Riabilitazione

L’OSTEOPATIA: UN AIUTO CONTRO IL DOPING?

Giuseppe Colamonaco – Osteopata

Francois Le Corre – Serge Toffaloni
Iniziazione all’Osteopatia
EDIZIONI MEDITERRANEE

L’Osteopatia è stata fondata nel 1874 da Andrew Taylor Still, un medico americano convinto che l’organismo racchiuda in se stesso la capacità di reagire vittoriosamente contro le malattie. È l’unica disciplina medica complementare che permette di diagnosticare e trattare, attraverso la manipolazione delle deviazioni articolari, squilibri e patologie che colpiscono le funzioni corporee riportandole alla normalità fisiologica.
INIZIAZIONE MEDITERRANEE: È una nuova iniziativa editoriale che propone all’attenzione dei lettori stimolanti argomenti per la conoscenza dei fenomeni e delle discipline che facilitano la comprensione dell’universo e producono miglioramenti nella vita di tutti i giorni. Un’informazione attenta e aggiornata per soddisfare le curiosità di chi cerca la via della propria evoluzione.

Il doping è diventato una piaga, che purtroppo, coinvolge una buona parte degli sportivi; non solo sono i grandi nomi del mondo sportivo a lasciarsi tentare, ma anche quelle persone che hanno la voglia di vincere ad ogni costo. Le cronache sportive ci hanno fatto comprendere che nemmeno i campioni dalla faccia pulita sono davvero tali.
Il Giro d’Italia, il Tour de France sono eventi sportivi importanti per il mondo del ciclismo, eppure hanno vissuto in questi ultimi anni momenti drammatici, ciclisti sospettati di doping mandati via a casa, medici e direttori sportivi increduli alle vicende di illecito da parte dei propri atleti, e infine ipotesi di “complotto” abbastanza surreali.
La verità è che pensiamo di essere di fronte a un problema nuovo, ma già più di trenta anni fa il campionissimo belga Eddy Merckx risultò positivo al doping e venne fermato in maglia rosa nelle tappe finali del Giro e ancora il velocista canadese Ben Johnson, venne espulso dai giochi olimpici di Seul dopo essere sceso sotto la barriera dei 9″9 nei 100 metri; per non parlare dei campioni di nuoto della vecchia Germania Est, che venivano “dopati” con l’ormone della crescita.
Il C.I.O. Comitato Olimpico Internazionale, ha definito doping quelle sostanze estranee al corpo o che aumentano l’effetto fisiologico di quelle già presenti nel corpo, assunte con lo scopo di aumentare la performance nella competizione.
Da un punto di vista etico, gli atleti che ingeriscono queste sostanze proibite, ottengono un vantaggio per migliorare la loro prestazione, ma il vero problema dell’uso di sostanze dopanti nello sport sono i potenziali effetti negativi che esse hanno sulla salute, effetti che gli atleti spesso sottovalutano.
L’uso di tali sostanze può essere causa di morte (per problemi acuti e cronici): si passa dall’arresto cardiaco, al cancro, ai problemi psicologici come le tendenze al suicidio e la depressione.
Gli atleti che abusano delle sostanze proibite, possono risultare come dei modelli da imitare da parte dei giovani adolescenti, e questo aspetto è una causa sociale del fenomeno.
Il campione statunitense Carl Lewis, evidenzia tre aspetti negativi della vicenda droga e sport:

  • gli atleti non conosceranno mai la reale potenza di se stessi
  • ci sono rischi per la salute
  • l’atleta è abbandonato a se stesso.

