REQUISITI VISIVI NECESSARI PER UNA GUIDA AGONISTICA SICURA
Dott. Raffaele Sangiuolo – Oculista
Dott. Mario Sangiuolo – Oculista
Questo lavoro è frutto di una quasi quarantennale esperienza che parallelamente ho sviluppato nel settore dell’oculistica ed in quello dell’automobilismo agonistico quale pilota. In particolare nel campo oculistico mi sono occupato dello studio della visione binoculare, cominciando quale docente ordinario presso la Clinica Oculistica dell’Università degli Studi di Perugia e perfezionato presso la Clinica Oculistica Universitaria dell’Ospedale Herriot di Lione. Nel contempo ho partecipato quale pilota di vetture Turismo e Granturismo a gare di campionato italiano, FIA GT e alle maggiori gare endurance. Soprattutto in quest’ultima tipologia di gara ho potuto valutare su me stesso le problematiche visive molto particolari che condizionano il rendimento di un pilota agonista in situazioni mutevoli e la riflessione su quest’esperienza mi ha portato alla stesura di questo lavoro.
La valutazione della vista di una persona è un test psicofisico a tutti gli effetti e non va confuso con la sola acuità visiva morfoscopica (il “quanto una persona vede” con ognuno dei due occhi, tanto per intenderci). Questa infatti rappresenta solamente uno dei numerosi requisiti necessari per svolgere un’attività di guida agonistica in propria ed altrui sicurezza. La vista di un pilota dovrebbe essere testata oltre che in senso quantitativo anche in senso qualitativo, ed in condizioni disparate. La guida agonistica è infatti un’azione dinamica e mutevole poiché gli occhi, a seconda delle diverse velocità di marcia, si concentrano su di un campo visivo sempre uguale e ristretto, il fuoco delle immagini si sposta in avanti (gli oggetti vicini perdono in dettaglio) e diventa più difficile capirne le profondità.
Appare dunque logico che nell’abilitazione di un pilota all’attività agonistica si dovrebbero testare non solo quanto questi veda, ma anche la stereopsi (capacità di percepire la profondità di campo utilizzando ambedue gli occhi), la sensibilità al contrasto, il campo visivo binoculare, il senso cromatico e la tollerabilità all’abbagliamento Certamente l’acuità visiva morfoscopica non può e non deve essere considerata l’unico parametro visivo da valutare in una persona abilitanda a condurre autovetture sportive a velocità sostenute. I piloti di auto da corsa necessitano in primo luogo ed imprescindibilmente di una buona acuità visiva dinamica, ossia della capacità di vedere bene un’altra automobile, una persona, un segnale o un oggetto in generale mentre si è in movimento o mentre questi sono in movimento. Bisogna tenere conto del fatto che tutto ciò può avvenire in condizioni di guida estreme (velocità elevatissime e condizioni metereologiche sfavorevoli quali pioggia e nebbia). Si può tranquillamente affermare che una buona visione in dinamismo è il risultato di un allenamento neurologico-cerebrale a cui si sottopone di continuo il pilota agonista in quanto atleta. È come voler dire che più si guida e più si diventa bravi a vedere mentre si guida, chiaramente in assenza di deficit visivi.
Il pilota agonista acquisisce capacità di guida straordinarie grazie ad un prolungato ed intenso allenamento fisico-mentale ed oculare. Il pilota agonista deve possedere inoltre un campo visivo che gli consenta una visione periferica tale da abbracciare, senza spostare lo sguardo o la testa, un’ orizzonte complessivo di almeno 140° (70° a destra e 70° a sinistra, Figura 1).
