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RICERCA DI BASE E LINEE GUIDA PER COMBATTERE L’ASMA

di Daniela OVADIA (dal sito www.okmedico.it)

Per i circa tre milioni di asmatici italiani si profilano novità interessanti nel campo della ricerca di base che potrebbero condurre presto alla messa a punto di trattamenti innovativi.
La versione on line della prestigiosa rivista Nature Medicine ha pubblicato recentemente uno studio sulla lipoxina A4 (LXA4), una sostanza prodotta dall’organismo per regolare il traffico cellulare durante gli attacchi di broncocostrizione o di iperreattività bronchiale. LXA4, nella sua versione naturale, ha un limite costituito dalla brevissima vita.
Charles Serhan, anestesista e docente di biochimica presso l’Università di Harvard, negli Stati Uniti, ne ha messo a punto una versione di lunga durata. “LXA4 blocca l’infiammazione intercettando le cellule che la sostengono” spiega Serhan. “La forma sintetica messa a punto dal nostro laboratorio e battezzata Lxa mima l’azione di quella naturale ma dura più a lungo”.
Per ora la sperimentazione è stata avviata, con successo, solo su topi geneticamente modificati per essere affetti da asma, ma le case farmaceutiche sono già interessate alla messa a punto e alla produzione su vasta scala. “Per sapere se funzionerà sull’uomo dobbiamo produrre un topo geneticamente modificato per esprimere la versione umana del gene LXA4” conclude Serhan.

UN GENE CHIAMATO ADAMO
Ulteriori novità riguardano la scoperta del gene responsabile dell’iperreattività bronchiale nelle forme familiari di asma.
Battezzato ADAM33 e posto sul cromosoma 20, è stato individuato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Southampton, in Gran Bretagna analizzando il DNA di 450 famiglie con almeno due figli asmatici. Non solo l’asma conclamato è legato alla presenza del gene, ma lo sarebbe anche la semplice sensibilità agli stimoli allergenici come gli acari della polvere, l’inquinamento e le infezioni virali. La proteina prodotta dal gene in questione agisce come mediatore dell’infiammazione e, col tempo, favorisce l’ispessimento della mucosa bronchiale che mantiene attivo il meccanismo dell’ipersensibilità.
Individuando precocemente (addirittura durante la vita fetale) i bambini portatori sarà possibile evitare l’esposizione agli stimoli allergenici con particolari accorgimenti alimentari e di arredamento della casa. In un secondo tempo i ricercatori britannici sperano di mettere a punto un farmaco in grado di bloccare l’attività di ADAM33.

LINEE GUIDA FAVOREVOLI AL CORTISONE
Attendendo le novità della terapia genica, gli esperti confermano l’utilità delle terapie attualmente disponibili per il controllo della malattia.
I National Institutes of Health statunitensi hanno recentemente revisionato le linee guida in materia di asma, ponendo l’accento sulle novità emerse dalla letteratura scientifica negli ultimi cinque anni.
“Si conferma l’utilità di una terapia graduale in base alla gravità degli attacchi” spiega William Busse, coordinatore del panel di esperti che ha prodotto la revisione. “In prima linea, però, rimangono gli steroidi inalatori, che hanno la capacità di tenere a bada l’infiammazione che costituisce, in base agli studi più recenti, il meccanismo principale di cronicizzazione del disturbo”.
Ovviamente gli steroidi da soli possono non bastare e quindi la terapia combinata che prevede anche l’uso di beta2 agonisti a lunga durata sembra essere la più efficace per i casi di gravità moderata e intensa. “Questa è oramai una certezza nel campo dell’asma anche se mancano studi specifici di terapia combinata nei bambini, sui quali viene invece usata molto frequentemente” aggiunge Busse.
Gli esperti hanno anche rivisto tutti gli studi riguardanti il ritardo di crescita nei bambini sottoposti a cure con steroidi, concludendo che i rischi sono molto limitati e che spesso lo sviluppo più lento è un fenomeno reversibile alla sospensione della terapia. “Sono comunque necessari ulteriori ricerche su bambini di età inferiore ai cinque anni” afferma Busse. Nuove raccomandazioni riguardano anche l’uso degli antileucotrieni, una recente classe farmacologica che viene proposta solo come terapia combinata per la cura delle forme gravi e non come farmaco di prima scelta. “In primo luogo rimane il buon vecchio cortisone” conclude Busse, confermando quanto espresso anche dalle linee guida italiane in materia datate 2001 e consultabili on line. Un capitolo a parte è dedicato all’uso degli antibiotici nell’asma: spesso abusati, sono utili solo in caso di sovrainfezione batterica accertata e non a scopo preventivo nelle affezioni stagionali su base virale.
Infine, le linee guida americane (scaricabili) propongono un modello di autogestione della malattia da parte del paziente che si è dimostrato utile nel limitare le complicanze e il peggioramento dell’asma.

I “PUFF” SOTTO ACCUSA
Quest’ultima raccomandazione sembra contraddetta da uno studio pubblicato dal British Medical Journal che punta il dito sui famosi “puff” di beta agonisti a breve durata d’azione usati dai pazienti in autosomministrazione per far fronte alla crisi acuta.
Analizzando i dati di 96.000 asmatici, i medici si sono accorti che la mortalità è molto più elevata tra coloro che hanno usato molti “puff” nell’ultimo anno di vita rispetto a coloro che si limitano alla terapia steroidea.
Il risultato, che apparentemente mette in discussione sia la molecola contenuta nei dispenser sia la capacità di autogestione del malato, può però essere letta in senso opposto.
I malati più gravi, infatti, fanno ricorso con maggiore frequenza a questo tipo di trattamento che offre un sollievo immediato al senso di soffocamento, mentre lo steroide agisce solo sulla lunga distanza. E’ probabile, dicono gli esperti britannici, che l’uso eccessivo di “puff” sia dovuto anche a uno scarso controllo della malattia in asmatici che consultano raramente il medico o che non vogliono usare correttamente gli steroidi.

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