Posturologia

POSTURA E CICLISMO

Claudio Gallozzi e Giuliano Angeloni

Il termine “postura” è entrato ormai nel linguaggio corrente. Tuttavia non sempre gli viene attribuito lo stesso significato: il più delle volte con postura si identifica la posizione che si assume nella stazione eretta, altre volte ci si riferisce a posizioni corporee specifiche come lo stare seduti in ufficio davanti alla scrivania, sul divano davanti alla televisione o in sella alla propria bicicletta.
In realtà il concetto di postura è molto complesso e tale complessità deriva dal fatto che, dal punto di vista motorio, ogni essere vivente deve essere in grado di adattarsi all’ambiente in cui si trova per svolgere al meglio la propria attività sia statica che dinamica.
Tale adattamento richiede la possibilità di cogliere ciò che succede nell’ambiente stesso e conseguentemente, di assumere le posizioni più consone alla situazione e alle proprie esigenze di comportamento, ciascuna delle quali contraddistinta da particolari rapporti tra i diversi segmenti corporei.
Il concetto di postura, quindi, non si riferisce ad una condizione statica, rigida e prevalentemente strutturale. Si identifica, invece, con il concetto più generale di equilibrio inteso come “ottimizzazione” del rapporto tra soggetto e ambiente circostante, cioè quella condizione in cui il soggetto stesso assume una postura o una serie di posture ideali rispetto alla situazione ambientale, in quel determinato momento e per i programmi motori previsti.
Dal punto di vista biologico, una funzione così importante non può essere affidata ad un solo organo o apparato ma richiede un intero sistema (il Sistema Tonico-Posturale) cioè un insieme di strutture comunicanti e di processi cui è affidato il compito di:

  • lottare contro la gravità
  • opporsi alle forze esterne
  • situarci nello spazio-tempo strutturato che ci circonda
  • permettere l’equilibrio nel movimento, guidarlo e rinforzarlo

Per realizzare questo exploit l’organismo utilizza differenti risorse:

  • gli organi che ci posizionano in relazione all’ambiente che ci circonda (tatto, visione, udito)
  • quelli che posizionano le differenti parti del corpo in rapporto all’insieme, in una posizione prestabilita (propriocezione)
  • i centri superiori che integrano i selettori di strategia, i processi cognitivi e rielaborano i dati ricevuti dalle due fonti precedenti

L’IMPORTANZA DELL’APPARATO MASTICATORIO NELLA POSTURA

Oltre ai fattori elencati, un numero sempre crescente di lavori scientifici tende ad analizzare il ruolo dell’apparato masticatorio nell’ottenimento del miglior equilibrio posturale.
L’apparato masticatorio entra in gioco in numerose funzioni come respirazione, fonazione, masticazione e deglutizione. Queste sono funzioni estremamente complesse e possono, in vario modo, influenzare l’equilibrio corporeo generale a causa dei rapporti anatomici e funzionali con le strutture deputate al controllo della postura.
Che sia un apparato di grande complessità è testimoniato dal fatto che un terzo di tutti i circuiti cerebrali deputati alla elaborazioni delle istruzioni per la periferia, vengono utilizzati per la gestione di queste funzioni che sono tutte, in vario modo, collegate all’apparato dentale.
Durante la masticazione e la deglutizione, infatti, la mandibola sale e cerca il contatto con i denti superiori. L’occlusione che ne deriva, permette alla lingua di sviluppare la sua funzione e sospingere saliva e/o bolo alimentare verso l’esofago. Tale movimento viene ripetuto circa 2000 volte nelle 24 ore!
In presenza di una cattiva occlusione (causata da problemi dentali, di conformazione della mandibola o del mascellare, o dell’articolazione temporo-mandibolare), ogni volta che deglutiamo, si determina un’alterazione della posizione della mandibola nei tre piani dello spazio, la quale a sua volta, produce un lavoro anomalo di tutti i muscoli ad essa collegati, dai muscoli che intervengono nella masticazione, ai muscoli del collo.
L’effetto finale che ne deriva consiste in un disequilibrio nella posizione e nei movimenti del cranio che, per la notevole massa relativa che lo caratterizza e per i suoi particolari rapporti con l’apparato muscolo scheletrico, determina fenomeni di adattamento delle strutture anatomiche sottostanti.
La leggera flessione laterale della testa, l’inclinazione delle spalle e del bacino, le rotazioni che si determinano in presenza di cattiva occlusione (malocclusione), sono il riflesso di un cambiamento permanente del tono di base di certi muscoli, o meglio, di tutti i muscoli del corpo. I differenti muscoli non lavorano, infatti, in maniera isolata ma sotto forma di insiemi sinergici, detti catene muscolari.

