede opposto aperto a 45°, bacino in direzione bersaglio in medesima angolatura dei piedi
2) incocco freccia
3) posizionamento mano arco, nocche a 45° con equa pressione fra pollice, indice e palmo
4) presa corda
5) aggancio visivo del bersaglio, con posizionamento della testa che rimarrà così fino alla fine del tiro
6) sollevamento arco
7) trazione corda, iniziale con attivazione del braccio e successivo trasferimento ai muscoli del tronco, con avvicinamento scapolare a ritmo non uniforme verso la colonna vertebrale
8) ancoraggio, corda al centro del naso e verso il lato destro del mento
9) controllo corda allineata con il mirino
10) mira
11) rilascio, dita della corda che si rilassano e vengono aperte dalla tensione della corda
12) “follow through”, mantenimento della sequenza di tiro da parte del braccio arco e braccio corda (realizzazione cosciente dell’avvenuto schema motorio).

Non tutti nascono arcieri evoluti, compito di chi li accompagna nel percorso di formazione sportiva è farli diventare arcieri evoluti.
A tal proposito, in qualità di preparatore atletico, è da qualche anno che ricerco e applico strategie allenanti che possano aiutare gli atleti nella crescita agonistica e parallelamente i tecnici nel percorso di sviluppo tecnico, il tutto cercando di analizzare il più coerentemente possibile le azioni dinamiche e statiche, le caratteristiche personali di ogni singolo atleta, le indicazioni tecniche che mi vengono fornite e quanto altro ancora mi possa essere utile senza scadere nelle mode di nuovi mezzi allenanti (che poi tanto nuovi non sono).
L’analisi fatta sul campo mi ha portato a credere che l’esercizio di strappo possa essere un utilissimo mezzo da usare nel percorso dello sviluppo atletico dei giovani arcieri per diverse ragioni che esporrò più avanti.

SCOPO

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Come anticipato, ritengo l’esercizio di strappo utile nell’allenamento del giovane arciere per diversi aspetti:
1) serve per lo sviluppo delle abilità organico-muscolari citate nel modello prestativo e allenabili secondo le finestre temporali
2) attiva in sequenza e nella loro totalità le linee miofasciali impegnate nel gesto tecnico e le sviluppa simmetricamente
3) sviluppa nell’allenamento l’apprendimento delle abilità coordinative complesse
4) coniuga il controllo della forza con l’applicazione della forza stessa

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In sostanza si tratta di un mezzo di sviluppo delle abilità organico-muscolari e coordinative, che può contenere all’interno dell’attrezzo sollevato delle varianti (come l’acqua, che bene si associano a quelle utilizzate negli archi in plastica) che possono arricchire l’esperienza di controllo motorio e nel contempo consentire di lavorare in prevenzione sugli anelli deboli della sequenza di tiro (cingolo scapolo-omerale e scapolo-toracico) e quindi prevenire eventuali traumi dati sia dall’applicazione sbagliata delle forze che dai “libraggi” usati, che nell’arco ricurvo possono andare dalle 14 libbre iniziali fino alle 42 libbre e in alcuni casi anche oltre.
La scelta fra l’esercizio di strappo e quello di slancio non è data da una particolare simpatia verso un esercizio o un altro, ma da un ragionamento derivante dall’osservazione di molti arcieri sia del settore giovanile sia del settore senior e da una comparazione fra di loro e fra i mezzi dell’allenamento usati in fase generale e in fase specifica (sempre che abbia ancora senso parlare di queste fasi).
Credo che in una sequenza temporale e quindi contestualmente in una pianificazione di lungo termine, l’esercizio di strappo sia più indicato nei giovani, per le ragioni sopra esposte (e per altre che esporrò di seguito), per il suo diverso utilizzo nelle varie sequenze dell’unità d’allenamento, come test funzionale completo o suddiviso in parti segmentarie (come lo squat test elaborato da Francesco Cuzzolin).
In un ottica di suddivisione della sequenza dell’esercizio di strappo e slancio, il primo è applicabile nei giovani come allenamento a carattere fondamentale mentre il secondo assume connotazioni a carattere speciale per lo stimolo diretto sui muscoli impegnati nella sequenza di tiro.

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ANALISI

La decisione di utilizzare l’esercizio di strappo nasce dalle seguenti riflessioni e trova la sua applicazione come conseguenza delle stesse:

POSTURA DI TIRO: verticale, stazionaria, su due appoggi, svolgimento del gesto tecnico in assiale con due movimenti fondamentali tiro e spingo, a catena chiusa (arti inferiori) e catena aperta (arti superiori), la quasi totalità delle azioni avviene sul piano frontale (linea braccio arco e braccio corda).