Zednek Zeman, allenatore di calcio, alcuni anni fa sollevò la questione doping, dicendo che atleti in buona salute non dovevano assumere “farmaci” che potessero in futuro danneggiare la propria salute.
Negli Stati Uniti sono stati realizzati dei programmi di educazione sull’argomento droga nelle scuole medie superiori, a questo è stato aggiunto un gruppo di supporto costituito da medici, psicologi e atleti implicati nella droga.
La domanda che ci poniamo è: “Come l’Osteopatia potrebbe intervenire nella soluzione del problema doping, proponendosi come strada alternativa a questa piaga sportiva?”.
Il punto di partenza del nostro ragionamento, è la filosofia di Still, “la struttura governa la funzione”; ma in che modo nell’ambito sportivo la struttura può incidere sulla funzione?
Ogni movimento mal controllato può stirare in modo anomalo il sistema capsulo-legamentoso e dare origine al dolore; le eccitazioni nocicettive determinano un aumento della scarica dei motoneuroni gamma nella metameria del corpo. Sembra provato che l’informazione propriocettiva raggiunge la coscienza anche lungo i cordoni anterolaterali del midollo spinale.
Fisiologicamente le fibre intra-fusali e le fibre-extrafusali si contraggono in parallelo: in caso di disfunsione, le fibre intra-fusali si contraggono mentre le extra-fusali si rilassano e ciò impedisce il rilassamento dei fusi neuromuscolari. Nel segmento in disfunzione, i motoneuroni gamma scaricano permanentemente e le fibre intra-fusali rimangono in uno stato di accorciamento.
I motoneuroni del sistema efferente gamma da un punto di vista fisiologico, sono in gran parte sotto il controllo di varie regioni encefaliche (fasci discendenti), cosicché la sensibilità dei fusi e, quindi, la soglia dei riflessi da stiramento può essere regolata di volta in volta nelle varie parti del corpo secondo le necessità di controllo posturale.
Anche altri fattori influenzano l’attività gamma; per esempio l’ansietà aumenta il fenomeno, cioè vi è l’esagerazione dei riflessi tendinei.
La stimolazione della cute, aumenta la scarica efferente gamma diretta ai fusi dei muscoli flessori ipsilaterali, mentre riduce quella diretta ai fusi dei muscoli estensori, con effetti nell’arto controlaterale.

Vi può essere il caso in cui la trazione esercitata raggiunge valori elevati e la contrazione cessa bruscamente; questo rilasciamento è detto riflesso da stiramento inverso ed è controllato dai recettori del Golgi formati da un network di terminazioni nervose, situato fra i fascicoli del tendine.

Perché le tecniche osteopatiche funzionano?

È un’altra domanda, ricorrente, che trova la sua risposta dalle considerazioni fatte precedentemente. Ogni tecnica ha un’azione specifica su un elemento anatomico, con un fine neurologico e meccanico preciso.
L’obiettivo delle tecniche usate in osteopatia è quello di ridurre la frequenza degli scarichi del sistema gamma, al fine di ripristinare la mobilità articolare.
Ad esempio, ogni movimento attivo o passivo, come avviene per le tecniche ritmiche, produce fenomeni di facilitazioni o inibizione, infatti, come è stato detto, superato un certo limite di tensione lo stretch riflesso si inverte e diventerà inibitore a causa dei recettori tendinei di Golgi.
L’azione dei recettori del Golgi, è evidente nelle tecniche di energia muscolare “muscle energy“: essi ad ogni contrazione isometrica inibiscono i motoneuroni gamma e alfa e così l’operatore riesce a guadagnare una nuova barriera muscolare.
Allo stesso modo possiamo utilizzare l’inibizione reciproca di Sherrington, dove il lavoro dell’agonista provoca l’inibizione dell’antagonista.
Altro aspetto importante è l’esecuzione del trattamento osteopatico di base che ha un suo significato fisiologico, questo consente di apportare al paziente dei benefici.
I tratti aggancianti e quelli tirati, vanno a stimolare gli organi di senso, attraverso fibre che arrivano al SNC. Queste fibre afferenti hanno i loro corpi cellulari nei gangli delle radici dorsali o nei gangli equivalenti dei nervi cranici. Entrano nel midollo spinale o nel tronco encefalico e formano connessioni riflesse polisinaptiche con i motoneuroni a vari livelli del midollo spinale, come pure con neuroni delle vie ascendenti che portano impulsi alla corteccia cerebrale.
Tutte le considerazioni fatte ci portano a comprendere che le tecniche di correzione ed il trattamento riflesso del dorso (di base) possono essere l’arma in più nell’aumento della performance dell’atleta.
Il riassetto della colonna vertebrale apporta una miglioria nella prestazione; l’uso del trattamento riflesso riesce a migliorare lo stato fisico e psicologico influenzando il bioritmo dell’atleta.