Malocclusione

Le alterazioni del tono delle catene muscolari convergono a livello dei cingoli scapolari e pelvico che si deformano, si inclinano, ruotano sotto l’effetto delle sollecitazioni asimmetriche proteggendo così la colonna vertebrale (i cingoli sono degli efficaci sistemi tampone del sistema posturale). Quando le cinture pelviche e/o scapolari non riescono ad assolvere il loro ruolo tampone è la colonna che lo assolverà: ecco comparire gli atteggiamenti scoliotici.

LA POSTURA NEL CICLISMO

Lo studio della postura nel ciclismo assume dei caratteri assolutamente peculiari.
Nella dinamica della pedalata, infatti, ciascuna articolazione e segmento scheletrico coinvolti ricoprono uno specifico compito che si differenzia nettamente da quelli ricoperti nella maggior parte dei movimenti sportivi.
L’azione dell’apparato locomotore, infatti, è tutta orientata a trasmettere energia alla bicicletta con modalità assai diverse rispetto a quelle utilizzate, ad esempio, nell’eseguire un passo di corsa, un salto o un lancio.
L’azione è ciclica e ripetitiva, in quanto il mezzo, perfettamente simmetrico, costringe ad eseguire movimenti caratterizzati dal ripetersi di medesime traiettorie ed escursioni angolari.
È evidente che un sistema così rigido può complicare quei casi nei quali alterazioni dei recettori posturali (bocca, piedi, vista, ecc.) determinano compensi soprattutto a livello del bacino o dei cingoli scapolo-omerali.
L’esperienza maturata dal nostro gruppo di studio (Istituto di Scienza dello Sport del C.O.N.I.), dimostra come molti degli atleti che vengono valutati per la presenza di patologie infiammatorie o degenerative soprattutto a carico di ginocchia e colonna vertebrale, presentino evidenti asimmetrie di posizione e movimento non giustificabili totalmente dalla loro conformazione fisica o dalla presenza di alterazioni dell’appoggio podalico.
In questi casi la ricerca della regolazione ottimale del mezzo, le tecniche di riprogrammazione posturale o l’uso di plantari, non consentono di ottenere una risoluzione completa del quadro clinico.
Una attenta valutazione dell’apparato masticatorio in questi soggetti evidenzia spesso: deviazioni della mandibola verso un lato, disfunzione occlusale congenita o acquisita nel tempo per una cattiva gestione dello stato di salute della dentatura o per cattive riabilitazioni protesiche e/o ortodontiche.
In questi casi, non infrequenti, indirizzare le terapie e i programmi riabilitativi sull’apparato masticatorio consente risultati sorprendenti sia sul piano clinico che prestativo. Quest’ultimo aspetto non può essere sottaciuto in quanto il riequilibrio funzionale delle catene cinetiche non può che migliorare la capacità dell’atleta di esprimere potenza sui pedali.

LE TECNICHE DI RIABILITAZIONE DELL’APPARATO MASTICATORIO

Questa paragrafo prende in considerazioni tutte le possibilità terapeutiche a nostra disposizione per risolvere una disfunzione Cranio-Mandibolare che diventa una causa primaria o una concausa per l’instaurarsi di una disfunzione posturale globale.
Ampio spazio viene dedicato ai BITES, che sono il mezzo di gran lunga più adoperato e di maggiore efficacia.
Parlando di “apparecchi ortotici” (bite) in odontoiatria occorre prima di tutto chiarire quale tipo di apparecchiatura si intenda e soprattutto per quale scopo essa venga utilizzata.
Il bite di cui si intende parlare in questo contesto è da classificare come un apparecchiatura funzionale che ha lo scopo primario di correggere la dislocazione della mandibola collocandola in posizione fisiologica.