AZIONE DINAMICA DI TIRO: nell’azione di tiro troviamo coinvolte le seguenti linee miofasciali (ANATOMY TRAINS – THOMAS W. MYERS):
A- linea superficiale posteriore
B- linea superficiale anteriore
C- linea profonda frontale (stabilizzazione, supporto e bilanciamento)
D- linea del braccio, frontale e posteriore profonda e superficiale
E- linea a spirale.

ANALISI SUL CAMPO: in una analisi fatta su arcieri (22 in totale) dove sono stati utilizzati test da campo (a secco il core stability secondo McGill e Gambetta) per verificare come le tensioni generate dal tiro incidevano su tronco, arti inferiori e superiori, si è potuto notare che l’azione tensiva si manifestava principalmente sulle spalle e sulle braccia e generava posture in iperlordosi quando la fase di mantenimento eccedeva i 10” e successive posture compensatorie (principalmente piano trasversale e sagittale)del bacino; i test venivano somministrati prima del tiro.
L’analisi effettuata ha evidenziato, a mio parere, che, oltre alla mancanza di forza non ci sia la “comunicazione” fra le linee miofasciali e che i tre segmenti principali (gambe, core e spalle) agiscano come tre settori separati.
In conclusione l’azione dinamica di tiro genera forze che in questo caso rimangono all’interno del corpo in una sorta di “circuito chiuso”, passando dalla linea a spirale (movimenti torsionali), ma bloccate a livello del core.
L’anello debole di questo circuito risulta pertanto essere:
1) la trasmissione delle forze stesse lungo le linee di movimento
2) la parte bassa che non “riceve” e conseguentemente trasmette le forze (in parte oppure la loro totalità) al terreno riutilizzandole successivamente come reazione contraria
3) blocco di asse coxo-femorale, core, scapolo omerale

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arco5STRAPPO E AZIONE SULLE LINEE MIOFASCIALI: l’azione agente sulle linee miofasciali o grazie ad esse, coincide con il gesto tecnico. Questo è vero per tutta la sequenza, anche se l’arciere non necessita della fase aerea, quella di incastro e risalita, ma in questo contesto non classifico l’esercizio come fondamentale o speciale bensì come allenante le linee e la loro interazione (coordinativa e organico-muscolare).
Lo strappo permette la comunicazione e la trasmissione di forze fra i tre assi, coinvolgendo le fasce con movimento core centrico, attivando fortemente anche la fascia a spirale terminando il movimento in fase di risalita con una X, coincidendo con la postura di tiro (stazionaria, verticale, assiale, su due appoggi). Allena il riutilizzo delle forze di reazione al terreno (azione – reazione) e si sviluppa in azione a catena chiusa e aperta, allenando un movimento intransitivo e transitivo, cedendo ad una forza per sviluppare forza volontaria (Gambetta), generando un transfert iniziale positivo non solo per il gesto tecnico ma per la creazione di schemi motori alternativi al gesto stesso che possono tornare utili in fase di plateau dell’atleta, che generalmente si evidenzia in un peggioramento della sequenza di tiro; la sequenza corretta pertanto risulta essere: terreno – gambe – anche – tronco – spalle – braccio – polso.

ESECUZIONE MOTORIA SIMMETRICA: come visto nel modello prestativo, il tiro con l’arco risulta essere un’attività sportiva di coordinazione complessa, tuttavia il problema nasce dal fatto che è una coordinazione che sviluppa un movimento asimmetrico, questo si evince anche dalle linee delle spalle e dei muscoli posteriori della schiena dove troviamo il braccio dell’arco e i seguenti muscoli del tronco in arretramento (maggiormente addotti) sull’asse longitudinale o poco tonici rispetto ai controlaterali del braccio della corda; il movimento di avvicinamento scapolare verso la colonna (movimento richiesto dal gesto e che avviene con ritmica differente) porta ad avere nella maggior parte dei casi la scapola del braccio della corda piatta mentre la scapola del braccio dell’arco leggermente “scollata” o nella peggiore delle ipotesi entrambe scollate.
La tecnica di strappo implica, differentemente dall’azione tecnica, un’esecuzione motoria simmetrica e quindi risulta estremamente positiva per la correzione delle asimmetrie, propedeutica per il futuro allenamento della forza (che è in grado di ristabilire simmetrie muscolari anche in atleti “sviluppati” e adulti), esecuzione che rinforza i muscoli posteriori del tronco e ne migliora la consapevolizzazione, il così detto “sentire i muscoli”; rinforza il cingolo scapolo omerale e scapolo toracico (gli anelli deboli dell’arciere); migliora la coordinazione intra ed inter muscolare e risulta pertanto essere un esercizio coincidente sotto molti aspetti e fattori ai gruppi muscolari impegnati nel tiro.

