Alimentazione

STILE DI VITA E BENESSERE

Paolo Montera
Specialista in Endocrinologia e Medicina dello Sport
da “SPORT E SALUTE” (Anno I, numero 0 – Luglio 2004)

Fare sport, o più semplicemente vivere sani, non è più un privilegio di pochi. Ma per essere in forma occorre un po’ di attenzione.
In Italia e in tutto l’Occidente sono in rapido aumento le malattie del metabolismo, non solo nei soggetti adulti ma, in maniera preoccupante, anche nei bambini e negli adolescenti; quadri morbosi come obesità, diabete, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari sono patologie che, in un soggetto geneticamente predisposto, trovano il modo di manifestarsi grazie alla presenza di fattori favorenti, insiti nelle società dei consumi e nello stile di vita che conduciamo.
In senso statistico il soggetto affetto da una malattia metabolica ha non solo una ridotta spettanza di vita, ma anche una sua peggiore qualità.
La condizione di obesità‑sovrappeso, ad esempio, oggi colpisce in Italia circa il 45% della popolazione, con una tendenza, nel prossimi cinque anni, a uguagliare le percentuali degli Usa.
Il problema è in espansione in tutto il mondo occidentale tanto è che è stato coniato il termine GLOBESITÀ per definire quella che sarà la vera Epidemia del III millennio.

Epidemia del III millennio

Un bambino obeso sarà, quasi certamente un adulto che tenderà costantemente a ingrassare e che rischierà di sviluppare nel tempo tutti quegli stati morbosi propri della Sindrome Metabolica quali diabete, un incremento delle malattie cardiovascolari, aumento dei trigliceridi o del colesterolo, oltre a calcolosi biliare, insufficienza epato‑pancreatica, problemi osteoartrosici dei principali processi articolari causati dalla maggiore usura determinata dal sovrappeso, eccetera.
In questo contesto l’Italia occupa un allarmante primo posto, quanto a prevalenza dell’obesità, sia nella fascia pediatrica, dove un bambino su sei è obeso e uno su tre in sovrappeso, con un ulteriore aumento fra i 9 e 13 anni, sia nella fascia geriatrica, dopo i 65 anni di età; sempre nel nostro paese il tasso di prevalenza di obesità e sovrappeso ha presentato, negli ultimi 10 anni, un incremento del 25%, specialmente nel centro‑sud con una percentuale del 13% nel sesso maschile, e del 10.5% nel sesso femminile.

Adiposità addominale

Una attenzione particolare merita nell’inquadramento dell’obesità la cosiddetta adiposità addominale, tipica dell’uomo adulto e della donna in menopausa, caratterizzata dall’accumulo di adipe in sede addominale profonda (viscerale), e responsabile dell’antiestetica “pancia“. Recenti ricerche hanno dimostrato che quando la circonferenza della vita supera i 102 cm, nel maschio, e gli 89 cm nella donna, il rischio cardiovascolare si moltiplica, e così per ogni centimetro in più. È dimostrato che la comparsa dell’adiposità in sede addominale favorisce la comparsa di diabete, ipertensione e infarto ed è favorita dalle cattive abitudini alimentari del soggetto e dal suo stile di vita. Oggi possiamo affermare, senza timore di essere smentiti, che, almeno nelle aree urbane, i ritmi produttivi e di lavoro non consentono una corretta assunzione alimentare.

Buone abitudini perdute

Questa dovrebbe essere suddivisa in almeno tre pasti principali: una colazione, necessaria ad interrompere il lungo periodo di digiuno notturno, un pranzo abbondante ed una cena frugale; una simile organizzazione alimentare basata sulla nostra consolidata tradizione mediterranea è stata sostituita in pochi decenni da un nuovo stile alimentare di impronta anglosassone che ha introdotto la cultura del fast‑food.
È sempre più alto il numero di adulti e studenti, che, in nome di una asserita mancanza di tempo, tendono a saltare la prima colazione o preferiscono rispettivamente consumarla al bar con prodotti di pasticceria o nell’ora di ricreazione scolastica, acquistando prodotti confezionati. È indubbio che detti prodotti risultino più appetibili del pane inzuppato nel latte dei nostri nonni o delle più moderne fette biscottate col miele, tuttavia presentano almeno due inconvenienti: il primo è che sono preparati mescolando grassi e zuccheri semplici, venendo così a costituire un mix di alto valore calorico e fortemente ingrassante, il secondo è che i grassi utilizzati hanno un basso potere saziante, con il risultato di indurre l’acquirente a consumarne più del dovuto.

