PROBLEMATICHE PSICOLOGICHE DELL’ATTIVITÀ SPORTIVA DEI NON VEDENTI

Lo sport e più propriamente l’attività ludico sportiva, da molti anni viene utilizzata nella moderna psichiatria e nella psicologia come strumento di indagine e di studio della personalità, nonché di terapia.
È tramontata ormai la netta distinzione, prima esistente, tra salute e malattia come momenti che possono coesistere nell’esistenza umana.
Oggi non si distinguono più soggetti sani e soggetti malati. Salute e malattia non sono più così nettamente separati: non esiste il sano ed il malato ma piuttosto chi si sa difendere, chi trova forme di equilibrio, di integrazione oppure no, e quindi viene posto in nuova luce anche il concetto di handicap.
L’ ONU Nel 1946 definì così il concetto di salute “Salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto nell’assenza di malattie o infermità”.
Il Seppilli la definì: “Salute è una condizione di armonico sviluppo funzionale fisico e psichico nel suo ambiente naturale e sociale”.
Sono ormai abbandonate le forme di pietismo, benevolenza o fratellanza astratta nei confronti delle persone con handicap. Ciò proprio perché si ritiene che ogni uomo abbia degli handicap più o meno accentuati.
Pertanto, è dovere della scienza occuparsene integrando i vari settori: medica, psicopedagogica, fisiologica … risulta necessario capire il concetto di handicap che oggi viene sempre più considerato come un’interruzione di comunicazione.
Quando si parla di comunicazione non si considera solo la comunicazione a livello verbale, ciò che scriviamo o leggiamo ma tutte le forme attraverso le quali l’essere umano partecipa.
Lo sport è visto come comunicazione e come linguaggio, non formale come può essere quello della stampa, bensì come modello di comunicazione degli aspetti della personalità.
Lo sport è una forma specifica di comunicazione e riassume vari livelli di integrazione motoria, mentale, sensoriale.
Lo sport permette l’integrazione psicosociale attraverso la partecipazione e la possibilità di scaricare tensioni come l’emotività o forme di blocco rafforzando carattere ed abilità in conclusione rende più autonoma la persona.
A livello scientifico occupano una enorme importanza gli istinti ed in particolare quello della conservazione dell’individuo, quello della sessualità, dell’affettività del rapporto d’amore che consente la continuazione della specie.
Lo sviluppo armonioso della personalità è più equilibrato quando le frustrazioni sono minime.
Nel soggetto con handicap le frustrazioni sono permanenti e per essere superate in qualche modo è necessaria la socializzazione: così come il soggetto rimane frustrato quando si rende conto che non è al pari con altri, così è necessario aiutarlo, sollecitarlo, spingerlo a partecipare con gli altri a gare sportive non per vincere ma per partecipare alla gara essendo già questo un successo.
Questa forma di terapia, del successo, si contrappone alla vecchia terapia che tendeva a medicalizzare isolando.
Classificazione I.B.S.A.:
B1 = dall’amaurosi (assenza di percezione luminosa) in OO alla percezione della luce, ma incapacità di riconoscere gli oggetti o contorni in ogni direzione e ad ogni distanza.
B2 = capacità di riconoscere oggetti o contorni fino ad una acuità visiva di 2/60 e/o una limitazione del campo visivo di %°
B3 = acuità visiva da 2/60 a 6/60 e/o campo visivo tra i 5 e i 20 gradi.
Il mondo del non vedente non può essere compreso semplicemente chiudendo gli occhi. L’83% delle informazioni visive si acquisiscono infatti con la vista. Pertanto è facile capire che vi è una differenza tra una persona nata cieca e chi invece lo è diventata in epoche successive per varie cause.
L’Atleta ipo o non vedente ha una minore capacità di rendimento, velocità, forza, resistenza proprio perché è portato ad essere sedentario.
Nel non vedente prevalgono le informazioni acustiche e tattili, sensi più sviluppati; hanno più difficoltà di comunicazione, difficile equilibrio perché non riceve informazioni visive dall’esterno ed anche la coordinazione ne risente. Ha paura dello spazio: tutto è pericolo o può esserlo. La prima cosa da fare è tentare di superare le tensioni interne.
Attraverso lo sport il non vedente e l’ipovedente acquisiscono sicuramente benefici fisici rilevanti: La capacità di muoversi in modo ritmico e coordinato con portamento rilassato evitando così l’obesità:
Dal punto di vista psichico il non vedente e l’ipovedente riescono a rompere l’isolamento in cui cadrebbero se non facessero attività sportiva. Infatti lo sport gli consente di gratificarsi valutandosi di più sollecitando e superando tensioni interne migliorando il rapporto con la guida ed i compagni di squadra. Infatti una delle maggiori difficoltà si incontra nei rapporti tra la guida ed il non vedente che implicano una forte capacità di relazione e di stima reciproca.
L’attività motoria è l’espressione psichica dell’intelligenza proprio perché lo sport mette in condizione e costringe l’individuo ad interagire con l’ambiente in maniera sicuramente molto più complessa rispetto a quanto richieda la vita di tutti i giorni.
Augusto Romagnoli scriveva: “Se manca l’educazione ad una intelligente attività ludica, nel bambino cieco, potrebbero verificarsi: regresso motorio, curiosità attenuata o spenta, verbalismo, frammentarismo, astrattismo, concettualismo, ecolalia, propriocezione, tiflocentrismo, e mille altri fenomeni negativi”.
Purtroppo si esonera sempre più frequentemente dall’educazione fisica il cieco nelle scuole di ogni ordine e grado.
L’attività sportiva migliora la capacità di elaborazione dell’informazione, migliora gli atteggiamenti della società verso il non vedente e viceversa.
Infatti i risultati che raggiunge riescono a compensare la sua condizione.
L’attività sportiva rappresenta un’occasione di apprendimento e di conoscenza personale in cui l’atleta non vedente ricevendo una pluralità di stimoli impara ad autoregolarsi tenendo conto dei feed back , dei ritorni che riceve dagli altri, imparando così ad essere, con l’aiuto di guide ed allenatori ben formati, lui stesso artefice del suo successo affinché sia formativa ed occasione di soddisfazione personale il partecipare a gare sportive non riducendole a semplici “corse all’aria aperta”.
(Relazione al convegno “L’attività sportiva nel disagio psicosociale: valutazioni metodologiche e modalità d’intervento” 26 Settembre 1998 Castello Orsini Castel Madama)
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