FRAMMENTAZIONE DEL GESTO: propedeutica per la creazione di un nuovo e complesso schema motorio credo sia la sua frammentazione: al fine di capirne la sequenza si scompone il movimento nelle sue parti fondamentali e in successione lo si ricompone come gesto completo sia in forma classica che arricchendolo con l’aggiunta di varianti più o meno complesse.
L’esercizio di strappo ben si presta a questa scomposizione, suddiviso in 5 frazioni fondamentali: fino al bacino, fino alle spalle, sopra la testa, sopra la testa con accosciata e infine risalita. Implica l’attenzione sui 5 passaggi che a loro volta richiedono altre attenzioni nel loro svolgimento, una formazione nella formazione; è possibile suo utilizzo anche come test funzionale complesso.

STRAPPO E CORE*: secondo Gambetta, il core va allenato in tutti i piani del movimento con esercizi di stabilizzazione, flesso estensione, torsione, lanci e prese. In questa sequenza allenante l’esercizio di strappo diventa un mezzo quasi essenziale in una possibile routine di riscaldamento specifico in seduta tecnica, con attivazione dei muscoli stabilizzatori e mobilizzatori del core.

GESTO MENTALE: è risaputo che ciò che influenza non positivamente una performance è lo stato d’ansia. Le immagini mentali estremamente semplificate che si possono generare con questo esercizio sono:
1) gesto di vittoria, braccia al cielo
2) sollevare sopra la testa un peso
3) mettersi alla prova
4) mettersi in gioco
5) sfidare un compagno (migliorando il carattere agonistico)
6) miglior acquisizione di fiducia in se stessi
7) reset positivo utilizzabile in gara.

DISCUSSIONI

La maggior parte delle conclusioni alle quali sono arrivato per affermare che questo gesto motorio possa essere un nuovo mezzo allenante per il tiro con l’arco si basa sulle esperienze dirette e su aspetti chiave colti nella letteratura e che hanno dato sostegno a questa tesi.

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FRAMMENTAZIONE DEL GESTO: la programmazione dell’allenamento passa per la definizione di un obiettivo, la valutazione, la ricerca della stabilità e del bilanciamento muscolare, la ricerca di adeguati livelli di forza e potenza e l’integrazione di tutti i movimenti.
La frammentazione del gesto da un punto di vista operativo converte i movimenti fondamentali in elementi allenanti e costituisce la base di qualunque progressione, meccanica, energetica, coordinativa.
Qualunque movimento fondamentale deve essere prima sostenuto da una pre-attivazione del centro (core) – (Andorlini).

ALLENAMENTO PROPRIOCETTIVO: da sempre con gli arcieri viene utilizzato l’allenamento propriocettivo per: migliorare la stabilità o l’equilibrio nella postura di tiro. Questo però implica una diminuzione dell’efficacia della vista che nel caso di un arciere deve svolgere un ruolo fondamentale di puntatore e non di ancoraggio per mantenere l’equilibrio. A tal riguardo l’esercizio di strappo ben si presta all’allenamento della stabilità senza incidere sull’apparato visivo ma principalmente su quello vestibolare.
Uno studio pubblicato su Scienza & Sport (n° 31) mette a confronto proprio l’allenamento propriocettivo con i sistemi vestibolare e visivo e i risultati della ricerca indicano che nella memorizzazione e rappresentazione mentale della posizione verticale (statica), le informazioni provenienti dalle afferenze del sistema otolitico sono primarie rispetto agli input visivi e propriocettivi. Questo sta ad indicare che, oltre a influenzare le vie di informazione afferenti diverse, la posizione statica, come spesso accade con lo sguardo rivolto verso un punto fisso su pedana instabile, tende ad escludere il sistema visivo che invece assume un ruolo strategico di situazione e di equilibrio.

MOSTABILITY: Gambetta e Andorlini utilizzano il termine Mostability (coniato da G. Gray) per identificare l’interazione fra mobilità e stabilità, indicando la mobilità come l’abilità propriocettiva che consente al corpo di muoversi in modo controllato e la stabilità come l’abilità propriocettiva che permette di controllare la forza richiesta dal movimento o il movimento generato dall’applicazione della forza stessa; mobilità e stabilità dipendono dall’interazione dei muscoli locali e “globali”. Un deficit in termini di stabilità può presentare una disfunzione su una intera linea miofasciale che verrebbe compensata con limitazioni di movimento e conseguenti compensazioni, incidendo e peggiorando ulteriormente l’asimmetria data dal gesto tecnico.