Siamo obesi perché non ci muoviamo più

Una recente inchiesta nord europea ha prodotto nel 2001 dei dati molto interessanti, confermati da una analoga indagine svolta sul territorio nazionale da parte dell’Istituto Nazionale della Nutrizione, che dimostra come dal 1961 al 1996 la assunzione calorica alimentare giornaliera del singolo individuo si sia in media significativamente ridotta, passando da 2600 Cal/die pro capite (1961) a 2300 Cal/die (1996), mentre, nello stesso periodo, l’obesità e il sovrappeso sono nettamente aumentati; ciò sottolinea senza dubbio l’importanza della ridotta attività fisica nella genesi dell’accumulo di adipe nel singolo individuo. L’automazione ha ridotto sensibilmente le opportunità di movimento spontaneo.
È stato stimato che si percorrono circa 16 Km in meno ogni anno usando la telefonia cellulare; l’uso del telecomando della televisione comporta circa 1800 movimenti in meno all’anno, così come l’apertura elettrica del cancello di un garage ci evita di entrare e uscire dalla nostra auto dalle 700 alle 1400 volte all’anno. Purtroppo la riduzione del movimento spontaneo si sta profondamente radicando nelle abitudini quotidiane familiari ed è stato possibile verificare come lo stile di vita sedentario dei genitori sia in grado di ripercuotersi negativamente sui figli; l’obesità infantile, infatti, è favorita anche dalla pratica di giochi sedentari o dal trascorrere il tempo libero dagli impegni scolastici, guardando la televisione o usando videogiochi e computer; è accertato, che esiste un rapporto diretto tra ore di esposizione alla televisione e comparsa dell’obesità nelle fasce di età giovanile; in tal senso si è potuto verificare che tra le nuove generazioni sono quasi dei tutto sconosciuti i giochi tradizionali, basati sul movimento, che in passato impegnavano gran parte dei tempo libero dei ragazzi e delle ragazze (Massacesi, 1995).

Uno spuntino per pranzo

Anche il pranzo, una volta il pasto principale, è ora ridotto a uno spuntino veloce consumato al bar o in una tavola calda, necessariamente contenuto se si vogliono mantenere i ritmi richiesti dai propri impegni di lavoro, ma assolutamente insufficiente per coprire il fabbisogno energetico di tutto il pomeriggio; il risultato è che la cena viene ad essere un pasto eccessivamente abbondante e di quantità sproporzionata rispetto alle esigenze a cui si deve far fronte, cioè il riposo notturno, così che tutto ciò che si introduce è destinato ad essere immagazzinato sotto forma di grasso. Si può ben dire che i ritmi frenetici di produttività delle società ricche creano patologie, anche perché, è bene ricordarlo, l’essere umano, come organismo, è rimasto con i meccanismi biologici dell’uomo primitivo dedito alla caccia, al movimento, a lunghi periodi di digiuno e con una alimentazione a base di carni, vegetali e pochi carboidrati non raffinati.
Si può ben dire che i ritmi frenetici di produttività delle società ricche creano molte nuove patologie.

Il movimento salva la vita

Il movimento è, appunto, un’altra funzione dell’essere umano che negli ultimi decenni è andata sempre più riducendosi a vantaggio della sedentarietà; l’adozione di uno stile di vita sedentario, al pari delle errate abitudini alimentari, del fumo e dello stress, costituisce uno di quei fattori ambientali più indiziati che sono in grado di favorire e produrre le malattie del metabolismo. Il progresso tecnologico sembra avere come obiettivo principale quello di farci vivere stando seduti o limitando al minimo indispensabile l’attività fisica: pensiamo che dagli ascensori e all’automobile si è arrivati allo spazzolino da denti o alla grattugia elettrici, passando attraverso telecomandi, scale mobili, apri cancelli elettrici, computer, telefoni di tutti i tipi, citofoni, elettrodomestici etc.