Bite

Il bite non deve essere confuso con le placche ortodontiche o protesiche le quali possono avere altre finalità.
La terapia con un bite deve considerarsi sempre, o quasi, una terapia occlusale temporanea e provvisoria, che molto spesso viene utilizzata a fini diagnostici, che permette di modificare in modo reversibile lo schema occlusale preesistente senza intervenire in modo definitivo sulla dentatura dell’atleta.
Questa terapia precederà quella occlusale definitiva, solamente nel caso in cui si sia risolta completamente la sintomatologia che la disfunzione occlusale sviluppava, anche se in altri distretti corporei.
I bites possono essere posizionati sia all’arcata inferiore che superiore, la scelta può dipendere dal tipo di placca o dal tipo di malocclusione. Il nostro gruppo utilizza nella maggior parte dei casi placche all’arcata inferiore e per il ciclismo è stato creata una placca che permette all’atleta di alimentarsi durante l’attività sportiva senza recargli grossi disagi.
Gli obiettivi di una bite sono quindi:

  • deprogrammazione dei muscoli masticatori
  • eliminazione della propriocettività
  • rilassamento muscolare
  • posizionamento funzionale della mandibola

Questo tipo di placca viene usato anche per correggere parafunzioni come il digrignamento (o bruxismo) e il serramento, soprattutto notturni.
Generalmente rappresenta il primo tipo di apparecchiatura usato, sostituito successivamente con apparecchiature di riposizionamento più complesse.

CONTROLLO NEL TEMPO DI UN BITE

Non si può consegnare un bite ad un atleta e poi non vederlo più: sarebbe l’errore più grosso che uno specialista possa fare. Il bite va seguito nella fase iniziale, almeno ogni settimana, modificandolo via via che determina effetti sull’apparato masticatorio, valutando sempre il caso nella sua globalità.
Chi riceve un bite deve sapere questo può diventare la salvezza per molti dei suoi problemi ma può diventare, se la diagnosi non è corretta o se non viene ben seguito, l’inizio di altri problemi.
In questi aspetti, a nostro giudizio, va ricercato il limite di questa terapia.

LA TENS

Una alternativa all’uso dei bites è l’elettro-terapia mediante apparecchio TENS (Stimolazione Elettrica Neurale Transcutanea).
Consiste nell’applicazione a livello della mandibola, bilateralmente, di elettrodi attraverso i quali passa corrente elettrica alternata, a basso voltaggio ed intensità, ma ad alta frequenza.
Questo particolare tipo di corrente stimola il V e VII paio di nervi cranici producendo delle contrazioni ritmiche dei muscoli masticatori. La conseguenza di questa attività è il rilassamento muscolare (effetto terapeutico) e l’ottenimento di una regolarizzazione del movimento della mandibola.
Ciascuna applicazione ha la durata di circa 30 o 40 minuti.
Precisiamo che il medesimo effetto è ottenibile con un bite portato per qualche notte. Il vantaggio della TENS sta nei tempi più brevi, in quanto ci dà in 30 minuti quello che un bite ci dà in 48 ore.
Il bite, tuttavia, può essere mantenuto nella bocca del paziente giorni, mesi e anche anni, mentre la TENS può essere applicata al massimo per 45-50 minuti e per un numero di sedute consecutive non troppo elevato.
Da un punto di vista terapeutico ha una buona validità in tutte le forme di contrattura muscolare, sia che si presentino in modo isolato sia in associazione ai disordini articolari.
A nostro giudizio, è consigliabile soprattutto in quei casi che richiedono un effetto decontratturante immediato.
Talvolta è consigliabile utilizzare la TENS in una prima fase, ottenere il rilassamento delle muscolatura mandibolare, per costruire, successivamente, un bite vincolante che mantenga la mandibola in tale occlusione. Lo scopo è quello di costringere la mandibola a posizionarsi in una posizione il più possibile fisiologica senza subire condizionamenti dentali e permettere alle catene muscolari posturali di eliminare i primari schemi di adattamento.

CONCLUSIONI

Valutando la postura di un atleta, non possiamo non controllare la funzione Cranio-Mandibolare anche perché, come abbiamo visto, esistono efficaci sistemi di diagnosi ed efficaci interventi terapeutici che possono essere adottati.
L’imperativo rimane quello di non considerarla mai isolata, ma inserita in un contesto globale, insieme agli altri recettori posturali come il piede, gli occhi e il sistema vestibolare. Inoltre, di volta in volta, vanno attentamente considerati i vantaggi e gli svantaggi che le terapie comportano in funzione di ogni singolo individuo e delle caratteristiche del suo impegno sportivo.
Nel ciclismo di ottengono spesso buoni risultati clinici e funzionali.
La nostra personale sensazione è quella, tuttavia, che si tenda oggi a ricorrere troppo facilmente all’utilizzo di queste procedure o a considerare l’apparato masticatorio come causa unica delle disfunzioni posturali.
Non si deve dimenticare, infatti, che le relazione tra corpo ed apparato masticatorio sono reciproche. In altri termini, gli squilibri dell’apparato stomatognatico scompensano il sistema posturale e gli squilibri del sistema posturale disturbano l’apparato masticatore.
In altri termini, può accadere che una mal-occlusione non è causa di problemi ma ne rappresenta, viceversa, solo la conseguenza.