TEORIA DEI SISTEMI DINAMICI E ALLENAMENTO DELLA COORDINAZIONE: la teoria dei sistemi dinamici formulata da Bernstejn afferma che le connessioni fra vie nervose afferenti (sensoriali) ed afferenti (motorie) avvengano non a livello del sistema nervoso centrale, ma a livello periferico del midollo spinale, dove il sistema centrale decide l’obiettivo di un’azione ma sarebbe poi l’interazione percezione-azione a determinare esattamente come questo comando generale debba essere messo in atto; grazie a questo sistema e agli aggiustamenti rapidi del movimento dovuti ad una sorta di “pre-feedback” si stimolano massimamente le fasi dell’apprendimento motorio, passando dalla coordinazione grezza, a quella fine, a quella di sviluppo delle disponibilità variabili (fase attribuibile ad atleti di altissimo livello).

CONCLUSIONI

I maestri insegnano che non possono esserci conclusioni, ma solo trasformazioni che danno inizio a nuovi percorsi; questo semplice e assai sintetico lavoro nasce da riflessioni di chi nel tempo ha studiato, ricercato, provato e con grande gioia trasmesso. Pertanto le conclusioni di questo elaborato sono frutto di trasformazioni che prendono origine da questi scritti:
Vittori: “L’allenamento sportivo è un processo pedagogico che si concretizza nell’organizzazione dell’esercizio fisico ripetuto in quantità e con intensità tali da produrre carichi progressivamente crescenti, che stimolino i processi fisiologici di super compensazione dell’organismo e favoriscano l’aumento delle capacità fisiche, psichiche, tecniche e tattiche dell’atleta, al fine di esaltarne e consolidarne il rendimento in gara”.
Bellotti/Donati aggiungono: ”Processo pedagogico-educativo complesso che si concretizza nell’organizzazione dell’esercizio fisico ripetuto in quantità, intensità, forma e gradi di difficoltà tali da favorire e consolidare l’assimilazione di abilità sempre più complessi ed efficaci (riferendosi a quegli sport dove le abilità complesse sono predominanti)”.
Bellotti: “La forza è un concetto semplice ma complesso allo stesso tempo. Semplice perché viene prima di tutti: è al principio, è un principio. Complesso perché è un uno. La forza è un uno, una estrema sintesi, che si raccoglie e si dice nell’unità. É tra i principi del moto umano. Il moto si comprende solo se lo si identifica nella forza, il suo equivalente”.
Andorlini: ”CORPO: la funzione del corpo è la vita di relazione o in relazione, con persone o cose. Proiettare i propri movimenti verso se stessi o verso gli altri. Muoversi per conseguire obiettivi, mantenendo il controllo sugli equilibri che lo compongono in un area di comfort ottimale. MOVIMENTO: La funzione del movimento è:
1) equilibrare i volumi del corpo in opposizione alla gravità
2) permettere la relazione con le forme esterne (cose o persone)
3) permettere una finalizzazione gestuale (prendere, tirare, spingere, ecc.)
4) ampliare la propria zona di comfort

L’esercizio di strappo applicato nella giusta proporzione allenante già in giovane età, costituisce uno fra i mezzi utilizzabili per sviluppare nuove capacità di forza che permettono una migliore gestione del movimento, al fine di ottenere una performance di livello elevato anche in un contesto come il tiro con l’arco ricurvo.

Il CORE è quell’insieme di muscoli situati nella parte centrale del nostro corpo (addominali, obliqui, glutei, adduttori, psoas, ecc.) e viene sollecitato in ogni movimento che facciamo nella vita quotidiana (scendere le scale , correre, alzarsi dal letto, ecc.). È il baricentro del corpo.
Il Core interviene sempre quando devi mantenere l’equilibrio. È il corsetto muscolare del corpo, è il punto da dove parte il movimento. Avere il Core allenato vuol dire avere il corpo forte e resistente, che si muove con facilità.

Si parla di CORE STABILITY quando l’esercizio è mirato al rinforzo di questa zona, esercizio che prescinde da età, peso e livello di forma fisica del soggetto, in quanto il CORE deve essere comunque sollecitato e condizionato in ogni caso. Per raggiungere questo obbiettivo occorre quindi rinforzare e stabilizzare i muscoli del corsetto addominale, cioè: retto addominale – addominali obliqui – trasverso – muscoli para spinali – quadrato dei lombi – pavimento pelvico.
Il miglioramento del tono di questi muscoli, oltre a garantire un equilibrio funzionale, protegge attivamente il rachide lombare, quello che più spesso risulta sofferente.