Influenza sulla prestazione atletica del riassetto posturale osteopatico

Eseguendo un trattamento osteopatico su atleti è possibile ottenere evidenti migliorie nella prestazione; il trattamento da approntare è quello del riassetto posturale della colonna vertebrale (allineamento), questo lo si fa in particolare per i ciclisti.
Un esperimento è stato condotto su alcuni atleti della polisportiva Flessofab-Pomilia di Nocera Superiore (SA); il medico osteopata ha praticato un riassetto posturale della colonna vertebrale su ciclisti di età compresa tra i 14 ed i 18 anni.
La metodica adottata, che comunque ha bisogno di avvalersi di una casistica più ampia, è stata quella di eseguire su sette atleti un trattamento di riassetto posturale vertebrale, tenendo presente che su alcuni ciclisti non è stato fatto nessun tipo di riassetto (false manovre).
Gli atleti che sono stati sottoposti al riassetto posturale hanno presentato alla fine della prestazione le seguenti migliorie:

  • maggiore forza e maggiore velocità
  • più agilità articolare
  • riduzione e scomparsa del dolore alla schiena durante la gara
  • diminuzione della stanchezza.

La conferma delle caratteristiche sopra evinte è stata data da quegli atleti che, non sapendo di non essere stati trattati (false manovre), hanno affermato di aver eseguito una prestazione normale, senza aver avvertito sollievo.
Da notare che dopo aver verificato l’influenza del riassetto posturale nella prestazione atletica sulla distanza di 8 km, gli atleti trattati hanno continuato la prestazione in scioltezza, evidenziando palesemente un minor affaticamento.
Il trattamento di riassetto posturale vertebrale da eseguire per ottenere una buona performance è il seguente:

  • testare la mobilità vertebrale con un test in carico
  • “trazionamento” della colonna vertebrale sulla espirazione
  • riassetto, con l’ausilio della posizione del test in carico o del test in scarico.

A questo protocollo si possono aggiungere altre tecniche di riassetto, ma già l’utilizzo di quelle citate sopra consente di ottenere una buona efficacia sulla prestazione atletica.

Influenza sulla prestazione atletica del trattamento riflesso e conseguenze positive sul bioritmo

Prima di descrivere la eventuale influenza che il trattamento di base potrebbe avere sul bioritmo, converrebbe evidenziare, per grandi linee, le basi fisiologiche che rendono possibile l’azione sull’organismo del trattamento riflesso.

Le basi neurologiche

Il percorso neuronale che parte dalle zone di riflesso (muscolare o tessuto connettivo) si dirige tramite le vie sensitive, passando per il ganglio spinale, verso la radice posteriore, poi per la presenza dei neuroni di associazione verso la radice anteriore, e mediante il ramo comunicante bianco verso il ganglio della catena laterale.
Esiste una interazione fra tutti i tipi di cellule nervose poste in un segmento del midollo spinale.
In caso di patologia viscerale, i tessuti e gli organi del segmento vengono innervati da quel determinato tratto del midollo; il segmento in tal caso si trova saturo di informazioni (facilitazione).
Anche l’aumento della tensione del tessuto cutaneo e sottocutaneo è rapportata ad una distribuzione segmentaria sottoposta egualmente ad una regolazione nervosa.
La localizzazione delle irritazioni dovute a queste fibre nervose è dovuta alla regione dei segmenti D3-L2 dalla quale si dipartono le fibre nervose vegetative che innerveranno le superfici del corpo, inclusa la regione trigeminale e dei segmenti sacrali. Le fibre vegetative sono dunque responsabili dei disturbi della tensione tissutale e della turgescenza a livello del tessuto sottocutaneo.
Le manovre irritanti o calmanti vengono trasmesse a partire dal midollo spinale e distribuite tramite le fibre nervose vegetative ai dermatomi (almeno tre o quattro).