Box 1 – GLI ORGANI DEL SISTEMA TONICO POSTURALE

Si riconoscono “recettori” posturali primari, i quali sono in grado di informare il Sistema Nervoso Centrale del loro stato e indurre una risposta posturale specifica modificando lo stato delle catene cinematiche muscolari e di conseguenza gli equilibri osteo-articolari.

Gli esterocettori
Questi recettori sensoriali captano le informazioni che provengono dall’ambiente e le inviano al Sistema Tonico Posturale (S.T.P.). Tre sono i recettori universalmente riconosciuti: l’orecchio interno, l’occhio e la superficie cutanea plantare.

1- L’orecchio interno

I recettori dell’orecchio interno sono degli accelerometri, essi informano su movimento e posizione della testa. Si dividono in:

  • sistema semi-circolare: è un sistema di tre canali situati in tre piani perpendicolari fra di loro, sensibili alle accelerazioni angolari (rotazione della testa). I canali semicircolari non partecipano alla regolazione fine dell’equilibrio, poiché la loro soglia minima di sensibilità alle accelerazioni è superiore alle accelerazioni oscillatorie dentro il sistema posturale fine; per contro il sistema interviene nell’equilibrio dinamico
  • sistema otolitico è contenuto in due vescicole: il sacculo e l’utricolo, sensibili alla gravità e all’accelerazione lineare.  Sembra che solo questi ultimi partecipino alla regolazione posturale fine.

Perché le informazioni che vengono dall’orecchio interno possano essere interpretate dal S.T.P., devono essere comparate alle informazioni propriocettive che permettono di conoscere la posizione della testa in rapporto al tronco e quelle del tronco in rapporto alle caviglie e soprattutto alle informazioni di pressione podalica, il solo riferimento fisso.

2- L’occhio

La funzione visiva permette la stabilità posturale per i movimenti antero-posteriori, grazie alla visione periferica e per i movimenti destra-sinistra attraverso la visione centrale.
La funzione è attiva quando l’ambiente visivo è vicino; se la mira visiva è distante 5 metri o più, le informazioni che vengono dal recettore visivo diventano così poco importanti da non venire più prese in considerazione dal S.T.P.
Per fare in modo che il S.T.P. possa utilizzare le informazioni visive per il mantenimento dell’equilibrio, bisogna che le informazioni visive siano comparate a quelle che vengono dall’orecchio interno e dall’appoggio plantare.
In effetti l’occhio non sa dire se lo scivolamento delle immagini sulla retina sia dovuto al movimento dell’occhio, al movimento della testa o al movimento dell’insieme della massa corporea.

3- Il piede

L’esterocettore plantare permette di situare l’insieme della massa corporea in rapporto all’ambiente, grazie a delle misure di pressione a livello della superficie cutanea plantare. Quest’ultima rappresenta l’interfaccia costante tra l’ambiente ed il S.T.P.. Essa è ricca in recettori e possiede una soglia di sensibilità molto elevata (i baropressori percepiscono le pressioni anche di 0.3 gr). Essi forniscono informazioni sulle oscillazioni dell’insieme della massa corporea e si comportano dunque come una piattaforma stabilometrica. Le informazioni plantari sono le uniche a derivare da un recettore fisso direttamente a contatto con un ambiente immobile rappresentato dal suolo.
A livello del piede si raccolgono, tuttavia, anche informazioni relative alla propriocezione muscolare e articolare (vedi oltre).
Nell’ambito delle problematiche posturali, il piede può presentarsi in tre modi diversi:
1- come elemento causativo: responsabile principale dello squilibrio posturale
2- come elemento adattativo: tampona uno squilibrio che viene dall’alto (generalmente dagli occhi e dai denti); in un primo momento l’adattamento è reversibile poi si fissa alimentando lo squilibrio posturale
3- come elemento misto: presentano contemporaneamente un versante adattativo e un versante causativo.

Gli endocettori
Questi recettori sensitivi informano il S.T.P. di quello che succede all’interno dell’individuo. Permettono ai sistema di riconoscere in permanenza la posizione e lo stato di ogni osso, muscolo, legamento, od organo in rapporto con l’equilibrio. Essi informano in particolar modo sulla posizione degli recettori cefalici (orecchio interno e retina) in rapporto all’esocettore podalico. Essi si dividono in due grandi categorie: recettori propriocettivi e recettori enterocettivi o viscerocettivi.