Per allenare in maniera corretta il CORE, si deve partire dal presupposto che la necessità è quella di sensibilizzare, più che rinforzare, muscoli che sono spesso deboli, come il trasverso e gli obliqui, in quanto la forza di gravità e una scorretta postura tendono a renderli ipotonici. È necessario perciò non tanto possedere muscoli forti, quanto sviluppare la loro reattività e mantenerli propriocettivamente sollecitati.
La localizzazione del CORE non è individualizzabile solo nella zona della cintura addominale ma si estende superiormente e inferiormente fino a racchiudere una zona più ampia rispetto al corsetto. Diciamo allora che il CORE non è definito anatomicamente e che si divide in due parti: gruppi muscolari dell’anca (anteriore posteriore del tronco) e pavimento pelvico – la fascia toraco lombare … “cioè quella fascia che avvolge il torace e la parte lombare”. Va aggiunta poi una componente: la pressione intraddominale, fondamentale per la stabilità funzionale del CORE.
In conclusione, il CORE è definibile come il raccordo finalizzato alla stabilizzazione, ma anche come elemento di trasferimento di forze dalla parte bassa alla parte alta del corpo. L’allenamento del CORE deve quindi contenere una combinazione di forza, flessibilità e controllo. L’allenamento deve essere perciò di carattere funzionale (studio del 1981 di Gracovetsky).
(Fonte: http://www.my-personaltrainer.it/allenamento/core-training.html)

BIBLIOGRAFIA

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2. Istituto di Scienza dello Sport del CONI, Dipartimento di Medicina dello Sport – Roma: IL TIRO CON L’ARCO – Edizione Minerva Medica (articolo pubblicato sul volume 56 – n. 1 – Marzo 2003)
3. FITARCO: FORMAZIONE ALLENATORI E ISTRUTTORI – Manuale a cura di Roberto Finardi
4. Platonov V.N.: FONDAMENTI DELL’ALLENAMENTO E DELL’ATTIVITÀ DI GARA – Calzetti & Mariucci Editori
5. Urso A.: LE BASI DELL’ALLENAMENTO SPORTIVO – Calzetti & Mariucci Editori
6. Andorlini A.: ALLENARE IL MOVIMENTO – Calzetti & Mariucci Editori
7. Gambetta V.: LO SVILUPPO ATLETICO – Calzetti & Mariucci Editori
8. Donati A., Bellotti P.: L’ORGANIZZAZIONE DELL’ALLENAMENTO SPORTIVO. NUOVE FRONTIERE – Società Stampa Sportiva Roma
9. Riva, Trevisson, Minoletti, Venturin, Riccio: IL CONTROLLO POSTURALE STATICO E DINAMICO IN APPOGGIO MONOPODALICO – Il Fisioterapista 2, Marzo-Aprile 2001
10. Meduri, Pileri, D’Antona: INSTABILITY BALANCE – VANTAGGI O SVANTAGGI? – Scienza & Sport, n° 31, Luglio-Settembre 2016
11. Bortoli, Robazza: L’APPRENDIMENTO DELLE ABILITÀ MOTORIE – SdS, n° 109, Aprile-Giugno 2016
12. Berstejn N. A.: IL PROBLEMA DELL’INTERAZIONE TRA COORDINAZIONE E LOCALIZZAZIONE – Arch. Biol. Nauk, 38, 1935
13. Dietrich M., Klaus C., Klaus L.: MANUALE DI TEORIA DELL’ALLENAMENTO – Società Stampa Sportiva Roma
14. Umili A.: L’ALLENAMENTO DELLA FORZA NEI GIOVANISSIMI – Calzetti & Mariucci Editori

SUPPORTO TECNICO

Duyvejonck Rita – Allenatrice Fitarco – Società Sportiva ASD Prince Thomas Ier, Aosta
Bertolotto Cristina – Tecnico 2° livello Fitarco, con specializzazione in allenamento giovanile – Società Sportiva ASD Arca Arcieri Alpignano, Torino

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L’Autore:
Davide Tessaro

  • Diploma di preparatore atletico FIF
  • Diploma riconosciuto in ambito nazionale da Ministero degli interni e CONI e in ambito internazionale da European Fitness Association
  • Diploma di allenatore / personal training FIPE

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