Aspetti neurofisiologici

Partendo dal fenomeno della facilitazione, ci possiamo spiegare la diffusione di una eccitazione (subliminale) che da sé non provoca nessuna reazione ma che va a sensibilizzare le cellule viciniori; in tali cellule avviene così una sommazione delle ulteriori eccitazioni subliminari che produce una reazione.
Una reazione sopraliminare può produrre, dopo l’evento reattivo, una fase di stallo detta refrattaria durante la quale la cellula non è eccitabile (inibizione). In pratica per determinare una reazione la cellula nervosa obbedisce alla legge del tutto o niente.
Da questo ragionamento si può dedurre che se ci troviamo con eccitazioni troppo importanti, tutto il campo si trova facilitato e la minima eccitazione subliminare può dare una reazione importante e imprevedibile.
Il trattamento riflesso di base permetterà, quindi, di:

  • assicurarsi della sensibilità dell’individuo (soglia di reazione)
  • ripristino dell’equilibrio vago simpatico
  • utilizzazione dei riflessi in direzione cranica per agire a distanza sui segmenti superiori.

Trattamento riflesso

La manipolazione del tessuto connettivo si appronta facendo dei tratti tirati (terzo dito margine ungueale) e dei tratti aggancianti (terzo dito).
La mano può essere in pronazione o in supinazione a seconda della morfologia che si presenta e delle zone da trattare.
Lo scopo è di normalizzare lo stato generale dell’atleta.
Andiamo a stimolare il parasimpatico sacrale utilizzando sette tratti:

  1. Dalla SIPS alla SIAS passando sotto la cresta iliaca
  2. Dalla SIPS orizzontalmente verso la SIAS
  3. Dall’esterno della piega interglutea al grande trocantere passando sotto il gluteo
  4. Piccoli tratti a ventaglio nello spazio lombo-sacro-iliaco
  5. Da L4 alla cresta iliaca verso il basso e in fuori
  6. Da L4 a D12 tratti obliqui verso il basso lungo la spina dorsale e tratti interspinosi
  7. Tratto calmante dall’appendice xifoidea dello sterno a D12 sotto la griglia costale con 2 o 3 dita.

Le reazioni che il paziente potrà avere sono:

  • LOCALI: arrossamento, emorragie intratessutali e cuscinetto per poche ore
  • NEURALI: sudorazione, lipotimia, raffreddamento cefalico
  • UMORALI: stanchezza, stato febbrile, eccitazione

Analizzando le reazioni prodotte dal trattamento riflesso è consigliabile sottoporre l’atleta a tale procedura il giorno prima della gara in modo che i tessuti possano avvertirne i benefici.
Questa ultima considerazione pone una domanda: “Il bioritmo in che maniera potrebbe essere influenzato?”
Prima di dare una risposta al quesito cerchiamo di capire brevemente che cosa è il bioritmo.
I bioritmi sono processi biologici che compaiono ad uguali intervalli di tempo, assumendo un caratteristico andamento ritmico sinusoidale. Fenomeni bioritmici sono considerati l’alternarsi del sonno e della veglia, il ritmico succedersi, nei vari momenti del giorno e della notte, dei valori della temperatura corporea e dei processi metabolici. Si ritiene che essi siano legati all’influenza di fattori ereditari, alimentari, ecc.
Secondo alcuni studiosi i ritmi (negativi e positivi) che caratterizzano l’attività dell’individuo si possono suddividere in tre componenti:

  • intellettuale
  • fisico
  • psicologico

Il susseguirsi di questi fattori è ciclico, ragion per cui sono calcolabili a partire dalla data di nascita:

Precedentemente è stato descritto in che modo il trattamento riflesso possa dare benefici all’organismo, inoltre anche lo stato psicologico può essere influenzato dato che l’effetto benefico del trattamento di base può rilassare la persona anche da un punto di vista mentale.
Il bioritmo presenta nelle sue componenti due aspetti che possono correlarsi allo stato di benessere prodotto dal trattamento riflesso, lo stato fisico e lo stato psicologico.
Trattando l’atleta, come capita anche con gli altri pazienti, con il trattamento costitutivo di base, possiamo liberare il nostro soggetto dalla pesantezza fisica di una gara e incidere sullo stato di stress psicologico con un benessere mentale.
Ovviamente, viste le reazioni possibili e anche, in rari casi, imprevedibili del trattamento riflesso, è consigliabile procedere al trattamento dopo la gara (alcune ore), in modo che le successive ore di sonno, possano imprimere maggior efficacia alle stimolazioni vegetative procurate dalla manipolazione osteopatica.
Il giorno successivo l’atleta avvertirà una sensazione di leggerezza generale e uno stato di benessere che in prima istanza sembrerà aver annullato la fatica del giorno prima.
È consigliabile comunque, trattare i pazienti già prima delle gare ufficiali, almeno una volta a settimana, e nelle corse a tappe attendere tre giorni dall’ultimo trattamento.

ESEMPIO DI TRATTAMENTI OSTEOPATICI

TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELL’OSSO ILIACO

L’ileo è costituito da un braccio corto e da un braccio lungo, che formano un angolo complessivo di 90°.
Il braccio corto è orientato da dietro verso avanti, su una angolazione di 45°, ed è obliquo dall’avanti verso il basso.
Il braccio lungo, è invece orientato obliquamente da avanti verso dietro, con una angolazione di 45°.
In osteopatia, il braccio corto è importante, poiché tutte le lesioni dell’iliaco e del sacro riguardano questo braccio, mentre il braccio lungo è puramente adattativo.
Le lesioni del braccio corto avvengono in rotazione:

  • lesione in rotazione anteriore, l’osso iliaco scivola in avanti e il corto braccio scende
  • lesione in rotazione posteriore, l’osso iliaco scivola indietro e il corto braccio sale

Le lesioni dell’osso iliaco, si sviluppano lungo l’asse trasverso inferiore (passante per l’estremità del lungo braccio); è un asse meccanico che rientra nell’ambito fisiologico; esistono anche lesioni iliache atipiche, non anteriori e non posteriori, che non rispettano nessun asse meccanico (out e in-flare ed up slip).
Bisogna ricordare che anche il sacro ha un asse lesionale, che è quello trasverso medio.
Prima di applicare la tecnica correttiva, dovremo adoperare dei test specifici che ci permettano di capire se si tratti di una lesione di ileo anteriore o di una lesione di ileo posteriore.
Descriveremo brevemente quelli principali che potrebbero servire per fare una discreta diagnosi osteopatica.

Test specifici per le lesioni iliache

  • T.F.E

È un test articolare di flessione che ci aiuta a capire se vi è la presenza di una lesione ileo-sacrale, ma non il tipo:

  • paziente in piedi
  • guardiamo l’altezza delle creste iliache
  • poniamo i pollici sotto le Sips e chiediamo al paziente di flettersi in avanti. Se esiste una differenza tra i due pollici, cioè se avremo un pollice più “alto”, potremo ipotizzare una lesione da quel lato.