Box 2 – LE PRINCIPALI ALTERAZIONI DELLA POSTURA IN RELAZIONE ALLE DISFUNZIONI DELL’APPARATO MASTICATORIO

Piano sagittale (laterale)

In questo piano la conformazione mandibolare e l’occlusione dentale condizionano la posizione della testa e delle scapole. L’occlusione di I classe scheletrica (mandibola perfettamente in asse rispetto al mascellare superiore) induce una buona armonia fra il cingolo scapolare e il cingolo pelvico, mentre una classe II scheletrica (mandibola dislocata posteriormente rispetto al mascellare superiore) induce un’anteriorizzazione del cingolo scapolare rispetto al cingolo pelvico. In questi casi i soggetti spostano in avanti la posizione della testa e delle spalle, con una variazione delle tensioni tra i corpi vertebrali.
Una III classe scheletrica (mandibola dislocata anteriormente rispetto al mascellare superiore) induce, infine, una posteriorizzazione del cingolo scapolare rispetto al cingolo pelvico, e pertanto sposta indietro la posizione della testa e delle spalle.

Relazione tra tipo di occlusione e postura: Piano Sagittale (Laterale)

Piano frontale

In questo piano una deviazione laterale della mandibola può condizionare l’armonia dei cingoli scapolari e dei cingoli pelvici instaurando una serie di adattamenti del sistema tonico-posturale.

Relazione tra tipo di occlusione e postura: Piano Frontale

Piano Orizzontale

Nel piano orizzontale la deviazione mandibolare può indurre delle rotazioni del cingolo scapolare o pelvico, omolaterali al lato della deviazione o creare un sistema incrociato con l’anteriorizzazione del cingolo scapolare di un lato e del cingolo pelvico del lato opposto.

Relazione tra tipo di occlusione e postura: Piano Orizzontale


Box 3 – DIAGNOSI DELLE DISFUNZIONI CRANIO MANDIBOLARI

La diagnosi delle disfunzioni cranio mandibolari si basa sulla costante e rigida applicazione dei principi della clinica medica che sono:

1) Anamnesi

Ossia la raccolta della storia clinica. È importantissima sia per le informazioni inerenti alla patologia in atto, sia perché ci consente di instaurare con il paziente un proficuo rapporto colloquiale.
Le domande più importanti che vanno poste sono:
– Da quanto tempo lamenta disturbi?
– Si è mai rimasti bloccati con la bocca nel senso di una incapacità di aprirla completamente?
– Ci si è mai accorti di grattare i denti durante la notte?
– La qualità del sonno è buona?
– Ha subito mai traumi diretti sulla mandibola o indiretti come un colpo di frusta in automobile?

2) Esame Obiettivo

L’esame si svolge attraverso varie fasi come l’ispezione, l’ascoltazione e la palpazione del sistema cranio-mandibolare. Vengono utilizzati frequentemente test di kinesiologia applicata che ci aiutano a valutare l’efficienza dei sistemi muscolari.
L’esame non deve limitarsi all’apparato masticatorio, ma deve riguardare l’intero corpo del paziente, la postura corporea come quella mandibolare va osservata sia nell’aspetto statico che in quello dinamico. La nostra attenzione deve essere rivolta verso i movimenti e gli atteggiamenti naturali del paziente come la sua deambulazione o il suo modo di tenere il capo sia nella posizione eretta, sia seduto.

3) Esami strumentali

Possono, talvolta, essere di aiuto. I più usati sono:

1) Ortopantomografia (OPT)
2) Stratigrafia assiale delle ATM
3) Ecografia
4) Tomografia Assiale Computerizzata
5) Risonanza Magnetica

Alla fine di tutto questo percorso diagnostico è necessario valutare l’atleta sul proprio mezzo mediante l’utilizzo di rulli. In questa maniera si è in grado di osservare la dinamica e la fluidità dei cicli di pedalata sia in condizioni naturali (con la propria occlusione fisiologica) che con un bite provvisorio di diagnosi.
Spesso è facile constatare, anche visivamente, come con la correzione dell’occlusione dentale cambi la posizione del bacino, delle spalle e delle ginocchia; come, insomma, il corpo di adatti rapidamente al nuovo schema posturale.
L’atleta, nel contempo, ci comunica le differenti sensazioni che percepisce durante l’esecuzione del gesto sportivo.

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