Per capire meglio quanto ciò sia importante basta pensare che a 110 km/h la vista si concentra su di un campo visivo di soli 40° e nasce la sensazione di guardare come in un tunnel, con inevitabile abbassamento della capacità di individuare gli oggetti che si presentano ai lati. In sintesi nella guida veloce la visione laterale si riduce progressivamente con il crescere della velocità e la percezione della profondità diminuisce. Una buona visione periferica è dunque imprescindibile nella manovra di sorpasso, nella marcia rettilinea ma soprattutto in curva (nelle curve “al limite” non è soltanto la forza centrifuga che potrebbe far perdere il controllo dell’auto, ma anche una visibilità ridotta!).
Patologie oculari quali glaucoma, malattie retiniche e problematiche centrali quali ischemie cerebrali, esiti di traumi cranici o la sclerosi multipla sono responsabili di importanti deficit campimetrici che non sempre vengono riconosciuti da chi ne è affetto ma sicuramente vanno valutati e quantificati obiettivamente. Molti circuiti automobilistici contengono curve continue ed improvvise ed alcuni addirittura gallerie: in queste condizioni gli occhi dei piloti sono sottoposti a sollecitazioni intense e continue dovute all’improvviso cambio di direzione dettato dalle numerose curve o al rapido passaggio dalla luce al buio attraverso i tunnel. Nelle gare endurance la guida agonistica si svolge anche in condizioni di una particolare illuminazione ambientale. In questi casi l’acuità visiva del pilota è influenzata dall’illuminazione ambientale e dalla dilatazione della pupilla che ne è direttamente dipendente: luci troppo forti abbagliano la retina provocando una condizione di cecità che dura qualche secondo (Figura 2); al buio l’occhio perde la capacità discriminativa centrale e nelle vicinanze immediate, mentre la visione laterale si mantiene buona. Inoltre di notte sono visibili solo gli oggetti fortemente contrastati.
Figura 2
Il pilota diventa un tutt’uno con l’automobile e la pupilla diventa il “pacemaker del corpo”, cioè detta i tempi: dalla sua dilatazione e restringimento, infatti, in relazione al grado di luminosità ambientale, partono gli impulsi al cervello che li riconverte in segnali motori. Mediante le scariche di Acetilcolina (neurotrasmettitore del sistema parasimpatico che regola la dinamica muscolare pupillare) stimolanti le placche neuro-muscolari, il pilota reagisce impostando la curva, contraendo gli arti superiori, la testa ed il collo, inclina lievemente la testa stessa, cambia di continuo la fissazione dello sguardo su più punti, davanti a sé, tiene lo sguardo basso come a non voler concedere al suo sistema visivo ulteriori adattamenti. A fine corsa il dispendio energetico fisico e mentale comunque è elevato (un pilota di F1 può perdere anche 4 kg in gara!). Dall’insieme di tutte queste considerazioni nasce la proposta di rilasciare un’idoneità visiva per l’attività di pilota agonista in seguito ad una visita oculistica comprendente visus monoculare naturale e con correzione, visus binoculare naturale e con correzione, stereotest e test di sensibilità al contrasto.
In caso di anomalie riscontrate durante il corso della visita il candidato dovrebbe essere rimandato ad una visita oculistica completa presso un centro specialistico, comprendente lo studio del segmento anteriore dell’occhio e della retina, la misurazione della pressione intraoculare ed un campo visivo computerizzato.
A tale prestazione dovrebbe essere aggiunta una aberrometria (studio delle ”distorsioni d’immagine dovute alle imperfezioni dei mezzi diottrici”, Figura 3) per tutti i pazienti con miopie, ipermetropie, astigmatismi importanti e con differenza refrattiva superiore alle 2 diottrie tra un occhio ed un altro (caratteristiche penalizzanti la visione binoculare e la profondità di campo).
BIBLIOGRAFIA
1. Land MF, Tatler BW: Steering with the head. The visual strategy of a racing driver – Curr Biol. 2001 Aug 7;11(15):1215-20
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3. Raschner C, Platzer HP, Patterson C: Physical characteristics of experienced and junior open-wheel car drivers – J Sports Sci. 2012 Aug 31
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