POSTURA E MOVIMENTO: RESPONSABILITÀ DELLE CALZATURE NON IDONEE
di Lello R. Zorzin e Silvana Frangipane
Premesse anatomo-funzionali
Il piede può essere considerato un indispensabile protagonista sia della stazione eretta che della deambulazione. Nella stazione eretta il piede ha tre punti di carico al suolo: un contatto antero-interno rappresentato dalla testa del I° metatarso e relativi sesamoidi, antero-esterno rappresentato dalla testa del IV° e V° metatarso, infine un appoggio posteriore in corrispondenza della tuberosità posteriore del calcagno (fig. 1).
Fig. 1
Quando il tallone è sollevato da un tacco alto il piede assume la posizione in equinismo (fig. 2) con limitazione della articolarità del collo del piede, contrattura dei muscoli del polpaccio, in estensione incompleta, e successivo accorciamento dei suddetti muscoli e relativi tendini (fig. 3).
Fig. 2
Fig. 3
Il tacco fuori misura oltre a spostare il baricentro del corpo in avanti, con aumentata pressione sull’avampiede, comporta una modificazione dell’allineamento del corpo (Tab. 1).
TABELLA 1 – LA PRESSIONE CORPOREA SULL’AVAMPIEDE IN PERCENTUALE RISPETTO ALL’ALTEZZA DEL TACCO:
TACCO DI CM 9 + 76%
TACCO DI CM 6 + 57%
TACCO DI CM 3 + 22%
Con il tacco alto la ridotta motilità della caviglia comporta anche una inversione dello schema deambulatorio nel senso punta/tallone anziché tallone/punta.
La postura scorretta per tacco eccessivamente alto non si ripercuote solo a livello lombare, ma anche cervicale, con modificazione della fisiologica lordosi, cefalea e possibili ripercussioni sull’apparato stomatognatico; infatti dal piede dipende la postura attraverso i sensori plantari, meccanosensori e propriocettori che agiscono sulla muscolatura dello scheletro.
La moda e la patologia del piede
E’ doveroso premettere che l’uso del tacco risale con certezza documentata al 1600, anche se qualche esempio è riferibile al secolo XIV. La moda può condizionare la scelta estetica privilegiando il tacco a “stiletto”, lo spessore delle “zeppe” o lo spessore dello “zatterone” (fig. 4 ) che garantisce un migliore equilibrio.
Fig. 4
Indipendentemente da tali scelte la formula ideale sarebbe quella “trendy” ma posturalmente corretta: in condizioni di normalità gli scopi fondamentali delle calzature sono la comodità, il benessere posturale, la tonicità muscolare, oltre, naturalmente l’aspetto protettivo. L’osservazione della particolare usura della suola consente di valutare il rapporto scorretto piede-calzatura.
L’ “infradito”, tipologia di calzatura senza tacco, merita un cenno storico per il suo impiego diffuso: una dimostrazione dell’impiego di tali calzature ci viene dato dalla statua della “Fortuna huiusce diei” (101 a.C.) in Roma (fig. 5) e la varietà dei calzari del Museo Egizio di Torino.
Fig. 5
All’inizio degli anni Sessanta la moda dell’infradito nasce in Brasile, con riferimento alla stessa tipologia della tradizione giapponese; di tali calzature ne sarebbero stati vendute più di tre miliardi.
La patologia del piede, sistemica o localizzata, è di diversa incidenza e severità e condiziona sensibilmente l’uso della calzatura: a tale proposito è sufficiente ricordare la fascite plantare, la metatarsalgia meccanica o diabetica, il neuroma di Morton, la sindrome del tunnel tarsale, la spina calcaneare e l’algodistrofia; non si può trascurare l’eventualità di dolenzia ai piedi per la presenza di callosità o verruche. Condizioni patologiche di notevole frequenza, che esigono ortesi adeguate sono il piede “piatto” e quello “cavo”.
Il piede “piatto” tanto più se trasverso-piano causa di frequente dolenzia nella deambulazione, di stasi venosa, affaticamento e contrattura muscolare; è caratterizzato dal calcagno in valgo e perdita di allineamento delle ossa del mesopiede. Il piede “cavo”, detto anche “equino” ha un angolo scafo-cuneiforme più alto per cui la volta plantare è più accentuata e le dita possono sublussarsi a livello metatarso-falangeo.
Fig. 6 – Calzature “classiche”
Considerazioni conclusive
Indipendentemente dalle varietà di patologia del piede, l’uso protratto del tacco alto comporta innanzitutto una difficoltà nella deambulazione invertendo lo schema tallone/punta del piede e aumenta il rischio di caduta. I tacchi oltre gli 8 cm di altezza riducono la motilità del collo del piede, la contrazione e l’allungamento del polpaccio, che perde la sua funzione di “pompa cardiaca secondaria” con peggioramento della circolazione venosa e linfatica ed eventuale aumento della cellulite; non si esclude l’eventualità di una gonoartrosi secondaria.
Per concludere, sottolineando il concetto che la tipologia della scarpa femminile è condizionata, purtroppo, prevalentemente dalla moda e anche dal deficit staturale, si può sommessamente suggerire il seguente assioma “La scarpa deve essere sempre adatta al piede e non il piede alla scarpa”.
Bibliografia
- Marcolongo R., Biasi G. : La caviglia ed il piede. Ed. Recordati 1995
- Hurwitz S. : Plantar heel pain. In Klippel SH., Dieppe PA Practical Rheumatology 139. Ed. Mosby 1995
Il prof. Lello R. Zorzin, Specialista in Reumatologia, svolge attività di consulenza nell’ambito del servizio di Reumatologia – BIOSdiagnostica – Via D. Chelini 39
**