  • Fabere o test di Patrik

È utilizzato per capire la condizione della articolazione coxo-femorale, e per stabilire se vi siano muscoli in spasmo.
Il test si esegue su entrambi i latic con il paziente in decubito dorsale; il medico osteopata effettua una flessione, abduzione e rotazione esterna prima di un arto e poi dell’arto controlaterale. Se noteremo una differente altezza delle ginocchia il test sarà positivo, per cui successivamente faremo il test del “corto braccio” e in caso di esito negativo potremo effettuare il Downing.

  • Downing test

Il paziente è in decubito dorsale; nell’esecuzione del test prendiamo come punti di riferimento i malleoli, per eseguire l’analisi di accorciamento o di allungamento.
– Allungamento dell’arto dal lato in lesione
Faremo una flessione, una rotazione esterna e una adduzione; questa manovra agirà sui legamenti di Bertin e aprirà la sacro-iliaca. A fine test unisco i piedi e noto la differenza tra i due malleoli.
– Accorciamento
Eseguiremo una abduzione, una estensione ed una rotazione interna. Uniremo nuovamente i piedi, guardando la differenza tra i due repere descritti. Quando l’allungamento è maggiore dell’accorciamento, parleremo di una lesione di ileo anteriore, viceversa quando è maggiore l’accorciamento rispetto all’allungamento, avremo una lesione di ileo posteriore.

  • Test del corto braccio

È di difficile attuazione per l’operatore, poiché i movimenti che egli deve avvertire sono minimi e lievi.
Il soggetto è in decubito dorsale, il medico osteopata pone le due mani sulle SIAS, con gli avambracci sull’asse del corto braccio. Si esercitano due pressioni uguali sui corti bracci:
– ileo posteriore, la mano affonda di più rispetto a quella del lato opposto
– ileo anteriore, la mano resta ferma e non va indietro rispetto all’altra.
L’esperienza personale ci dice che nei ciclisti, la posizione di eccessiva lordosi lombare incide molto sull’anca determinando una lesione di ileo anteriore.
Per gli sportivi è conveniente usare una tecnica di correzione di ileo anteriore, miotensiva. Descriveremo di seguito anche le tecniche strutturali con “Thrust”, per la correzione di un ileo anteriore.

Tecnica miotensiva “muscle energy” per ileo anteriore

In questa tecnica utilizzeremo il grande gluteo e gli ischio-crurali per tirare in posteriorità l’ileo anteriorizzato.
Paziente in decubito dorsale, e medico osteopata seduto sul lettino, con il torace contro l’arto flesso del soggetto.
La mano esterna aggancia la SIPS e la mano interna rimane sull’ischio. Nella manovra il medico osteopata spinge sulla gamba flessa ed il paziente resiste, alla espirazione contemporaneamente lavora con le mani sull’ileo cercando di posteriorizzarlo.
Una seconda tecnica, è quella di invertire la posizione delle mani, la mano esterna prende l’ischio e quella interna va sulla SIAS. Se il paziente ha problemi al ginocchio, potremmo poggiare il suo arto inferiore sulla nostra spalla ed eseguire la tecnica.

Tecniche di correzione strutturale di un ileo anteriore

  • Tecnica a volante

Il paziente è disteso sul fianco, la lesione va in alto. Il medico osteopata si mette di fronte alla lesione.
“Installazione” delle leve: la superiore comprende il tronco ed il sacro, quella inferiore comprende l’osso iliaco e l’arto inferiore del lato in lesione. Dopo l’installazione e il blocco delle leve il paziente si troverà disposto nella posizione classica. La mano cefalica va sul cingolo scapolare e il suo avambraccio si adagia sullo sterno, mentre la mano caudale contatta la SIAS e il suo avambraccio cade sull’ischio.
Alla espirazione del paziente, si esegue la messa in tensione e poi la riduzione con il “Thrust” (giriamo l’avambraccio sull’ileo come se fosse un volante). Una variante della tecnica precedente, è di disporre la mano caudale sull’ischio con l’avambraccio sull’asse del lungo braccio. La riduzione è fatta risalendo sul lungo braccio.