Vietato improvvisare

Affinché, tuttavia, l’attività fisica sia utile ai fini di un miglioramento delle proprie condizioni di salute, deve possedere alcune caratteristiche: deve essere continuativa, cioè senza interruzioni, di durata non inferiore ai 30 minuti e di intensità moderata e mai troppo intensa. Inoltre deve essere suddivisa in una fase prettamente aerobica e in una di potenziamento e di tonificazione muscolare, mediante uso di piccoli pesi. Questo al fine di indurre un condizionamento dell’organismo e quindi una capacità di rispondere adeguatamente a stimoli progressivamente crescenti; in altre parole l’attività fisica per essere utile deve avere le caratteristiche di un vero allenamento. In questa ottica, le faticose e ripetitive mansioni domestiche invocate da tanti soggetti di sesso femminile (fare la spesa, sbrigare le faccende di casa, seguire il figlio di pochi anni, etc.) non hanno alcun valore ai fini di una promozione della salute e del livello di benessere, proprio perché non rispondono ai requisiti su indicati.
Da quanto detto, emerge chiaramente che il contesto ambientale in cui si vive nelle società ricche e opulente dei paesi in via di sviluppo, promuove uno stile di vita assolutamente contrario ai criteri di salute e benessere tanto enfatizzati dalle mode e dagli organismi istituzionale delle società occidentali.

Abitudini dannose

Scorrette abitudini alimentari, stress, sedentarietà, enorme disponibilità di cibo e di luoghi di ristorazione, pubblicità incentrata su prodotti alimentari ad alto tenore calorico, etc. costituiscono una fonte di forte condizionamento, di fronte a cui la campagna sulla correzione dello stile di vita e i pressanti appelli da parte del Ministero della Salute rischiano di risultare infruttuosi e del tutto insufficienti se le scelte giuste non partono dal singolo individuo, correttamente informato sui rischi che corre e sul fatto che la patologia metabolica e il rischio cardiovascolare sono cresciuti in maniera vertiginosa dagli anni ’90 in poi, coinvolgendo un numero sempre maggiore di individui giovani ed adulti.

Un business da 33 Miliardi di $

Attualmente attorno al fenomeno obesità fiorisce la “diet industry” che solo negli USA muove un giro di affari di circa 33 miliardi di dollari. Analogo sviluppo si sta verificando in Italia attraverso numerose iniziative commerciali, alcune delle quali prive di qualsiasi base scientifica se non smaccatamente fraudolente. Solo la conoscenza e la consapevolezza individuali potranno arginare lo sviluppo di un fenomeno morboso di portata mondiale e con così rilevanti ricadute economiche e sociali.

Un Consiglio: Parcheggiate lontano

Purtroppo la pratica sportiva organizzata, nelle sue varie forme (ludico-ricreativa, amatoriale, salutistica, riabilitativa) riesce a compensare solo in parte gli effetti negativi della sedentarietà, in quanto a dette attività può dedicarsi solo una parte esigua della popolazione e per di più per poche ore alla settimana magari nei giorni di sabato e domenica.
Ecco allora alcuni consigli pratici che consentano di fare un po’ di movimento nell’espletamento delle attività quotidiane:

  • andare a scuola o al lavoro a piedi o parcheggiare l’auto almeno a 1 Km di distanza dal posto di lavoro, al fine di coprire questa distanza camminando velocemente
  • salire le scale a piedi e, per i meno allenati, salire in ascensore fino a uno, due piani al di sotto di quello di destinazione
  • anche in ufficio usare meno il telefono e più le gambe
  • acquistare una cyclette o un nastro trasportatore e metterlo in uso almeno 2-3 volte a settimana per almeno 30 minuti

Occorre ricordare che la stanchezza lamentata al termine di una giornata lavorativa è di tipo mentale e non fisico e non è di alcun impedimento a svolgere un esercizio anche sostenuto, il quale, anzi, ha la capacità di restituire vigore e freschezza al soggetto stressato da una giornata di impegni lavorativi.

**

Click to comment

You must be logged in to post a comment Login

Leave a Reply

To Top