  • Tecnica di Jackson

Il paziente in decubito dorsale, con le braccia incrociate e l’arto del lato in lesione sovrapposto a quello non in lesione.
Il medico osteopata si mette alla testa del paziente. Si contatta con le mani la schiena del paziente e si esegue una trazione e rotazione dal lato della lesione, l’osso sacro deve aderire bene sul lettino. Con la mano cefalica sulla spalla, manteniamo la leva superiore, mentre la mano caudale con il palmo contatta la SIAS; l’avambraccio è sul corto braccio.
Alla espirazione, faremo una messa in tensione e un thrust sull’asse del corto braccio.

TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLA BENDELLETTA ILEO-TIBIALE

Anatomia
Questa “bendelletta” si estende dal tubercolo della cresta iliaca (un palmo posteriormente alla SIAS) lungo la porzione laterale della coscia, sino alla tuberosità esterna del tubercolo di Gerdy sul condilo tibiale laterale. Essa funge da inserzione dei muscoli grande gluteo e tensore della fascia lata.
Fisiologia
La porzione distale della bendelletta ileo-tibiale si muove sopra l’epicondilo laterale femorale quando il ginocchio viene flesso ed esteso. È importante modulare la tensione sulla bendelletta, poiché stabilizza la pelvi e la coscia contro le forze di adduzione/piegamento in varo durante il cammino, il correre o il saltare.

Trattamento osteopatico

Partendo dalla considerazione che tale tratto è associato a due muscoli, il grande gluteo e il tensore della fascia lata, e che questi sono muscoli abduttori, il nostro trattamento sarà mirato al ripristino della mobilità di questo gruppo muscolare.

  • Test di mobilità

Il paziente è messo in decubito dorsale, il medico osteopata è di lato. La mano prossimale poggia sulla SIAS e quella distale prende l’arto inferiore opposto. Effettuando una adduzione dell’arto la SIAS produrrà un movimento che ci indicherà l’ampiezza raggiunta con l’arto.
Il test è simmetrico, per cui il movimento, o meglio, l’ampiezza minore di un arto, indicherà gli abduttori in spasmo del lato corrispondente, omolaterale.

  • Tecnica di correzione

Il soggetto è in decubito dorsale, un arto è in asse con il tronco, l’arto del lato in spasmo è posto in abduzione. Il medico osteopata dal lato in lesione, è con la mano prossimale sulla Sias opposta, e con la mano distale impugna l’arto inferiore in spasmo. La manovra è fatta adducendo l’arto, mentre il paziente oppone resistenza, al rilassamento il terapeuta guadagna la barriera motrice, e la sequenza è nuovamente ripetuta (per tre volte).

Bibliografia

  1. J. G. GARRICK, D. R. WEBB: “Traumatologia dello sport” – Centro Scientifico Editore
  2. M. SONAGLIO, P. THERBAULT: “Terapie Manuali” – Edizioni Minerva Medica 1997
  3. R. RICHARD: “Lesioni osteopatiche dell’arto inferiore” – Marrapese Editore 2000
  4. P. RANAUDO: “Testo atlante di osteopatia” – Marrapese Editore 2001
  5. KAPANDJI: “Fisiologia articolare” – Maloine Monduzzi Editore 1999
  6. F. H. NETTER: “Atlante di anatomia umana” – Ciba Edizioni 1994
  7. G. LAMBERTINI, V. MEZZOGIORNO: “Anatomia dell’uomo” – Piccin
  8. W. F. GANONG: “Fisiologia medica” – Piccin
  9. J. M. WILLIAMS: “Applied sport psychology” – Mayfield Publishing Company 1993
  10. ARTICOLO: “Se mio figlio si dopasse?” – Bella, Settimanale della Edit srl 2002

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